martedì 17 gennaio 2012

Il derby non è una partita come le altre (di Giovanni Tarantino)

Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia del 17 gennaio 2012
Derby, vocabolo inglese. Nell’accezione angloamericana significa “bombetta”, contraddistingue un capo d’abbigliamento; è un derby anche un missile aria-aria israeliano di nuova generazione. In Italia il Derby è una marca di succhi di frutta molto in voga negli anni Ottanta. Ma in gergo calcistico, nel linguaggio del pallone delineato ben prima di Pasolini e dei suoi podemi, il derby è lo scontro calcistico tra squadre di una stessa città, o al più di una stessa regione. Una rivalità forte che spesso confina nell’offesa reciproca.
L’ultimo derby giocato in Italia, per esempio, quello meneghino di domenica scorsa, non ha risparmiato striscioni provocatori sia da parte milanista che interista. Se in Curva Sud si sono fatti forza per l’avere trattenuto il gioiellino Pato con un «Madonnina 1 Tour Eiffel 0» a danno dei francesi del Psg, la rivalità rossonerazzurra ha sconfinato in ingiurie del tipo «Siete più odiosi di Equitalia». Ilarità e sarcasmo dal fronte interista: «Noi in 3D, voi 2 in B». Ma anche il sarcasmo da derby giunge a volte in cattiverie antisportive che, in questo caso, hanno preso di mira le patologie di Gattuso e Cassano.
Anche questo è derby, una sfida che, di sicuro, «non è una partita come le altre». Sono le conclusioni cui giunge un prezioso volume da poco in libreria, Football rivalries. Derby e rivalità calcistiche in Europa di Vincenzo Paliotto, edito da Urbone Publishing (pp. 205, euro 15, disponibile anche in ebook). Nella prefazione il giornalista Massimo Grilli coglie il senso del derby e la tradizione ultracentenaria che ormai contraddistingue le stracittadine in tutto il mondo: «Chissà a cosa davvero pensava Zeman, quando qualche anno fa ridusse il derby – in quel caso il derby romano – a “una partita come le altre”, sottovalutando anche l’effetto boomerang tanto frequente nelle parole del calcio. La storia è nota a tutti. Quella partita, la sua Lazio – grande favorita della stracittadina – la perse nettamente per 3 a 0 di fronte alla Roma di Mazzone, e nessun tifoso della Curva Nord ha mai considerato quella sconfitta come “una delle altre”».
Perdere i derby, sempre in gergo calcistico, «brucia», vincerlo può dare alla testa e in certi casi quella partita vale una stagione. Così Vincenzo Paliotto ha svolto il gravoso compito di ricostruire filologicamente la storia di tutti i derbies europei, attraversando un’infinità di rivalità britanniche: soltanto quattro derby a Londra, la city del calcio, più di una decina in tutta l’Inghilterra, tra Second City derby, Steel City derby, Manchester derby, Potteries derby, Wars of two roses derby e chi più ne ha ne metta. Non manca il viaggio dentro le rivalità di Scozia, l’Old firm tra Celtic e Rangers Glasgow su tutte, e le sfide d’Irlanda, di Galles e tutte le rivalità nel cuore del vecchio continente.
Paliotto, classe 1973, non è alle prime armi in merito alla scrittura sul calcio: Football Rivalries è il suo quarto libro, dopo aver pubblicato La Storia della Cavese. Dal 1919 in viaggio con gli Aquilotti, L’altro calcio. Storie di football e politica e Napoli Europeo. Da Sallustro a Cavani, via Maradona.
In questo suo ultimo lavoro scopre risvolti interessanti rispetto alle rivalità dell’Europa balcanica, che definisce una «polveriera anche nel calcio». A tale proposito scrive: «La storia delle rivalità e delle contrapposizioni in questa regione dell’Europa si miscela pericolosamente con le diatribe politiche anche a livello internazionale dei paesi che la compongono. Nell’aspetto del calcio nei Balcani, comunque, recita un ruolo predominante il regime comunista sgretolatosi dopo la caduta del Muro di Berlino, il cui retaggio è stato in parte assorbito e per certi versi invece non completamente sostituito da istituzioni per così dire alternative. Oltretutto lo strascico indelebile tracciato dallo stesso regime comunista ha provocato il coagularsi di una forte spinta fascista, o quantomeno nazionalista, impiantatasi nelle maggiori e più numerose tifoserie al seguito delle squadre dell’est europeo. Ad ogni modo, nella ex-Jugoslavia la frammentazione territoriale, nella maggior parte dei casi verificatasi anche dopo sanguinose guerre, non ha stemperato le grandi rivalità dell’allora campionato jugoslavo, mentre ne ha risvegliate altre che per diversi motivi erano state assopite o meglio soffocate dalle vicende storiche e politiche».
Ampio spazio, chiaramente, è dedicato ai derby di casa nostra. L’Italia si muove degnamente sulla scia delle contrapposizioni storiche tra guelfi e ghibellini, tra comuni, tra Nord e Sud: il campanilismo è parte del nostro costume e di conseguenza del nostro calcio. Cinque stracittadine (Milano, Torino, Genova, Roma e Verona) su tutte si identificano come le maggiori rivalità del calcio nazionale, anche se, come del resto accade in Gran Bretagna, numerosissime sono le sfide ad alto contenuto antagonistico nelle varie regioni e nelle varie province. «D’altra parte – analizza Paliotto – la conformazione originaria geopolitica dell’Italia ha trasportato quindi nel rito calcistico le ataviche rivalità, condite principalmente da motivi campanilistici ed in qualche caso anche politici. Senza dimenticare le feroci contrapposizioni che da sempre intercorrono tra i club del Nord e del Sud Italia». Così è storia di casa nostra non soltanto il blasonato derby tra Milan e Inter, o il derby del Cupolone, ma anche una serie di sfide provinciali come Alessandria-Casale, Salernitana-Cavese, e una serie di derby regionali, in Lombardia come in Puglia e in Sicilia. Sono i derby d’Italia e non «partite come le altre».
Giovanni Tarantino

1 commento:

Anonimo ha detto...

Davvero molto bello,complimenti sinceri per questo articolo!!!!