Libertà civile o sicurezza? Kriminal, Macchia Nera, Paperinik e Superciuk si confrontano in un dibattito al di là del bene e del male.
Ci incontriamo di notte. Per ragioni di sicurezza. La loro.
Il primo ad arrivare è Macchia Nera, elegante nella sua lunga tunica, come sempre sfuggente e tenebroso. Mi appare all’improvviso. Nel buio non sempre è facile scorgere chi si nasconde. Per fortuna stasera i lampioni sono accesi. Non è nemmeno sicuro che funzionino sempre qui a Roma. Poi, improvvisamente si palesano anche gli altri convenuti.
Paperinik, Kriminal e Superciuk. Silenziosi, invisibili. Soltanto di Superciuk si avverte l’arrivo. Un misto di barbera di pessima qualità e di pomodori cipollati annuncia il suo sopraggiungere. Ma solo perché ne sono a conoscenza. Altrimenti avrei pensato che qualche bottega di kebab avesse tirato fino a tardi e fosse responsabile della zaffata che mi ha tolto il respiro. Respiro affannoso e preoccupato, certo. Mai fidarsi dei personaggi con i quali ho appuntamento.
L’invito era stato esteso anche ad altri "eroi’ mascherati". Ad essere sinceri in redazione non pensavamo che qualcuno avesse risposto alla nostra proposta. Invece la risposta c’è stata. Soltanto all’ultimo la Banda Bassotti ha dovuto rinunciare ad intervenire per motivi facilmente comprensibili. Diabolik, alle prese con una lite familiare, aveva declinato l’invito già da giorni. I saluti sono molto frettolosi. L’unico che si mostra espansivo è un po’ alticcio; forse per questo cerca di familiarizzare molto con Kriminal, mostrandosi molto attratto dalla sua maschera da scheletro. Introduco il dibattito senza tanti preamboli.
Siamo qui per affrontare un tema delicato. Quello dei personaggi mascherati. Sono tanti, ringrazio voi che avete avuto piacere di intervenire. Chi si maschera perché lo fa? Vuole sempre sfuggire all’identificazione perché ha intenti contra legem?
Il primo a intervenire è Paperinik. Come sempre si mostra sicuro di sé.
Non direi. Prendi il mio caso. Nasco come tenebroso vendicatore mascherato nel 1969 da un’idea di Elisa Penna, allora capo redattore di Topolino. Anche lei, come le sorelle Giussani che creano Diabolik, al quale sono ispirato, sogna un personaggio diverso. Sono un misto di eroe ‘noir’ tipo Rocambole, Arséne Lupin, Fantomas e Dorellik, una versione ‘leggera’ e televisiva prima, cinematografica, poi, del Re del Terrore. E rappresento uno di quei cambiamenti che hanno gettato le basi della politica del ‘correct’. Da tipico eroe negativo della letteratura francese da feuilleton, mi sono ritrovato a servizio della legge. E rimango mascherato. E, almeno di questo, sono felice. Il mio sceneggiatore, Guido Martina, mi aveva immaginato come l’inafferrabile ladro gentiluomo Fantomius del quale scopro i segreti e trovo il costume. Insomma è intorno ai primi anni Ottanta che mi trasformano e, per così dire, impongono al mio personaggio delle sfumature e dei tratti da giustiziere mascherato, un po’ alla Batman.
A dire, il vero, questa trasformazione oltre a snaturare il personaggio lo rende più noioso. Perché?
Perché sebbene il crimine non paghi, l’imprevedibilità rende più interessanti. Essere idolo dei paperopolesi può far piacere, ma avrei preferito rimanere confinato in quel genere letterario in cui il bene e il male sono elementi meno definiti. Più che eroe Disney mi sentivo personaggio tipo Mike Hammer di Mickey Spillane, o Philip Marlowe, l’investigatore privato di Raymond Chandler. Insomma se devo stare dalla parte del bene, voglio farlo a modo mio.
Macchia Nera e Kriminal, intanto parlano tra loro sottovoce. Cerco di richiamare la loro attenzione sul fatto che tutti conoscono la loro identità e nonostante ciò loro continuano a portare una maschera. Peraltro così facilmente riconoscibile.
