sabato 2 giugno 2007

Moretti sul "Secolo", che c'è da criticare?

Il Secolo d'Italia di oggi, nella rubrica lettere@secoloditalia.it, ospita un intervento di Candido De Angelis (sindaco di Anzio, nella foto) sulle "polemiche" seguite al mio pezzo su Nanni Moretti (qui).
Ho letto, riletto e assaporato il bellissimo articolo di mercoledì 30 maggio, a firma di Roberto Alfatti Appetiti, sul lavoro e la figura di Nanni Moretti. Premetto che sono, da sempre, un grande ammiratore del regista. Lo seguo con soddisfazione sin dai suoi primi film e per questo, quindi, è stato facile identificarmi nell'articolo.
Ma il vero motivo per cui mi sono permesso di scrivere è stata la lettura dei vari commenti degli esponenti di vertice del nostro partito. Fermo restando la libertà di esprimere opinioni difformi rispetto al testo dell'articolo, la cosa che mi è dispiaciuta, particolarmente, è leggere ed ascoltare ancora critiche ideologiche sulla proposta culturale del nostro giornale che auspico, invece, continui a ragionare a 360° nel variegato panorama culturale della nostra Patria.
Vorrei sottolineare che apprezzare un film di Moretti, di Ermanno Olmi, che ritengo rappresentino l'espressione culturale più alta del nostro cinema, oppure ascoltare una canzone di Guccini, De Andrè o De Gregori non significha condividerne le idee, i valori o la linea politica che, invece, appartengono alla cultura ed alla storia di ognuno di noi.
Diversi lavori di Moretti, tra l'altro, citati nel pezzo di Alfatti Appetiti, rimarranno nella storia della cinematografia italiana.
Concludo il mio intervento con una speranza: come per l'ultimo libro di uno scrittore bravissimo - purtroppo, anche lui di sinistra - venga prodotto anche un film tratto da uno splendido libro di un altro scrittore bravissimo, Pietrangelo Buttafuoco, - fortunatamente, per noi, di destra - dal titolo Le uova del drago.
Candido De Angelis - sindaco di Anzio

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi associo alle parole del sindaco di Anzio, De Angelis, e nel farlo voglio ricordare come, peraltro, la storia che lega Moretti al mondo "di destra" non sia nuova: già ne "La voce della fogna-Giornale differente", la voce anticonformista dei giovani missini degli anni '70, si leggevano apprezzamenti a Moretti nella recensione di "Ecce Bombo". E ancora, in "Diorama letterario", divenuto poi pensatore di spicco della Nuova destra italiana, parlava di Moretti come un "fratello maggiore"; così come Umberto Croppi, dirigente missino degli anni '80, intervistato da Giampiero Mughini per la trasmissione "Nero è bello", diceva che una delle preferenze cinematografiche dei ragazzi del Fronte della gioventù erano proprio i film di Moretti. E ancora nel libro di Annalisa Terranova, "Planando sopra boschi di braccia tese", un flash sul Fronte della gioventù degli anni '80, si legge l'"identikit" culturale dei ragazzi del Fronte di quel periodo e si legge che "guardano i film di Moretti, ascoltano Gaber e partecipano ai campi di Fare Verde".
Probabilmente solo chi è estranea al mondo della "destra", ai suoi fenomeni, al suo underground, alla storia dei movimenti, come Daniela Santanchè, che non ha certo fatto un percorso di militante, può meravigliarsi del fatto che nel quotidiano di An si parli di Moretti.

Anonimo ha detto...

Ho commesso un errore: quando parlo del pensatore di spicco della Nd italiana, faccio riferimento a Marco Tarchi, e alle sue parole comparse in "Diorama letterario".

Roberto Alfatti Appetiti ha detto...

Stamattina ho fatto confessare anche Gianni Alemanno: Moretti piace anche a lui! Ciao Giovanni e grazie per l'attenzione...

Anonimo ha detto...

Alemanno era "a capo" di quel Fronte della gioventù di cui parla Annalisa Terranova: non poteva essere altrimenti !

Roberto Alfatti Appetiti ha detto...

Gianni è stato il mio segretario nazionale ed è il politico che stimo maggiormente...

Anonimo ha detto...

Come sai, Roberto, considero ormai inefficaci le categorie destra/sinistra, e difatti, pur provenendo da sinistra, mi sono per un bel po' (e in parte tuttora) identificato nel pensiero debenostiano e tarchiano (quest'ultimo molto polemico con la destra da un bel po').
Secondo me col tuo pezzo su Moretti hai fatto della metapolitica, mettendo anche in luce come da entrambe le parti, da destra come da sinistra, i politicanti siano più ancorati alle fazioni che alla cultura.
Ciao.
Claudio Ughetto

Anonimo ha detto...

Per Giovanni:
sì, i ragazzi della Nuova Destra apprezzavano molto Moretti; nei suoi primi film si riconoscevano molto. E anche quando c'era della critica, questa era sempre dialettica, piena di stima verso un avversario che conservava un "sentire comune". Ricordo un Elementi degli anni 90 in cui Solinas non smaniava per Moretti, però ne riconosceva l'intelligenza e l'anticonformismo.

Confesso che Moretti mi è piaciuto fino a "Palombella rossa" (secondo me un capolavoro), poi è diventato troppo personaggio pubblico, e inoltre non amo gli artisti che si mettono a fare i politici. Beninteso, ognuno ha delle proprie idee, qualsiasi sia il mestiere che fa, ma il legittimo richiamo di Moretti alla sinistra è immerso in un clima culturale che di per sé non porta ad una autentica riflessione dei problemi italiani.
Parlo da metapolitico, ecologista, critico di idee modaliole come "consumo", "mercato", "sviluppo", europeista affezionato a un'europa debenostiana. Temi che ho trattato su Diorama anni fa.
Per me l'ultimo vero analista dei mali italiani, attuale tutt'oggi, rimane Pasolini. Anche un Houellebecq non va molto più distante, alla fine.
Di Moretti preferisco i film, fin dove ho detto. Con in aggiunta la "Stanza del figlio", pieno di difetti ma anche di un intimismo disturbante.

