domenica 23 settembre 2007

Miss Italia, queste bellezze non immaginarie (di Ivo Germano)

Articolo di Ivo Germano
dal Secolo d'Italia di domenica 23 settembre 2007
rubrica settimanale "Italian Beauty"

Ancora non sappiamo il nome e cognome di colei che s’aggiudicherà l’edizione 2007 di Miss Italia, presentata da Mike Buongiorno e Loretta Goggi. Però, sappiamo che Miss Italia esiste e resiste facendo l’ingresso, dal giovedì al lunedì, nelle case italiane e, ora che il campionato di calcio inzia a giorni alterni e le scuole aprono “a singhiozzo” il nostro Red Carpet nazional popolare, autorevolmente combatte sullo sfondo impalpabile della fama e vanità nazionale. L’ennesima risposta allo sfinimento da litania snobistica anti-Miss Italia! Si tratta del compitino iniziale, dell’eserciziario del bon ton intellettualistico, ad uso e consumo della cessata attività imagologica della nostra cara Miss. Una festa e una celebrazione di prologo stra e arciitaliana di numeri, cabale, timidezze e improvvise impennate d’orgoglio, se non nazionale, diffuso.
Sarà che la bellezza ci è sempre piaciuta. Anzi è sempre stata cosa graditissima per l’italian beauty, chi meglio del concorso di Salsomaggiore può illustrare, meglio dipingere, i dolci e gentili confini delle più belle ed interessanti ragazze italiane. Insomma: “più italian beauty di così…” , a tutto tondo, sempre la stessa prosa e poesia, qua e là sconfinante con ciò che dovrebbe essere e non è. La compenetrazione di mondi e modi diversi di declinare il medesimo, similitudine del senso dell’esserci, pochi minuti dopo le 21.
Un sentimento generoso della bellezza, capace di coinvolgere tutti i sensi e i sessi, perché gli italiani sì che si intendono di bellezza, al punto che dicono che una donna è bella, dunque buona, da baciare e assaggiare e da ricordare. Di una certa idea di bellezza, cioè una bella tipologia di italiano che sa di che cosa e quando si parla e si vede la seduzione, ma anche il talento e la preparazione. Le appartengono, infatti, più grandi momenti della definzione e preparazione dell’iconografia popolare della cultura di massa. Di più, Miss Italia corrisponde ad una generosità tutta italiana nell’adottare immediatamente la bellezza: un patrimonio iconografico, da Gina Lollobrigida a Martina Colombari, come valore immediatamente fondante il costume nazionale. Disinviolte, ma mai “strappone”, lievi, tuttavia non fatue, le “Miss, mia cara Miss” del Principe De Curtis paiono calibrate per un nuovo e vecchio pubblico, al tempo stesso, costringendo a riscrivere di “sana pianta”, il percorso dell’accoglienza, familiarità e quotidianità pulcherrima, in dimestichezza con la venusianità, prorompente, poiché domestica.
Miss Italia piace a prescindere, quasi fosse il punto di partenza autunnale, non totalizzante, semmai, enigma latino dell’importanza e non dell’esondazione carismatico-industriale, simil Madonna nel pop.
Lo spettatore che a casa, in cucina o, mentre, disbriga del lavoro e delle faccende minimali, nel sottofondo del concorso televisivo tende, ancora, a incidere nella forma e nella sostanza, antropologicamente scanzonata quel che è dato sapere a apprezzare. Più o meno rotonda, con semplicità o snob, dolce, oppure, sexy&bad, qualcosa di particolare e birichino, a metà strada fra un mito che non esiste e un luogo comune.
Pretesto liminale della “Sex Revolution” di cui parla Giampiero Mughini nel suo ultimo libro: Sex Revolution. Muse, eroi, tragedie di un’avventura che ha cambiato il mondo, Mondadori, Milano, 2007, € 17,50. Forse non avrà cambiato il mondo, ma non dobbiamo sottovalutare affatto quanto Miss Italia abbia mutato il canone visivo e percettivo, non più “imbambolato”, ma oggetto di fiera e convinta discussione fra moglie e marito, fidanzato e fidanzata. Una bellezza italiana, palese e sulla cui competizione, al dunque, poco c’importa, ben consci che in un Paese che non ci voleva certo l’augusta stampa estera, per saperlo taratissimo sulla bellezza catodica, paradossalmente, restiamo legati ad una tradizione ancorata nella postmodernità. Certo Alida Valli e l’Allasio non appartenevano al branco televisivo, ma quel che resta è il loro prolungamento in bello di quello che è e significa la bellezza italiana, raggiungibile, per niente facile.
