Ci sono libri che individuano meglio di altri il
non-detto generalizzato e che rendono consapevolezza
agli stati d’animo diffusi. Sono
libri dal successo fulmineo, immediato e imprevedibile.
E sono libri che impongono espressioni, formule
e analisi destinate a durare e imporsi nel linguaggio
collettivo. Negli ultimi mesi è stato così,
ad esempio, per La casta un saggio-denuncia che si
riuscito a sintonizzarsi con tanti umori che, rimossi
o meno, circolano da anni nella società civile. E
un fenomeno analogo, questa volta non sul piano
politico, ma su quello esistenziale e antropologico,
si sta ora imponendo con Outlet Italia (Mondadori,
pp. 290, euro 16) di Aldo Cazzullo. Un saggio che
trentadue anni dopo gli Scritti corsari di Pier Paolo
Pasolini ci spinge a prendere consapevolezza di
una “rivoluzione antropologica” in Italia, dell’ultima
– per essere precisi – di queste trasformazioni,
quella che in vent’anni ha nuovamente ridefinito il
volto del paese.
Cazzullo ci descrive questa mutazione, «avvenuta
– scrive – passo a passo, senza traumi, senza quasi
ce ne accorgessimo. A un certo punto si è smesso di
andare in chiesa, al cinema, alla partita (o lo si è
fatto in modo diverso: da devoto di Padre Pio, da
cliente della multisala, da abbonato Sky). Non si è
più andati in piazza, se non per cortei politici dai
numero moltiplicati per dieci…». Ecco, la piazza,
metafora per eccellenza di un modo propriamente
italiano ed europeo di incontrarsi e di “fare comunità”,
ha dovuto ceder via via il posto agli “outlet”,
i nuovissimi centri commerciali che uniscono l’Ausostrada
del Sole con una tipica estetica da “non
luoghi”, costruiti per sostituire i paesi, con tanto di
case finte, fontane e tutto il resto. Valmontone,
Castel Romano, Foiano della Chiana, Incisa, Barberino
del Mugello, Arezzo, Serravalle… «Ma quefoto
sti sono gli outlet “veri”, i luoghi
fisici – spiega l’autore del libro –
dedicati al metà prezzo. Poi descrivo
gli outlet della mente, i grandi
punti di aggregazione in cui ci rifugiamo
per sfuggire al mondo,
costruendone uno parallelo». Il termine
di outlet, insomma, diventa la
metafora più appropriata di una
società che si è trasformata all’insegna
del degrado dei rapporti
umani: «Parlarsi – annota Cazzullo
– non è di moda. Negli outlet, come
in discoteca, non si parla (i due luoghi
si assomigliano: nei centri commerciali
la musica è spesso alta,
come da regolamento; il frastuono
fa crollare la soglia della vigilanza
e invoglia all’acquisto). Confrontarsi,
discutere, scambiare opinioni
sono diventati spiacevoli necessità;
farne a meno, un sollievo. Si
parla poco o nulla anche là dove lo
si potrebbe fare, come sui treni». E
qui è molto efficace il confronto tra
i treni per pendolari di una ventina
d’anni fa, con tutto quel vociare di
politica e calcio, con le microcomunità
di amici di scompartimento,
con gli incontri e le passioni nati
sulle rotaie, e gli scompartimenti
“muti” di oggi, interrotti solo dalle
suonerie dei telefonini e da qualche
ticchettare sui portatili. «Vent’anni,
una generazione, non sono molti
nella vita di un paese. In questi
ultimi vent’anni, il mio paese è
però cambiato molto, e molto in
fretta», sottolinea Cazzullo. E partendo
da questa constatazione l’autore
compie un viaggio giornalistico
in 290 pagine che si leggono tutte
d’un fiato, e in cui scorrono i villaggi
vacanze e i centri yoga, le terme
di massa, il Palacavicchi, il
Salone del Fumetto, Second Life,
You Tube, «luoghi affollati eppure
solitari»…Tutto un universo all’insegna
della “virtualizzazione”,
anche quello della politica. Un
mondo “parallelo”: «I suoi abitanti
– dice Cazzullo – conducono una
vita reale fatta come le nostre di
impegni e costrizioni, ma appena
possono ne evadono per entrare
nella dimensione che più sentono
propria, in cui valgono altre regole,
codici diversi…». Il viaggio dell’inviato
del Corriere della Sera attraversa
metropoli e palazzi, piccoli
centri e case di italiani illustri, luoghi
per il tempo libero e il Parlamento,
ma inizia visitando un
outlet, Valmontone Fashion
District, «una via di mezzo tra
Disneyland e un borgo medievale».
