mercoledì 28 maggio 2014

Ottime cipolle per lettori sedicenni. Buk è solo un autore per ragazzini o c'è altro? (di Paolo Restuccia)

cipolla 
In ben due occasioni negli ultimi giorni mi sono trovato di fronte alla stessa critica rivolta a due scrittori molto differenti tra loro. L’accusa è quella di essere narratori per adolescenti e gli autori sono Gabriel García Márquez e Charles Bukowski. Per quanto riguarda Bukowski c’è addirittura una pagina su facebook che si chiama proprio Adolescenti che scrivono ovunque citazioni di Bukowski e Palahniuk dove mettono insieme al vecchio sporcaccione anche un altro scrittore che corre il rischio di essere considerato un autore per ragazzini. A poche ore dalla morte di Márquez, il critico Paolo Isotta ha scritto che si tratta di uno scrittore che “abbiamo letto a sedici anni e che non vale la pena di rileggere”. C’è anche qualcuno sicuro che proprio gli autori più cari agli adolescenti siano pericolosi per loro. Celebre l’aneddoto di Beniamino Placido in una sua prefazione a Factotum di Bukowski, che racconta di quando ha incontrato un altro importante critico, Goffredo Fofi, su un treno: “Mi sono preso una bella lavata di testa”, ha scritto Placido. “Bella roba, tu con il tuo Bukowski”, gli ha detto il critico. “Perché, non va bene?” ha replicato Placido. E Fofi: “Va benissimo come scrittore, ma sai come lo leggono i ragazzi? Come la legittimazione letteraria di ogni disgregazione, di ogni dissociazione, di ogni disgusto esistenziale”.
Questa battuta mi è tornata in mente mentre ero alla libreria Scripta Manent di Roma e si presentava un bel libro proprio su Bukowski (Tutti dicono che sono un bastardo. Vita di Charles Bukowski, di Roberto Alfatti Appetiti, Bietti editore). E tra il lusco e il brusco ho pensato: Però uno scrittore, se non è per i ragazzi, non è uno scrittore. A chi scaldano il cuore Paolo e Francesca, se non ai ragazzi? Chi s’innamora di Laura, di Silvia, di Beatrice, di Ofelia, se non i ragazzi?

Certo, uno scrittore è in effetti come una cipolla, è fatto di strati sistemati uno sull’altro. E la parte più profonda si raggiunge dopo quella esterna, ma lui resta lo stesso scrittore perché la perfezione della cipolla sta proprio nell’essere sempre se stessa. Un po’ come dice la famosa poesia di Wisława Szymborska: “Coerente è la cipolla,/riuscita è la cipolla./Nell’una ecco sta l’altra,/nella maggiore la minore”. Sì, ne sono convinto, se la cipolla è “Cipolluta di fuori,/cipollosa fino al cuore”, anche lo scrittore è così. Uno scrittore verrà leccato sulla sua parte più superficiale da chi magari per età riesce a raggiungere solo quella, poi i denti del lettore più maturo lo trapasseranno e infine, chissà quando, qualcuno ne raggiungerà l’essenza. Ma sempre quel gusto di cipolla troverà. I primi strati vanno benissimo, dovrebbero andare benissimo, per i sedicenni.
Il lettore invece è una cipolla al contrario: mentre lo scrittore è una cipolla che va denudata, il lettore, leggendo, mette su nuovi strati. All’inizio è nudo poi comincia a ricoprirsi di frammenti quasi sempre scolastici, dei rodari e dei calvini, le monache di monza, i polifemi, gli eroi achei, le poesie francesi, gli ermetici, i d’annunzi, i guidigozzani e via aggiungendo. Non c’è da stupirsi se, una volta che può scegliere quali altri strati liberamente aggiungere, scelga qualcuno che gli sembra come lui, cioè in effetti disgregato, dissociato, disgustato. Chi non si è sentito almeno un po’ così a sedici anni? Fortunatamente c’è un’altra cosa che distingue il lettore dallo scrittore. La cipolla del lettore non è una vera cipolla cipolluta e cipollosa fino al cuore, è un’accozzaglia di strati diversi che si stendono sul lettore ma non lo ricoprono mai, c’è sempre spazio per nuove letture. E allora comincia leggendo Storie di ordinaria follia, Cent’anni di solitudine, Il gioco delle perle di vetro, quindi si muove verso altri lidi, vede un film e s’innamora di Cuore di tenebra, va a teatro e legge Vita di Galileo di Brecht, ogni tanto inciampa e legge un Coehlo oppure, chissà, il libro di un comico. Ma c’è sempre tempo per ritrovare la via giusta, se ce n’è una. Però, se c’è questa via, e soprattutto se lui riesce a seguirla, è solo perché c’è stato uno scrittore perfetto per lui quando aveva sedici anni.
Gli scrittori hanno una sola speranza per sopravvivere al tempo: parlare ai ragazzi. Lo sapeva già Pascoli: “Per la poesia la giovinezza non basta: la fanciullezza ci vuole!”. I vecchi sono cinici, credono poco alle storie, non spendono volentieri per comprare della carta stampata, a meno che non si siano innamorati quando avevano sedici anni di un libro o di uno scrittore.
Fonte: Omero magazine

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