Roberto Alfatti Appetiti ha detto...

Lo so, Claudio. In effetti quel che volevo sottolineare nell'articolo è il punto di vista di Moretti (a mio avviso, potrei sbagliare): il problema non è Berlusconi, non è abbattendo Berlusconi che la società italiana diventerà una società migliore. E poi per chi, come me, proviene dalla militanza politica... immedesimarsi in certi film di Moretti è inevitabile, appartengono all'immaginario collettivo. E film come La stanza del figlio (e non solo) sono semplicemente bellissimi (per quanto dolorosi).

Anonimo ha detto...

L'intervento di Claudio Ughetto, che leggo sempre con piacere essendo un abbonato a Diorama, mi rimanda ad una riflessione-tela di ragno, nella quale rimango intrappolato ogni qual volta si ragioni di destra-sinistra.
Esisteva una volta un libro, "Al di là della destra e della sinistra", che sintetizzava gli atti di uno dei primi convegni della Nuova destra.
"Al di là della destra e della sinistra"...il terreno ideale dove incontrare sensibilità altre, dove creare nuove sintesi...dove prevaleva la contaminazione rispetto alle identità, per cui potevamo avere un Moretti visto da gente che veniva dal Msi, un Guccini ascoltato dalla generazione che aveva animato i Campi Hobbit, e forse proprio una esperienza , quella nel terreno del "nè destra, nè sinistra", che si poneva in continuità con i Campi Hobbit, con la Voce della fogna, con la Nuova destra, con una certa idea di ecologismo, ecc.
Mi chiedo se tutta questa storia sia da interpretare come la storia di qualcosa che non è di destra e non è di sinistra, oppure inevitabilmente di un fenomeno che segna la storia della destra, nel percorso che porta dal Msi ad An...
Qualche anno fa si parlò di Marco Tarchi, Franco Cardini, Edoardo Zarelli, Massimo Fini, Franco Battiato, Geminello Alvi come di un possibile fronte di "non-allineati".
Il fatto che un fronte simile non si sia mai realizzato, è forse la più palese costatazione che difficilmente riusciremo ad imporre certe idee fuori dagli schemi destra-sinistra.

Anonimo ha detto...

Roberto, quello che sottolinei, alla fine, è il difetto congenito della sinistra degli ultimi 15 anni. La destra perlomeno ( e mi riferisco alla destra capitalista, americanista, imprenditoriale ecc) non mente a se stessa e neppure agli elettori: una politica di stampo conservatore per il rinnovamento del paese è facilmente riconoscibile. Può fare schifo, sicuramente non tiene conto di un approccio sociale che richiederebbe un nuovo utilizzo delle risorse e per la vivibilità dei rapporti umani, ma nessuno può fraintendere.
La sinistra, è noto, da un lato sa che di dover mettere in discussione l'intero sistema, ma alla fine è costretta ad accettare la logica capitalista, competitiva, legata alla crescita del PIL, che tanto contesta alla destra. Quando Berlusconi entrò in politica, molti miei amici di sinistra si scandalizzarono, paventando supermercati ovunque e una futura logica economicista nella politica. In realtà i centri commerciali c'erano già, PIL era già la parola d'ordine, semmai Berlusconi era l'espressione di una cultura americanista ed economicista ormai espansa in tutta Europa.
Ora la sinistra sta pagando le conseguenze di questo antiberlusconismo, poiché identificando il nemico non è stata in grado di riflettere una cultura alternativa a quella da cui essa stessa è stata fagocitata. Gli elettori stessi, che all'ultima tornata votarono Prodi semplicemente per autodifesa contro Berlusconi, si sono stufati di seguire una logica di autodifesa. Alla fine, dovendo fare politica solo per il proprio interesse, scegliendo come al supermercato tra il pagare 50 euro di tasse in più o in meno all'anno, o una politica di sovvenzioni alle famiglie che ognuno sputtanerà nel 48 pollici appena uscito anziché in libri per i figli, mancando un'idea di società, di democrazia e di politica, gli elettori preferiranno stare a casa. Paradossalmente, proprio i qualunquisti che votano Forza Italia saranno gli unici a non disertare le urne.

Roberto Alfatti Appetiti ha detto...

Sarà... ma credo che la società italiana sia più "politicizzata" di quanto generalmente si creda. L'astensione, del resto, non mi sembra più alta che in altri paesi. Non parlo di partecipazione consapevole (magari!), ma semmai di contiguità con il sistema dei partiti. Più che di sfiducia nei confronti della politica c'è (c'è sempre stato ma va rafforzandosi - a mio avviso - un rapporto insano tra cittadini e apparati politici, basato sulle utilità reciproche. Le speranze di rinnovamento del dopo-tangentopoli mi sembrano definitivamente accantonate in nome della normalizzazione e di un ritorno al clientelismo più spudorato.

Anonimo ha detto...

Io l'avevo presa più larga, però mi sembra che il succo non cambi. Faccio fatica a pensare che sia il clientelismo a determinare le scelte politiche, almeno a livello esclusivo. Può darsi. O forse il presupposto è lo stesso: voto per difendere determinati privilegi, e questo è culturamente scontato come prassi politica, ma se riesco voto chi può darmi determinati vantaggi. A livello locale credo sia frequente.

Roberto Alfatti Appetiti ha detto...

Sì, diciamo le stesse cose...