Non dipende da me - esordisce Macchia Nera - , ma mi fa piacere. Peraltro sono anche molto fiero del mio reale aspetto. Con i capelli impomatati, la scriminatura in mezzo e i baffetti sottili assomiglio all’attore americano Adolphe Menjou, famoso negli anni Venti – Trenta per aver interpretato personaggi eleganti ma un po' mascalzoni. E poi una seppur vaga somiglianza con Walt Disney mi inorgoglisce. Creato dall’indimenticabile Floyd Gottfredson sulla fine degli Trenta, mi piace mantenere l’eleganza e il buon gusto che ai nostri giorni sono merce rara. E molto del mio aspetto e delle mie avvincenti avventure contro Topolino lo devo agli sceneggiatori e ai disegnatori italiani. Come non ringraziare Guido Martina e Romano Scarpa. Se non fosse per loro, avrei un’aria molto meno fedele all’originale, per via dei racconti che negli anni Sessanta, negli Stati Uniti, ha scritto su di me Paul Murry rendendomi più soft. Il mio costume, però, come dicevo, mi piace e ritengo che sia giusto che un criminale abbia una propria linea, un proprio stile che devono contraddistinguerlo quando è in azione, nonostante la sua identità sia ben nota. La mia tunica deve spaventare, deve annunciare un’azione criminale. E nel buio della notte deve proteggere.
Parliamo di sicurezza e libertà civile. È giusto impedire ai criminali di coprirsi il volto? Stavolta la mia domanda è rivolta a Kriminal. Uno che di crimine se ne intende e che quando opera si traveste da scheletro.
Innanzitutto vorrei dire che sono d’accordo con Macchia Nera. Nonostante anche io abbia un’identità e il mio volto sia noto (mi chiamo Anthony Logan, lo sanno tutti) sono dell’idea che l’azione criminosa debba essere come dire, ‘annunciata’ da un abbigliamento confacente. Serve alla storia e serve al protagonista. Prendiamo un grande ladro: John Robie, il famoso Gatto del grande film “To catch a thief” di Alfred Hitckcock, in italiano “Caccia al ladro”. Cary Grant, il Gatto, sebbene non si copra il volto, nel momento in cui sfrutta la sua abilità per effettuare i furti che lo rendono così famoso, si veste completamente di nero. Il colore del mistero, della notte. Quindi sono assolutamente favorevole al fatto che i malviventi indossino una maschera. La mia disegnata da Magnus (Roberto Raviola che nel 1996 è passato a miglior vita) serve proprio a spaventare. O almeno questo è stato dall’inizio l’intento del mio sceneggiatore Max Bunker (Luciano Secchi), quando nel 1964 mi ha contrapposto a un altro personaggio noir del fumetto italiano, Diabolik.
Diabolik ha avuto un problema con Eva e non è riuscito ad intervenire. È ancora così forte la vostra rivalità?
Non è la prima volta che Diabolik litiga con Eva – continua Kriminal – e credo non sarà nemmeno l’ultima. Diabolik è cambiato. Dalla scomparsa delle sorelle Giussani, ne hai parlato anche tu in un articolo su Action Now, la linea che ha preso Diabolik è una linea più morbida. Un po’ quella della quale ha parlato Paperinik. Più politically correct. Comunque, a differenza di Diabolik, il mio è sempre stato un personaggio più credibile. I colpi che ho portato a termine non hanno richiesto marchingegni sofisticati come quelli che lui è stato costretto a inventare. Forse è meno credibile la mia tuta; ma sicuramente è più fumettistica. E non dimentichiamo che nelle mie storie ci sono donne nude e scene erotiche che sono degne di Playman di quegli anni.
Insomma mi pare di capire che c’è ancora grande rivalità. Vi ha uniti un destino fatto di censure e di sequestri. Poi Kriminal nel 1974 ha chiuso e Diabolik ancora è in edicola.cosa è successo?
Ciascuno è figlio del proprio tempo. Sono felice di averlo rappresentato con storie bellissime e soprattutto con delle copertine che fanno la storia del fumetto e del pop. Mi sentirei a disagio a confrontarmi col mondo attuale. E spesso leggendo gli albi di Diabolik rimpiango le sue vecchie storie genuine. Forse, avendo avuto la possibilità di continuare la propria linea editoriale, avrebbero potuto cristallizzare l’epoca in cui Diabolik ha mosso i primi passi. Passi che tra il 1962 quando è nato e gli anni Ottanta non erano così lunghi come quelli di oggi. Ma Mario Gomboli, attuale responsabile di Diabolik, ha altre idee. Insomma è ridicolo che Diabolik oggi conti in euro...
