martedì 27 settembre 2011

La prima volta (allo stadio) non si scorda mai...

Dal Secolo d'Italia del 27 settembre 2011
La prima volta non si scorda mai. Ma cosa avete capito? Intendiamo allo stadio. L’amore, quello sì, si dimentica, seppellito sotto il peso di rapporti sedimentati e dalla quotidianità. È noto, del resto, che si può cambiare moglie, partito politico – il che, va detto, accade con una disinvoltura allarmante – ma non (la) squadra del cuore. Tradirla equivarrebbe tradire la propria giovinezza. Il tifo non conosce ragionevolezza e non è disponibile al compromesso, neanche quando tale passione può dimostrarsi inopportuna, imbarazzante, impopolare.  
Non è questo il caso del primo ministro inglese David Cameron, che – a giudicare dai sondaggi – non ha problemi di popolarità. Nato a Londra, il quarantaquattrenne leader conservatore può permettersi il lusso di essere tifoso praticante dell’antica squadra di Birmingham, tanto da non essersi fatto scrupolo di sventolare la bandiera dell’Aston Villa persino durante un dibattito televisivo.
Un amore a prima vista, «perché – spiega – la prima partita vissuta allo stadio fu una gara dell’Aston Villa». Aveva quattordici anni e la squadra aveva appena aggiunto, nel 1982, la prestigiosa coppa dei campioni a un palmares già ricco. Certo, da allora ha perso qualche colpo, l’ultimo titolo conquistato è del lontano 1996 e i successi sono diventati più rari delle sofferenze. L’ultima è arrivata domenica. Trasferta insidiosa nella tana del Queens Park Rangers. Il tifoso Cameron in camicia (ma senza cravatta) nella tribuna d’onore del Lotfus Road. Vantaggio iniziale per gli ospiti – con l’esultanza, riferiscono le cronache, neanche troppo misurata del premier – e pareggio, a tempo scaduto, causato da un’autorete. Punteggio che lascia entrambe le squadre nelle sabbie mobili di metà classifica.
A soffrire con lui il figlioletto Nancy Gwen, “condannato” a tifare Aston Villa per l’eternità. L’età è la stessa per tutti – tra i dieci e i quattordici anni – e coincide, di solito, con l’iniziazione alla vita. L’atmosfera “informale” dello stadio, in compagnia dei nostri padri, zii o nonni – quanto ci mancano! – e più avanti le trasferte, quei primi pomeriggi da “uomini”, magari da passare con qualche coetaneo, amicizie che spesso resistono al tempo e alle distanze, in quel luogo ricco di fascino in cui le differenze, sociali e politiche, sia pure per lo spazio circoscritto di un paio d’ore, lasciano spazio a un sentimento comune, irrazionale ma sincero, slegato a ogni convenienza. Anacronistico, nevvero?
RAA

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