domenica 29 maggio 2011

Carver e i suoi perdenti di provincia, in libreria "Raymond Carver. Vita da scrittore" di Carol Sklenicka

Dal Secolo d'Italia del 29 maggio 2011
Paradossale: il maestro della narrazione breve – short story: zero didascalie e zero digressioni – è “raccontato” in una biografia di oltre settecento pagine scritta da Carol Sklenicka, uscita nel 2009 negli States e ora anche in Italia grazie alle edizioni Nutrimenti (Raymond Carver. Vita da scrittore, traduzione di Marco Bertoli, € 25).
 
«Esaustiva e talora estenuante», l’ha giudicata Stephen King. Perché il lavoro della studiosa californiana, frutto di quindici anni di meticolose ricerche e interviste inedite, è molto di più di una semplice biografia. È la puntuale ricostruzione dello stretto rapporto tra la vita e l’opera dello scrittore americano, voce autentica in grado di restituire dignità letteraria ai “personaggi” anonimi e perdenti della provincia americana, troppo occupati ad arrangiarsi e a tirare avanti per ambire a ruoli da protagonista. «Il Cechov del ceto medio americano», nella bella definizione del Times in occasione della sua morte, a soli cinquant’anni, il 2 agosto 1998.
Raymond Carver era uno di loro, anche lui alle prese con un matrimonio in disfacimento, una lunga dipendenza dall’alcol e una costante precarietà economica. Altro che sogno americano, nei suoi racconti – tradotti in oltre venti lingue – Carver ne rappresenta con lucidità scevra di retorica l’illusorietà e le contraddizioni, fotografando una società disgregata quanto spietatamente competitiva. Un po’ troppo simile a quella italiana degli Ottanta che, non a caso, accolse freddamente le prime traduzioni italiane. La “riscoperta” di Carver è avvenuta soltanto nell’ultimo decennio grazie all’offensiva editoriale della Minimum Fax, che ha ospitato in una collana dedicata, “I libri di Carver”, l’intera opera omnia dello scrittore dell’Oregon: dai primi racconti all’ultima antologia, Da dove sto chiamando, nell’edizione originale curata direttamente dall’autore poco prima di morire reintegrando le rimozioni “subite” dall’editor Gordon Lish, per alcuni il vero artefice dello stile “minimalista” di Carver.
Una cosa è certa e il libro della Sklenicka lo conferma: Carver accettò tagli che snaturavano forma e contenuti delle sue opere. L’ansia di vederle pubblicate, evidentemente, finì con il prevalere. Il successo gli avrebbe permesso di mettersi alle spalle i lavori saltuari e mal pagati, l’interminabile gavetta letteraria e i sacrifici accumulati negli anni. E indubbiamente andò così: a metà degli anni Ottanta arrivarono celebrità e riconoscimenti, smise persino di bere e trovò una nuova compagna, la poetessa Tess Gallagher. Una nuova vita, purtroppo breve.
La biografia della Sklenicka ha il merito di ripercorrerla passo passo: dagli anni giovanili a Yakima, nello Stato di Washingotn, al matrimonio, appena diciannovenne, con l’ancor più giovane Maryann Burk, il trasferimento a Paradise, in California, e «i feroci anni della paternità» in cui avverte sempre più come una prigione la routine familiare. Sarà la prima moglie, tuttavia, a pagare il prezzo maggiore, accettando qualsiasi lavoro purché Ray potesse frequentare il corso di scrittura creativa di John Gardner. È Gardner a offrirgli le chiavi del suo ufficio per consentirgli di scrivere in pace. «I bambini mi stavano mangiando vivo», ha scritto Carver. Per questo, quando l’occasione arriva, non si fa pregare e accetta ogni compromesso pur di pubblicare. «Ti sei venduto all’establishment come una puttana», lo rimprovera Maryann. Che dopo la morte di Ray sarà esclusa dal godimento dei diritti d’autore. Analoga sorte toccherà all’anziana madre, che per sbarcare il lunario sarà costretta a inventarsi “nonna tufforare” in una scuola elementare.
«Una fondamentale accuratezza d’espressione è il solo e unico principio morale della scrittura». Raymond Carver citava questa frase di Ezra Pound per definire i confini della propria scrittura: ruvida ed efficace come può può esserlo una foto in bianco e nero. Come lo è la biografia di Carol Sklenicka.
Roberto Alfatti Appetiti

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