La sicurezza oggi è importante. Ma Kriminal e Macchia Nera non rinuncerebbero alla propria maschera più che altro per stile. Chi si maschera oggi? Alla mia domanda Macchia Nera ha uno scatto d’orgoglio. Rivendica il diritto alla maschera che non è maschera carnascialesca, ma archetipo di una via altra rispetto a quella normale.
La legge 152 del 1975 ha avuto degli aggiornamenti. Rimane ovviamente in vigore il divieto a prendere parte a pubbliche manifestazioni, che si svolgono ‘in luogo pubblico o aperto al pubblico, facendo uso di caschi protettivi o con il volto in tutto o in parte coperto mediante l'impiego di qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona’. Ma oggi si teme un’esplosione del terrorismo internazionale, quindi anche un burqa è ritenuto una maschera. Noi, però, parliamo di scelte di vita. Di malavita. Ci mascheriamo perché vogliamo significare qualcosa. Una delinquenza di alto livello che ha uno stile. Non è un semplice passamontagna e un atto violento in se il nostro. Rivendichiamo il nostro diritto alle malefatte, al di là del bene e del male. Altrimenti dovremmo credere che siano davvero mascherati anche i travestiti che pochi giorni fa sono stati multati a Montesilvano in Abruzzo. La sanzione che gli è stata imposta in base all'articolo 85 del testo unico di pubblica sicurezza del 1931, mai abrogato e che punisce "chi si maschera in pubblico alterando i connotati essenziali del sesso e della persona fisica" non riguarda noi.
Un’ultima domanda. Le vostre azioni nascondono un livore verso la società? Un disadattamento? Avete un’etica?
Personalmente odio i poveri – interviene Superciuk che fino a questo momento ha ascoltato e bevuto vino – e siccome sono povero, odio la mia povertà. La qualità della mia vita da spazzino, le mie poche risorse economiche, mi impongono di avere in odio la povertà. Per questo cerco di distruggerla, togliendo ai poveri per donare ai ricchi. A modo mio partecipo delle migliori utopie. Non che me ne intenda, ma credo che Magnus & Bunker, ancora loro, quando mi hanno realizzato nel 1971 hanno inteso lavorare su un piano di giustizia sociale, diciamo, livellato verso l’alto. Non c’entra niente con slogan tipo lavorare meno, lavorare tutti; qui si tratta di far lavorare i poveri fino a sfinirli e creare una società di soli ricchi. Come, ancora non lo so. Intanto rubo ai poveri, così li costringo a lavorare di più per ripagarsi i debiti. Forse prima o poi qualche politico si accorgerà di me e farò carriera. Comunque credo che la mia popolarità qualcosa significhi. Tutto ha inizio a New York negli anni Sessanta, anche se è una città molto più simile ad una città italiana del dopoguerra. Ci sono dei ricchissimi che brindano solo champagne e dei reietti della società che cerco di combattere. L’unica differenza con gli altri convenuti qui stasera è che io non rubo per me. Sono un idealista, forse per questo motivo non sono stato ancora notato in Italia. Continuo a rubare per una società migliore. Amo la mia maschera e sono ancora sconvolto per quello che è capitato lo scorso anno, nella mia stessa città, New York, a Peter Parker, meglio conosciuto come l’Uomo ragno, il quale ha dovuto rivelare a tutti la propria identità per via di un Registration Act che ha obbligato tutti i supereroi a registrarsi ad un albo.
Albeggia. Li saluto. Torneranno nei loro fumetti per raccontare ancora una volta che il crimine non paga ma, almeno nelle loro storie, affascina.
Il primo ad arrivare è Macchia Nera, elegante nella sua lunga tunica, come sempre sfuggente e tenebroso. Mi appare all’improvviso. Nel buio non sempre è facile scorgere chi si nasconde. Per fortuna stasera i lampioni sono accesi. Non è nemmeno sicuro che funzionino sempre qui a Roma. Poi, improvvisamente si palesano anche gli altri convenuti.
Paperinik, Kriminal e Superciuk. Silenziosi, invisibili. Soltanto di Superciuk si avverte l’arrivo. Un misto di barbera di pessima qualità e di pomodori cipollati annuncia il suo sopraggiungere. Ma solo perché ne sono a conoscenza. Altrimenti avrei pensato che qualche bottega di kebab avesse tirato fino a tardi e fosse responsabile della zaffata che mi ha tolto il respiro. Respiro affannoso e preoccupato, certo. Mai fidarsi dei personaggi con i quali ho appuntamento.
