Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia del 17 marzo 2011
Trentacinque anni e un'occasione per riflettere, anche se lo spunto è fornito da fenomeni leggeri, «sovrastrutturali», fumettistici. Nel 1976, faceva la sua comparsa nelle sale cinematografiche il film Sturmtruppen, scritto da Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni e diretto da Salvatore Samperi. Un copione che, di per sé, traendo spunto dalla serie a fumetti omonima di Franco Bonvicini detto Bonvi, era già tutto un programma.
Dissacratorio è dire poco: con a comando un generale cocainomane, un capitano omosessuale e un sergente violento e stupido a tal punto che le granate gli scoppiano in mano, un improbabile reparto della Wehrmacht si prepara ad affrontare un'assurda e inutile guerra. Nel bel mezzo della guerra giunge dal Paradiso un biancovestito Milite Ignoto, inviato da Dio per diffondere il messaggio tra i soldati di porre fine al conflitto. Molti i momenti spassosi, come il sergente che sparando addosso a un intellettuale compone una svastica coi fori delle pallottole, o la scena in cui il generale si sfoga contro un pupazzo effigiante Karl Marx (che poi lo morde a tradimento). Nel film comparve lo stesso Bonvi, nella parte di un condannato alla fucilazione che deve tentare di scansarsi per evitare le pallottole.
Una pellicola che in qualche maniera si colloca comunque nel periodo migliore del regista padovano. Già sessantottino, Samperi fu grande ammiratore di Marco Bellocchio, con pochi fondi a disposizione realizzò il suo primo lungometraggio, Grazie zia (del 1968), che seguiva la scia tracciata da I pugni in tasca. Sono presenti, già in questa sua opera prima, le due caratteristiche più importanti del suo cinema: la satira amara, o per meglio dire cupa, contro la società democristiana e la furba narrazione di un amore morboso ma impossibile che inaugurerà il filone definito «erotico indigeno».
La sua opera più celebre è però senza dubbio Malizia del 1973 col giovane Alessandro Momo: ambientato nella Sicilia del 1950, ad Acireale, descrive l'ascesa di una modesta cameriera che, grazie al fascino e ai turbamenti erotici che provoca ai suoi interlocutori maschi, diventa una signora altolocata. La pellicola, che ottenne un grande successo al botteghino, consacrò Laura Antonelli come sex symbol del cinema degli anni Settanta. Un anno dopo, Samperi batté sullo stesso tasto con Peccato veniale: ancora una volta, Laura Antonelli diventa oggetto del desiderio di un adolescente. Quindi Sturmtruppen. Qui il regista non si limita a trasportare le strisce di Bonvi sul grande schermo, ma riesce ad arricchire il fumetto originario con una comicità umoristico-satirica e con una buona dose di anti-militarismo. Proprio nel corso degli anni Ottanta Samperi aderisce al Partito radicale. In seguito il padovano smetterà di fare film per il cinema, preferendo tornare dietro alla macchina da presa una quindicina di anni dopo con fiction girate per Canale 5: Madame (2004), Il sangue e la rosa (2008) e soprattutto le due serie di L'onore e il rispetto (2006 e 2009), la seconda delle quali viene trasmessa alcuni mesi dopo la sua morte.
La scomparsa prematura accomuna in fondo due libertari come Samperi a Bonvi, il regista padovano e il fumettista emiliano, padre delle Strurmtruppen disegnate, morto all'età di 54 anni e la cui biografia fa rilevare una serie di irregolarità. Franco Bonvicini nasce probabilmente a Parma, anche se diverse biografie riportano Bonvi come nato a Modena, poiché pare fosse stato registrato dalla madre ad entrambe le anagrafi, per ricevere una doppia tessera annonaria di quelle che venivano consegnatate per ottenere i viveri previsti dal razionamento imposto dalla guerra. Trascorre la giovinezza a Modena, dove si diletta a disegnare sulle tovaglie da osteria. Questo già evidenzia il carattere e la verve sopra le righe che lo avrebbe caratterizzato negli anni a venire. Tali gioviali attività lo portano a incontrare, nel 1956, un giovane Francesco Guccini, col quale diverrà grande amico e collaboratore in testi, gag e altro ancora. Tramite Guccini, Bonvi viene presentato al vulcanico Guido De Maria e inizia a collaborare per la sua neonata casa di cinema d'animazione, la Vimder Film, per la quale Guccini stesso collaborava. L'amicizia tra i due è nata lì, rinsaldata da comuni goliardate, grandi bevute in osteria, il servizio militare, le ragazze, la musica rock. Negli anni Sessanta, vanno entrambi a Bologna, l'uno a scrivere le sue canzoni, l'altro a disegnare le sue strisce. Entrambi scrivono racconti di fantascienza. Bonvi, più dell'amico, li sa illustrare. E così è Guccini, un giorno, a portarlo a Bologna da Guido De Maria e a dirgli: «È un po' matto, ma sa disegnare bene». De Maria sarà per Bonvi il papà, il maestro, l'agente. Gli fa fare il Carosello dell'Amarena Fabbri, lo convince a presentare a Lucca le strisce di Sturmtruppen. È fatta. Nel 1969 - Bonvi ha già sfondato con Sturmtruppen, Guccini ha già cantato Dio è morto - i due amici pubblicano insieme le cinque Storie dello spazio profondo, racconti di "fantascienza sociale" che Granata Press ha riedito di recente. Seguono le Cronache del dopobomba. Nel 1976 è di nuovo De Maria a portare Bonvi alla Rai, e le quattro edizioni di Gulp-Fumetti in tivù garantiscono la celebrità anche ai personaggi di Nick Carter. «Bonvi è matto», dicono. Di più, è «il guastafeste di genio in una città di imbalsamati», come dice Stefano Benni. «Militarista guerrafondaio demo-nazional-socialist-missino», lo definisce Guccini. D'altronde, libertario fino al midollo era appassionato da matti delle divise della Wermacht. Anarchico nello spirito, abbandona negli anni l'adesione alla sinistra per intraprendere un percorso autenticamente libertario. Nel 1985 si fa eleggere consigliere comunale presentandosi come indipendente nelle liste del Pci. Le sue intemperanze riempiono i verbali di due anni di sedute, poi si dimette. Nel '92, all'indomani della svolta della Bolognina, scrive una polemica lettera all'allora segretario Occhetto chiedendo il rimborso di tutti i contributi versati come militante nei precedenti anni. Alle successive elezioni politiche, infine, annuncia che voterà An, «il mio avversario di fiducia». Un'annunciò che darà alla stampa tramite l'amico giornalista (e libertario anche lui) Marco Guidi. Antimilitarista convinto, redige l'Agenda dell'Esercito, che sarà il generale Loi in persona a presentare all'Accademia Militare di Modena. Bonvi non possiede un'automobile, ma reclama un permesso di ingresso al centro storico per l'auto a nolo. Vi è in lui un'anima maledetta, che coltiva contro ogni ragionevolezza ma senz'alcun narcisismo. La parte di sé più generosa la consacra ai bambini: ai suoi due, Sofia e Francesco. E agli amici. Aveva messo in vendita una cartella, Blob, con dodici storie inedite, per devolverne il ricavato a Magnus, amico disegnatore (quello che faceva coppia con Max Bunker) in difficoltà.
Morirà il 10 dicembre 1995, in un incidente stradale, mentre stava recandosi da Red Ronnie, nello studio di Roxy Bar. L'anno successivo, nel '96, Guccini dedicò all'amico scomparso, la canzone Lettera, contenuta nell'album D'amore, di morte, e di altre sciocchezze. Non è casuale d'altronde che, negli ambienti di una certa destra giovanile italiana, il libertario Bonvi sia stato recepito e metabolizzato come un amico e un inrlocutore. Era infatti andato a intercettare una sensibilità antimilitarista che aveva contraddistinto le interpretazioni di Ezra Pound o di Céline, si è posto dialetticamente sullo stesso piano di un percorso revisionistico intrapreso dopo il '68 da una generazione che aveva messo in discussione vecchie categorie - l'adesione all'autoritarismo su tutte - la cui eco giungerà fino agli anni Ottanta, prova ne sarà l'amicizia col missino Enzo Raisi in consiglio comunale. Citare altri esempi sarebbe finanche riduttivo. Una dichiarazione su tutte, però, rende il senso del nostro discorso più di ogni altra. Non è un caso che il giornalista Enzo Palmesano, tra i primissimi a recepire le innovazioni politiche di Gianfranco Fini negli ultimi anni, e che a tale proposito ha scritto Gianfranco Fini. Sfida a Berlusconi (Aliberti Editore), in passato abbia confessato: «Debbo alle Sturmtruppen di Bonvi una sorta di adolescenziale "crisi ideologica". La sua parodia delle truppe tedesche, e di ogni altro militarismo, mi affascinava (e mi affascina). E confesso che mi convinceva più la satira di Bonvi delle certezze granitiche del generale in quiescenza che incontravo alla federazione del Msi». Insomma, tutto torna. Anche il mito del "kameraten" Bonvi, in tutti i sensi "uno di noi".
Giovanni Tarantino
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