Proprio ora che la televisione e la pubblicità ci restituiscono manichini affascinati e spaventati, cubiste tristi e uraniche virago da “sacrificare” all’audience, possiamo tenerci strettissime quelle ragazze che ravvisano un’immaginario nazionale, grazie ad una fresca discontinuità rispetto alle fatue soldatesse del presenzialismo. Poco importa che abbiano faccia mongola, occhi persiani, capelli egizi, saranno sempre l’emblema della bellezza meridiana e di un fascinoso e montante charme mediano.
C’è che la celeberrima iconografia nazionale distribuita nell’affascinante raccoglitore del ricordo dell’immaginario italico è afflitta da questa insopportabile geremiade di scontenti e distinguo, nella realtà dei fatti, non tramutata in lancinante nostalgia. Quasi che ragazze, discretamente acculturate, prevalentemente “di provincia”, cioè, dell’Italia profonda e perenne, dovessero compatirsi, per il solo fatto di “giocarsela” per qualche sera. Misurandosi e competendo più apertamente con le colleghe rispetto a quanto accade fra colleghi di lavoro e soci in affari, mentre la modernità si combina con la tradizionale lotta per la reginetta della bellezza italiana, senza esibizionismi disperati e sfrégole risentite.
A zittire gli intelligentoni sussieguosi e perbenisti del costume nazionale che rifuggono questo quadro imperfetto,dunque, vero della nostra idea di bellezza stoppando il conformismo, in nome della fatica delle piccole cose e delle piccole gioie che una ragazza può donare.
Con il tocco delicato della vita che va vissuta sino all’ultimo battito, senza la feroce taba dello stile decadente, ben educate all’ università esistenziale, ironica ed autoironica. Forma di lotta non allineata al kitsch culturale coltivato dalle concorrenti che sfilano, nel sogno semplice che rende l’aria pura contro il risentimento ideologico e la seriosità da “mostri sacri”, adducendo infiniti lutti alle protagoniste e, inutiledirlo, alla platea popolare.
Ragazzine, bellocce e ambiziose, sgambettano e ballonzolano per cullare un sogno mediatico, niente di più di quel che già capitò alle celeberrime categorie delle “sartine” e “delle sciampiste”: con la differenza che qui c’è in ballo il posto al concorso nazionale delle vanità. Costa così poco giocarsela per essere regine di una serata, per poi afferrare lo scettro di nuova Miss. Entusiaste ed euforiche, “piercingate” e ombelicali danzano come stelle nicchiane, sotto l’occhio simpatico, nonchè amico d’elegia del protagonismo e della celebrità nazionale. La “teurgia contemporanea” del “posto al sole” e la cornice estetica delle madamine nazionali prossime venture. Ed è un darci sotto forsennato, assoluto, ma solare e tenero. Anche con punte di inadeguatezza e approssimazione al difetto. Forza ragazze, anche se non ci credete, all’assalto di una vita da Miss: luna piena nella malinconia del primo autunno.
Ivo Germano (1966) Borghese di provincia all'Amicimiei, sociologo e giornalista, scientificamente si occupa di produzione culturale e strutture simboliche dell'immaginario contemporaneo. Incline a scrivere e interessarsi di cose inutili, curiosamente e felicemente borghesi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non ci sarebbe niente di male nel provvisorio, se non diventasse definitivo.
E Miss Italia rappresenta troppo bene uno spaccato delle aspirazioni di molta parte delle ragazze di oggi, che rendono l'effimero l'unica risposta rappresentata mediaticamente.
Non è un'osservazione originale, sono anni che puntualmente ad ogni concorso di bellezza , se ne parla.
Ma la cosa di cui ci si può rammaricaricare è che non esiste un'altra figura femminile di riferimento che non sia quella resa vincente dalla bellezza.

Barbara