

A chi Lodoli? A noi! Lettera aperta del Secolo d'Italia allo scrittore Marco Lodoli, mercoledì scorso, nel paginone culturale. A firma di Roberto Alfatti Appetiti, suo grande estimatore. Che deplora la presenza di Lodoli in una delle liste del Pd a Roma, e non se ne dà pace. Motivo: Lodoli non può essere di sinistra. E' un «céliniano», un «dostoevskijano», autore di storie non banali, dove il tragico irrompe nella quotidianeità. E poi è figlio di un fascista, volontario in Africa a in Spagna e «figlio» (letterario) di Annamaria Ortese e Cristina Campo, «scrittrici non certo di sinistra». Inoltre il «primo quotidiano» (sic) a scoprirlo fu il Secolo. Insomma, una «captatio benevolentiae» ridicola e anche un po' meschina (uso del padre a riprova). Che la dice lunga sull'idea che hanno al Secolo dell'arte: familistica, biologica. E ideologica. Per cui chi ama Céline non può stare che a destra e lì deve restare! Sennò trattasi di «appropriazioni indebite». Una curiosa concezione da rigattieri frustati. E che fa il paio con certe patetiche «appropriazioni» post fasciste di oggi: da «Bella ciao» a Moccia, a Battiato. Ben raccontate da Alessandro Giuli nel suo Passo delle oche (Einaudi). Morale, gli «sdoganati», nonchè eclettici, ora vorrebbero fare i doganieri e stabilire chi deve stare di qua o di là, su basi letterarie... o di famiglia. Egemonia culturale? No, risiko dei poveri!
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