Dal Secolo d'Italia di giovedì 2 agosto 2007
Ma cosa c’entra Faccetta nera con l’apologia di fascismo? La canzone, scritta nel 1935, all’origine era addirittura stata composta in romanesco: era il 24 giugno e al teatro Capranica di Roma Carlo Buti cantava il pezzo scritto da Giuseppe Micheli – anche se poi venne registrato con la firma del figlio, Renato – su musica di Mario Ruccione. Scritta di getto dal noto poeta e giornalista, autore anche di un precedente motivo popolare come La Romanina, quella canzone destinata al mercato della musica leggera conquistò subito un successo clamoroso. Proprio mentre l’Italia si apprestava all’avventura africana in Etiopia, tutti cominciarono a cantarla, tanto che dopo qualche mese l’autore dovette tradurla in perfetto italiano. «Fu detta – ha ricordato Micheli – la canzone di tutti perché chiunque si sentì autorizzato a usarne, anzi ad abusarne, servendosene negli spettacoli musicali, nei romanzi, nelle parodie e perfino nella fabbricazione di dolciumi, di giocattoli…». Ed effettivamente Faccetta nera entrerà nell’immaginario popolare, rappresentando una sorta di ‘mal d’Africa’ all’italiana fatto di entusiasmo per le Veneri nere e di anti-razzismo in stile euro-mediterraneo: «Quando saremo vicino a te / noi ti daremo un’altra legge e un altro Re… / La legge nostra è schiavitù d’amore / è libertà di vita e di pensiero».
Ora, che il brano sia scaricabile da molti siti internet e che sia installato in molte suonerie dei cellulari ha fatto infuriare Enzo Foschi, consigliere regionale Ds del Lazio. Il quale, confondendo Faccetta nera con «l’inno al fascismo», denuncia: «Stiamo parlando di un reato in piena regola previsto dalla legge Scelba». Ma è una denuncia davvero paradossale nel momento stesso in cui fa riferimento a una semplice canzone d’ispirazione coloniale. Scritta in un clima generale in cui anche Togliatti, Pajetta e Longo arrivarono al loro ‘appello ai fratelli in camicia nera’: «I comunisti – scrivevano – fanno proprio il programma fascista del 1919, programma di libertà». Apologia anche quella?
Ora, che il brano sia scaricabile da molti siti internet e che sia installato in molte suonerie dei cellulari ha fatto infuriare Enzo Foschi, consigliere regionale Ds del Lazio. Il quale, confondendo Faccetta nera con «l’inno al fascismo», denuncia: «Stiamo parlando di un reato in piena regola previsto dalla legge Scelba». Ma è una denuncia davvero paradossale nel momento stesso in cui fa riferimento a una semplice canzone d’ispirazione coloniale. Scritta in un clima generale in cui anche Togliatti, Pajetta e Longo arrivarono al loro ‘appello ai fratelli in camicia nera’: «I comunisti – scrivevano – fanno proprio il programma fascista del 1919, programma di libertà». Apologia anche quella?
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, di Fascisti immaginari, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.
3 commenti:
Bho... questo Enzo Foschi avrà confuso "Faccetta Nera" con "Camicia Nera".
O qualcosa del genere...:))
La verità è che non ci sono più i comunisti di una volta! :)
La multinazionale del telefono è patetica. Primo sulle suonerie scaricate, ci ha sempre guadagnato.
Secondo, una domanda: ma non possono pensare a rendere migliore il servizio, tra bollette sbagliate, roaming e vergognosi aumenti degli scatti alla risposta?
Ridiamoci su...
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