L’invito era stato esteso anche ad altri "eroi’ mascherati". Ad essere sinceri in redazione non pensavamo che qualcuno avesse risposto alla nostra proposta. Invece la risposta c’è stata. Soltanto all’ultimo la Banda Bassotti ha dovuto rinunciare ad intervenire per motivi facilmente comprensibili. Diabolik, alle prese con una lite familiare, aveva declinato l’invito già da giorni. I saluti sono molto frettolosi. L’unico che si mostra espansivo è un po’ alticcio; forse per questo cerca di familiarizzare molto con Kriminal, mostrandosi molto attratto dalla sua maschera da scheletro. Introduco il dibattito senza tanti preamboli.
Siamo qui per affrontare un tema delicato. Quello dei personaggi mascherati. Sono tanti, ringrazio voi che avete avuto piacere di intervenire. Chi si maschera perché lo fa? Vuole sempre sfuggire all’identificazione perché ha intenti contra legem?
Il primo a intervenire è Paperinik. Come sempre si mostra sicuro di sé.
Non direi. Prendi il mio caso. Nasco come tenebroso vendicatore mascherato nel 1969 da un’idea di Elisa Penna, allora capo redattore di Topolino. Anche lei, come le sorelle Giussani che creano Diabolik, al quale sono ispirato, sogna un personaggio diverso. Sono un misto di eroe ‘noir’ tipo Rocambole, Arséne Lupin, Fantomas e Dorellik, una versione ‘leggera’ e televisiva prima, cinematografica, poi, del Re del Terrore. E rappresento uno di quei cambiamenti che hanno gettato le basi della politica del ‘correct’. Da tipico eroe negativo della letteratura francese da feuilleton, mi sono ritrovato a servizio della legge. E rimango mascherato. E, almeno di questo, sono felice. Il mio sceneggiatore, Guido Martina, mi aveva immaginato come l’inafferrabile ladro gentiluomo Fantomius del quale scopro i segreti e trovo il costume. Insomma è intorno ai primi anni Ottanta che mi trasformano e, per così dire, impongono al mio personaggio delle sfumature e dei tratti da giustiziere mascherato, un po’ alla Batman.
A dire, il vero, questa trasformazione oltre a snaturare il personaggio lo rende più noioso. Perché?
Perché sebbene il crimine non paghi, l’imprevedibilità rende più interessanti. Essere idolo dei paperopolesi può far piacere, ma avrei preferito rimanere confinato in quel genere letterario in cui il bene e il male sono elementi meno definiti. Più che eroe Disney mi sentivo personaggio tipo Mike Hammer di Mickey Spillane, o Philip Marlowe, l’investigatore privato di Raymond Chandler. Insomma se devo stare dalla parte del bene, voglio farlo a modo mio.
Macchia Nera e Kriminal, intanto parlano tra loro sottovoce. Cerco di richiamare la loro attenzione sul fatto che tutti conoscono la loro identità e nonostante ciò loro continuano a portare una maschera. Peraltro così facilmente riconoscibile.
Non dipende da me - esordisce Macchia Nera - , ma mi fa piacere. Peraltro sono anche molto fiero del mio reale aspetto. Con i capelli impomatati, la scriminatura in mezzo e i baffetti sottili assomiglio all’attore americano Adolphe Menjou, famoso negli anni Venti – Trenta per aver interpretato personaggi eleganti ma un po' mascalzoni. E poi una seppur vaga somiglianza con Walt Disney mi inorgoglisce. Creato dall’indimenticabile Floyd Gottfredson sulla fine degli Trenta, mi piace mantenere l’eleganza e il buon gusto che ai nostri giorni sono merce rara. E molto del mio aspetto e delle mie avvincenti avventure contro Topolino lo devo agli sceneggiatori e ai disegnatori italiani. Come non ringraziare Guido Martina e Romano Scarpa. Se non fosse per loro, avrei un’aria molto meno fedele all’originale, per via dei racconti che negli anni Sessanta, negli Stati Uniti, ha scritto su di me Paul Murry rendendomi più soft. Il mio costume, però, come dicevo, mi piace e ritengo che sia giusto che un criminale abbia una propria linea, un proprio stile che devono contraddistinguerlo quando è in azione, nonostante la sua identità sia ben nota. La mia tunica deve spaventare, deve annunciare un’azione criminale. E nel buio della notte deve proteggere.
Parliamo di sicurezza e libertà civile. È giusto impedire ai criminali di coprirsi il volto? Stavolta la mia domanda è rivolta a Kriminal. Uno che di crimine se ne intende e che quando opera si traveste da scheletro.
Innanzitutto vorrei dire che sono d’accordo con Macchia Nera. Nonostante anche io abbia un’identità e il mio volto sia noto (mi chiamo Anthony Logan, lo sanno tutti) sono dell’idea che l’azione criminosa debba essere come dire, ‘annunciata’ da un abbigliamento confacente. Serve alla storia e serve al protagonista. Prendiamo un grande ladro: John Robie, il famoso Gatto del grande film “To catch a thief” di Alfred Hitckcock, in italiano “Caccia al ladro”. Cary Grant, il Gatto, sebbene non si copra il volto, nel momento in cui sfrutta la sua abilità per effettuare i furti che lo rendono così famoso, si veste completamente di nero. Il colore del mistero, della notte. Quindi sono assolutamente favorevole al fatto che i malviventi indossino una maschera. La mia disegnata da Magnus (Roberto Raviola che nel 1996 è passato a miglior vita) serve proprio a spaventare. O almeno questo è stato dall’inizio l’intento del mio sceneggiatore Max Bunker (Luciano Secchi), quando nel 1964 mi ha contrapposto a un altro personaggio noir del fumetto italiano, Diabolik.
Diabolik ha avuto un problema con Eva e non è riuscito ad intervenire. È ancora così forte la vostra rivalità?
Non è la prima volta che Diabolik litiga con Eva – continua Kriminal – e credo non sarà nemmeno l’ultima. Diabolik è cambiato. Dalla scomparsa delle sorelle Giussani, ne hai parlato anche tu in un articolo su Action Now, la linea che ha preso Diabolik è una linea più morbida. Un po’ quella della quale ha parlato Paperinik. Più politically correct. Comunque, a differenza di Diabolik, il mio è sempre stato un personaggio più credibile. I colpi che ho portato a termine non hanno richiesto marchingegni sofisticati come quelli che lui è stato costretto a inventare. Forse è meno credibile la mia tuta; ma sicuramente è più fumettistica. E non dimentichiamo che nelle mie storie ci sono donne nude e scene erotiche che sono degne di Playman di quegli anni.
Insomma mi pare di capire che c’è ancora grande rivalità. Vi ha uniti un destino fatto di censure e di sequestri. Poi Kriminal nel 1974 ha chiuso e Diabolik ancora è in edicola.cosa è successo?
Ciascuno è figlio del proprio tempo. Sono felice di averlo rappresentato con storie bellissime e soprattutto con delle copertine che fanno la storia del fumetto e del pop. Mi sentirei a disagio a confrontarmi col mondo attuale. E spesso leggendo gli albi di Diabolik rimpiango le sue vecchie storie genuine. Forse, avendo avuto la possibilità di continuare la propria linea editoriale, avrebbero potuto cristallizzare l’epoca in cui Diabolik ha mosso i primi passi. Passi che tra il 1962 quando è nato e gli anni Ottanta non erano così lunghi come quelli di oggi. Ma Mario Gomboli, attuale responsabile di Diabolik, ha altre idee. Insomma è ridicolo che Diabolik oggi conti in euro...
La sicurezza oggi è importante. Ma Kriminal e Macchia Nera non rinuncerebbero alla propria maschera più che altro per stile. Chi si maschera oggi? Alla mia domanda Macchia Nera ha uno scatto d’orgoglio. Rivendica il diritto alla maschera che non è maschera carnascialesca, ma archetipo di una via altra rispetto a quella normale.
La legge 152 del 1975 ha avuto degli aggiornamenti. Rimane ovviamente in vigore il divieto a prendere parte a pubbliche manifestazioni, che si svolgono ‘in luogo pubblico o aperto al pubblico, facendo uso di caschi protettivi o con il volto in tutto o in parte coperto mediante l'impiego di qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona’. Ma oggi si teme un’esplosione del terrorismo internazionale, quindi anche un burqa è ritenuto una maschera. Noi, però, parliamo di scelte di vita. Di malavita. Ci mascheriamo perché vogliamo significare qualcosa. Una delinquenza di alto livello che ha uno stile. Non è un semplice passamontagna e un atto violento in se il nostro. Rivendichiamo il nostro diritto alle malefatte, al di là del bene e del male. Altrimenti dovremmo credere che siano davvero mascherati anche i travestiti che pochi giorni fa sono stati multati a Montesilvano in Abruzzo. La sanzione che gli è stata imposta in base all'articolo 85 del testo unico di pubblica sicurezza del 1931, mai abrogato e che punisce "chi si maschera in pubblico alterando i connotati essenziali del sesso e della persona fisica" non riguarda noi.
