Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 5 febbraio 2012
Poteva diventare una stella del firmamento del cinema internazionale. Non aveva nulla di meno della sublime Marlene Dietrich. Scelse invece di andare dove la portava il cuore, nelle stanze del potere in una Berlino fasciata da drappi rossi con la croce uncinata. Non seppe resistere al fascino di uno dei "gauleiter" del Reich. La sua vita prese un'altra direzione, coerente con una scelta vissuta coraggiosamente, contro ogni conformismo, fino alle estreme conseguenze.
L'amante di Goebbels (pp. 158, euro 16, edito da Marsilio), secondo romanzo di Anna Kanakis, è la storia vista tutta al femminile di Lida Baarova, famosa attrice cecoslovacca negli anni Trenta, che vide la sua carriera compromessa nel momento di maggiore fama - fu rispedita a Praga su indicazione tassativa del Fuhrer - a causa dello scandalo scaturito dalla relazione con il ministro della Propaganda del regime nazionalsocialista.
Il ritratto d'insieme realizzato dalla scrittrice siciliana trascina il lettore in un vortice di passione, potere, violenza e tradimento, tra divise brune e comizi, in un tempo nel quale la politica aveva una forte connotazione mistica e "il partito", il Nsdap, influenzava pesantemente anche le scelte private dei suoi dirigenti.
Ha vissuto pericolosamente la sua giovinezza Lida Baarova. Dopo aver studiato recitazione nel Conservatorio di Praga, fu cooptata nel 1934 dagli studi Babelsberg di Potsdam, la Hollywood tedesca. A Berlino si fidanzò con il famoso attore Gustav Frohlich, insieme girarono Barcarola, pellicola di grande successo al tempo nella quale interpretava una luminosa veneziana che andava in sposa a un messicano. Abitavano insieme nell'elegante periferia della capitale, vicini, troppo vicini, alla casa dove risiedeva Joseph Goebbels con moglie e figli. Poi un ricevimento, le note di "Ich bin verliebt" di Clivia Gray crearono l'occasione galeotta per sussurrare parole suadenti nell'orecchio di Lida e la scintilla dell'amore per il ministro filosofo scoccò.
«Anni fa lessi - ha spiegato la Kanakis - un articolo di Enzo Biagi sulla Baarova. Poi il Corriere della Sera riportò la notizia che la casa di Salisburgo in cui Lida era morta, era stata messa in vendita. Andai a visitarla. C'era una poltrona di fronte ad una finestra e, oltre i vetri, un albero di noci. Ho pensato che quello fosse stato l'unico squarcio di mondo negli ultimi anni della sua vita». Anna Kanakis scandisce pagina dopo pagina il "tourbillon" di avvenimenti che cambiarono volto alla vita di Lida. Gustav la lasciò senza indugiare: «Avevo capito che dentro di te maturavi l'idea di sostituirmi, e con chi? Col Reichminister Goebbels in persona». L'attrice ceca seguì il fuoco di una passione che sapeva rischiosa, si mise in gioco, azzardò fino alle estreme conseguenze. Si sentì di colpo abbandonata. Accanto le rimase solo un'amica. E Joseph, finché il clamore della relazione fedifraga non arrivò a sua moglie.
Nel romanzo l'incontro tra la signora Goebbels e Lida è una istantanea efficace di un duello rusticano tutto al femminile. Magda, moglie ferita dai pettegolezzi e dalle fughe d'amore sul Baltico ormai di dominio pubblico, la convocò per un tè e la schernì incessantemente: «Più ti guardo - attaccò con feroce malizia - e più mi confondo. Non me ne volere, ma non ricalchi per nulla il gusto estetico di mio marito. Se poi penso a quelle volte che ci siamo incontrate coi nostri rispettivi uomini qui a Schwanenwerder, avrei potuto sospettare di qualsiasi altra, ma non…». Magda le propose un patto, di continuare la relazione con la promessa di evitare possibili gravidanze. «A me spetterà tutto il resto». Liduska respinse l'offerta e allora della questione fu interessato addirittura Hitler: una beghetta di lenzuola divenne una querelle politica. Il Führer, molto legato a Magda, obbligò Goebbels a interrompere ogni rapporto, nonostante il suo ministro avesse addirittura chiesto di essere mandato all'estero, in Giappone, dove avrebbe potuto vivere con la Baarova. La disciplina di partito prevalse sui sentimenti e con una telefonata congedò l'amante, prima che fosse costretta a salire sul treno che la riportava nella capitale cecoslovacca.
In una intervista al quotidiano Bild la Baarova, a distanza di decenni, anziana e malata nella sua casa di Salisburgo, restituì nitido il ricordo di un legame fortissimo: «Goebbels mi amava, ma Hitler ci separò». L'addio con Joseph fu solo telefonico. «Resta una brava ragazza», le disse freddamente mentre la Gestapo la rimpatriava con l'accusa falsa di spaccio e consumo di morfina.
Dopo la tragica fine della seconda guerra mondiale, la Baarova fu processata in patria per collaborazionismo: condannata a morte, la pena venne convertita in una pena detentiva. La salvò l'amore sbocciato con un parente di un ministro del governo del tempo. Una volta libera si rifece una vita e si ritagliò anche un piccolo spazio sugli schermi dei cinema italiani: recitò ne Gli amanti di Ravello di Francesco De Robertis, con Peppino De Filippo ne La bisarca ed ebbe una parte nel film di Federico Fellini, I Vitelloni, con Alberto Sordi, Leopoldo Trieste e Franco Interlenghi. Poteva sbancare a Hollywood, scelse l'amore, e come scrive la Kanakis, «pagò un prezzo alto per aver amato l'uomo sbagliato».
Michele De Feudis
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