Ora, chi scrive – e che da rappresentante
dei nati nel decennio dei
Sessanta, condivide pieno l’analisi
di fondo di Cazzullo sulla virtualizzazione
e l’impoverimento in corso
dei rapporti umani – è nato proprio
a Valmontone e ha vissuto per oltre
quarant’anni a tre chilometri di
distanza dal famigerato outlet e se
si aggiunge che è, sin da ragazzino,
un appassionato di fumetti e di cartoni
animati e che, infine, da sempre
si colloca a destra (parte politico-
culturale alla quale pure Cazzullo
dedica un ampio paragrafo della
sua ricostruzione), ci sarebbe tutta
la legittimità a poter dire qualcosa.
A cominciare dall’eccesso di pessimismo
che rischia di guastare l’intuizione
generale che anima il
libro. Nel senso che, a ben guardare,
in Italia non c’è solo quello che
racconta Cazzullo, o, per dirla
diversamente, ci sono anche tante
altre cose che stanno accanto a
quelle. Non c’è niente da fare, il
mondo cambia continuamente e
ogni generazione ha nostalgia dei
propri vent’anni. E quindi del paesaggio
esistenziale che ne costituiva
il contorno. Così, è naturale che
chi ha superato i quarant’anni avere
nostalgia – che so – per i jukeboxe,
per i flipper, per il cinema di
periferia, per le vecchie cabine
telefoniche o per un’Italia in cui si
poteva ancora fare l’autostop. Ma
quell’Italia non può più tornare,
piaccia o meno. Ed è anche vero, a
contrario, che a solo qualche chilometro
dall’outlet di Valmontone ci
sono paesini così, vitali e carichi di
memoria che è un piacere raro
andarci la domenica mattina e trascorrere
qualche ora nella piazza
principale, dove ancora ci si accapiglia
per la politica locale e per la
squadra del cuore. È vero che Internet
e la telefonia cellulare hanno
cambiato la nostra vita, ma ci sono
anche tutti i vantaggi che hanno
apportato e di cui tutti beneficiamo
ogni giorno.
Del resto, lo stesso Cazzullo riconosce
l’esistenza di luoghi-antidoto:
dalle Tremiti alla sponda lombarda
del Lago Maggiore, da Dolceacqua
a Triora in Liguria al bizzarro
parco dei mostri di Bomarzo,
luoghi rimasti quasi uguali a
se stessi, che danno forza…».
Insomma, non è – e non può essere
– solo Outlet questa nostra Italia.
E, paradossalmente, sul piano
politico questa volta, Aldo Cazzullo
non ha difficoltà ad ammettere
– nonostante tutto il suo pessimismo
– che di una destra «del merito
e della responsabilità ci sarebbe
bisogno come del pane, per dare
una scrollata a un paese ingessato,
conservatore, familista».
Luciano Lanna
1 commento:
Grandi verità sono raccontate da Cazzullo, una fra tutte è la solitudine della vita di tutti giorni, la mancanza totale di rapporti umani nelle situazioni quotidiane, da quando prendiamo un mezzo pubblico ai locali alla moda. Ci siamo chiusi in noi stessi,nei nostri Ipod, nella posta elettronica che sostiutisce una faccia e una voce, nelle chat, davanti a una tastiera e un monitor. E si ciondola così,dal mattino alla sera,più o meno freneticamente, come una mandria di buoi dai cervelli intorpiditi e anestetizzati, pronti a seguire mode e tendenze. Siamo messi davvero male....
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