Un’ultima domanda. Le vostre azioni nascondono un livore verso la società? Un disadattamento? Avete un’etica?
Personalmente odio i poveri – interviene Superciuk che fino a questo momento ha ascoltato e bevuto vino – e siccome sono povero, odio la mia povertà. La qualità della mia vita da spazzino, le mie poche risorse economiche, mi impongono di avere in odio la povertà. Per questo cerco di distruggerla, togliendo ai poveri per donare ai ricchi. A modo mio partecipo delle migliori utopie. Non che me ne intenda, ma credo che Magnus & Bunker, ancora loro, quando mi hanno realizzato nel 1971 hanno inteso lavorare su un piano di giustizia sociale, diciamo, livellato verso l’alto. Non c’entra niente con slogan tipo lavorare meno, lavorare tutti; qui si tratta di far lavorare i poveri fino a sfinirli e creare una società di soli ricchi. Come, ancora non lo so. Intanto rubo ai poveri, così li costringo a lavorare di più per ripagarsi i debiti. Forse prima o poi qualche politico si accorgerà di me e farò carriera. Comunque credo che la mia popolarità qualcosa significhi. Tutto ha inizio a New York negli anni Sessanta, anche se è una città molto più simile ad una città italiana del dopoguerra. Ci sono dei ricchissimi che brindano solo champagne e dei reietti della società che cerco di combattere. L’unica differenza con gli altri convenuti qui stasera è che io non rubo per me. Sono un idealista, forse per questo motivo non sono stato ancora notato in Italia. Continuo a rubare per una società migliore. Amo la mia maschera e sono ancora sconvolto per quello che è capitato lo scorso anno, nella mia stessa città, New York, a Peter Parker, meglio conosciuto come l’Uomo ragno, il quale ha dovuto rivelare a tutti la propria identità per via di un Registration Act che ha obbligato tutti i supereroi a registrarsi ad un albo.
Albeggia. Li saluto. Torneranno nei loro fumetti per raccontare ancora una volta che il crimine non paga ma, almeno nelle loro storie, affascina.
Fabrizio Ghilardi* (1967) si occupa della progettazione di reti di cooperazione culturale transnazionale sostenute dal Fondo Sociale Europeo. Come ideatore del Laboratorio di Utopie di Action Now - Play old style! European No profit Association for the Social Function of Sport, cura la collaborazione con l’Associazione degli ex Calciatori Granata e la programmazione del progetto europeo “Fair Play in Action”, in cui sono coinvolti testimonial di riferimento dello Sport europeo degli anni Sessanta e Settanta, quali modelli di esemplarità sportiva per i giovani, a promozione della funzione riabilitativa, educativa e sociale dello sport.Accanito giocatore di Subbuteo, grande appassionato di calcio, specialmente di quello in bianco e nero è un collezionista di football memorabilia.
6 commenti:
semplicemente grande !
Tenete presente che l'arresto della Banda Bassotti ci ha tolto il gusto di sentire la loro... Chissà che più avanti non saremo più fortunati!
Bell'articolo
Attendiamo altri contributi!
:))
Si potrebbe dall'articolo giungere alla conclusione che il vero crimine è quello che viene commesso senza una maschera, ma, tralasciando i massimi sistemi, parlando terra terra non è un caso che gli antieroi siano molto più attraenti dei cosiddetti eroi... Chi preferirebbe passare una serata al pub in compagnia di Topolino piuttosto che di Macchia Nera... Penso in pochi!
Johnny OAG
...ogni qual volta mi imbatto in un articolo Ghilardiano perdo la cognizione del tempo e dello spazio, torno irrimediabilmente bambino, non tanto per via dei ricordi che affiorano quanto per la semplicità con cui apprendo, leggo, divoro ogni passaggio e l'ingenuità di voler scoprire "dove diavolo vuole arrivare" con questo suo innato patrimonio personale di goliardia, spensieratezza e ottimismo. Lode a te, Fab... e datti da fare ancora che qui non aspettiamo altri che un nuovo appuntamento per venirti a trovare!
afecionados - www.oldfansfondi.it
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