martedì 31 maggio 2011

Con Conte la Juve prova la vita da mediano (di Michele De Feudis)

Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 31 maggio 2011
La ricostruzione della Juventus riparte dai Vib, i very important bianconeri. Centrali nel nuovo progetto della Vecchia Signora saranno le bandiere, i simboli in grado di trasmettere carisma, entusiasmo e voglia di vincere a tutto l'ambiente.
Dopo la conferma di Alessandro Del Piero (per un'altra stagione) e il consolidamento del ruolo di Pavel Nedved nello staff societario, il tassello mancante era quello dell'allenatore. La scelta di Antonio Conte per la panchina configura un autentico bingo: l'ex tecnico di Bari e Siena, infatti, è da tre anni acclamato dalla tifoseria intera come possibile salvatore della patria, il popolo bianconero lo ritiene l'unico in grado di invertire la rotta. Il suo ingaggio di fatto garantirà il sostegno delle curve nel prossimo difficile campionato, che non avrà nessuna appendice nelle coppe europee.
Il potere del blasone e la tradizione di un club configurano un fuoco antico, quello di “Penati”, l'anima profonda di una società sportiva che non è riducibile solo a numeri, bilanci e ingaggi. Ma è anche il connubio immateriale tra uno stile, quello della Juventus, e una energia individuale. Conte ha nelle vene sangue bianconero e il suo arrivo simbolicamente non è altro che un modo per rendere onore alle gesta del passato che si vuole ora rinnovare.
Nicola Calzaretta, scrittore e collaboratore di “Juventus Channel”, per la casa editrice Ultrasport ha realizzato un catalogo dei cento maggiori protagonisti – allenatori, calciatori e dirigenti – dei successi del club di Corso Ferraris: Tutti gli uomini che hanno fatto grande la Juventus F.C. (pp. 250, euro 14,90) è una agile enciclopedia della storia bianconera, piena di amarcord, indispensabile per comprendere quale sarà la rotta futura tracciata da Andrea Agnelli e Beppe Marotta.
Ecco l'incipit della scheda sul nuovo allenatore: “Con Antonio Conte partiamo dai numeri. Con la Juventus, in tredici stagioni, ha vinto quindici trofei. In Italia, in Europa, nel mondo. Molti da capitano”. Accanto alle figurine Panini del tempo, dove il salentino (il terzo della storia del club dopo Causio e Brio) aveva molti meno capelli e copriva la chierica con il ciuffo che partiva dalla fronte, c'è una visione del calcio di fondo: Antonio arrivò nel novembre 1991. Era un rincalzo, preso nel mercato di riparazione. Il suo ruolo? Un mediano, rude e concreto. Con il passare degli anni e degli allenatori – da Trapattoni a Lippi – Conte ha raffinato il suo gioco, ha potenziato la sua corsa da guerriero indomabile del centrocampo, ed è diventato un pericoloso incursore nelle aree avversarie, segnando gol preziosi. Ha aggiunto nel suo bagaglio anche valori tecnici che gli consentivano di dettare i ritmi alle azioni, impostando con facilità la manovra. Insomma da semplice interditore è diventato, stagione dopo stagione, un vero centrocampista universale. Nel libro di Calzaretta ci sono anche aneddoti divertenti. L'esordio di Conte in bianconero? Nella prima amichevole con un retropassaggio favorisce il gol degli avversari. Trapattoni, però, ne riconosce subito il cuore da leone, e lo inserisce gradualmente negli schemi (alla fine collezionerà ben 14 presenze). Il passaggio successivo è stato quello di proclamarlo erede di Bonini e Furino, con piedi e visione nettamente superiori. L'idillio con il popolo bianconero porta la data del 10 aprile 1993. “E' domenica di derby, la partita che mette i brividi. Che mette in barchetta Boniperti, che ha dato pensieri anche ai più grandi e freddi campioni juventini, Zoff compreso. Il Torino e il suo furore, con quel tremendismo granata che alla Juventus temono. Ci pensa Antonio Conte a dare la giusta misura alle cose e dunque, alla superiorità ancestrale dei bianconeri. A nove minuti dall'inizio porta in vantaggio la Juventus. A nove minuti dalla fine realizza il goal del definitivo 2-1, dopo il pareggio granata di Aguilera. La sua corsa, folle e gioiosa, dopo la marcatura decisiva, è la corsa, folle e gioiosa, di ogni tifoso vero della Juve”. E se la prosa può sembrare troppo partigiana, a dare l'esatta dimensione della carriera di Conte a Torino giunge in soccorso il palmarès: 5 scudetti; 1 Coppa Italia, 4 Supercoppe italiane, 1 Coppa Uefa (1993), 1 Champions League (1996), 1 Coppa Intercontinentale (1996), 1 Supercoppa europea (1996) e una Coppa Intertoto (1999).
Nella primavera del 2009 Conte era l'allenatore rivelazione del campionato italiano. Con un calcio estremo, un 4-2-4 senza tatticismi, aveva portato in serie A il Bari. La sua bravura era stata nel trasformare una rosa di giovani alla ricerca di una nuova dimensione (da Guberti a Kamata, da Barreto ad Andrea Masiello) in un gruppo determinato di lottatori, abituati a interpretare il calcio con una superiore dose di agonismo e con la forza di schemi ripetuti centinaia di volte ogni allenamento. Al tempo la Juventus stava chiudendo il ciclo con Claudio Ranieri. In panchina c'era Ciro Ferrara, con il compito di traghettare la nave verso la fine del torneo. Conte fu contattato dalla dirigenza bianconera. Non stava nella pelle. L'occasione della vita gli si stava profilando davanti. E qui emerse la cifra dell'uomo. Non accettò la panchina a scatola chiusa. Chiese garanzie, spiegò che per la sua idea di gioco ci volevano elementi con determinate caratteristiche. Bocciò l'ingaggio del fantasista brasiliano Diego, già acquistato dal club per tacitare le proteste della piazza. Alla fine saltò tutto e tornò a Bari (la Juve proseguì con Ferrara e i risultati furono da dimenticare). Le puntate successive? Un anno negativo a Bergamo con l'Atalanta, concluso con un esonero e qualche corpo a corpo di troppo nello spogliatoio e nella tifoseria e l'ultimo successo con il Siena, riportato in serie A.
Adesso inizia una storia tutta nuova. Conte non sarà nella capitale sabauda un meridionale con la valigia di cartone piena di sogni, pronto a farsi annichilire dalle dinamiche di potere. Rimarrà coerente con il motto “omo se nasce, brigante se more”. Il salentino interpreterà il ruolo di allenatore con la stessa grinta che lo ha caratterizzato da calciatore, consapevole di avere tutti i numeri per iniziare un ciclo di successi, per il quale in questi anni di rodaggio ha studiato giorno e notte. In un'Italia di scorciatoie, di raccomandazioni, di spintarelle, Conte potrebbe diventare una nuova icona italiana: il simbolo di chi raggiunge il tetto del mondo sportivo con la sola forza del merito.
Michele De Feudis

Nessun commento: