Dal Secolo d'Italia di sabato 2 febbraio 2008
Arriva anche su internet la mostra “Flick about” dedicata al fenomeno Subbuteo. Come già abbiamo scritto qualche tempo fa, l’associazione “Action now – Play old style” (www.actionnow-playoldstyle.com) presieduta da Fabrizio Ghilardi già da anni si occupa della valorizzazione di memorabilia calcistici e del recupero dei valori del vecchio calcio. E adesso in collaborazione con l’Unione Europea, il Fondo Europeo, il Consiglio d’Europa, il Comitato Nazionale Italiano “Fair play”, l’Associazione “Ex calciatori granata”, la Johann Cruyff Foundation, l’Ambasciata Britannica a Roma e altre istituzioni, presenta la mostra itinerante “Subbuteo Fair”. L’iniziativa è partita da Roma nel novembre 2006 e sta sbarcando in altre città italiane a cominciare da Torino, Verona e Catania.
Intanto gran parte dei materiali sono visitabili e godibili sul web. Attraverso il link www.flickabout.com, si può accedere alla visione degli scatti della fotografa Charlotta Smeds, artista svedese e romana d’adozione, che vive in Italia dal 1991 dove lavora per la stampa internazionale. "Il Subbuteo – dichiara la Smeds - l’ho conosciuto in Italia. In Svezia non è mai stato popolare come in Inghilterra, in Italia o in altri paesi europei. E’ un gioco meraviglioso: in Italia ho assistito a partite interminabili di Subbuteo. E in realtà mi ha proprio colpito la semplicità con la quale si creano rapporti d’amicizia proprio praticando questo gioco. L’idea che potesse trasmettere sani valori, penso all’idea di Fair play ad esempio, mi sembrava una sfida interessante". Una sfida che, evidentemente, i cultori del Subbuteo sentono tale nei confronti di un calcio che spesso appare malato, come quello moderno. La stessa Smeds ci conferma questa tesi: "Il Subbuteo è aggregazione, amicizia, lealtà. Il Subbuteo è da ultras. Non l’isolamento da Playstation e televisione. Per questo la mostra è una sfida".
Di questo stesso avviso è Fabrizio Ghilardi, principale ideatore della mostra: "Parlando con le Istituzioni che ci hanno sostenuto e che ringrazio, abbiamo puntato l’attenzione su quanto il Subbuteo sia stato educativo per diverse generazioni, dal 1947 ad oggi. Simbolo immutabile di Fair Play tutto britannico come la sua nascita e la sua discendenza. Ma abbiamo omesso quanti litigi e quante risse di bambini e giovinetti ha causato. Le ricordiamo adesso. Sono state litigate sincere, cavalleresche come il calcio che amiamo, spesso inconciliabili per il lasso di tempo necessario a riuscire a riderci sopra".
Colpisce molto la bellezza delle fotografie: i giocatori di Subbuteo vengono immortalati in diverse fasi, anche in movimento. Si percepisce, in alcune foto, un qualche richiamo a tecniche futuristiche. Del resto, quando nel 1931 Marinetti e Tato firmarono il Manifesto della fotografia futurista, sostennero che bisognava realizzare nuove possibilità fotografiche, tra cui “la spettralizzazione di alcune parti del corpo umano o animale, isolate o ricongiunte alogicamente”. Da qui i diversi giochi d’ombra che la fotografa svedese ha realizzato su giocatori–icona del Subbuteo, come quelli di squadre inglesi leggendarie, dal Southampton al Queens Park Rangers.
Un amore, quello per il Subbuteo, che spesso ha legato indelebilmente giovani (ed ex ragazzi) degli anni ’70 e ’80 alla passione per il calcio. Tra questi lo scrittore Giuseppe Culicchia che, da bambino, è rimasto folgorato da quel tappeto verde che simulava il campo e dagli omini che diventavano, nell’immaginario dei ragazzi, successivamente adulti, i propri beniamini. Culicchia, che ha realizzato l’introduzione al catalogo della mostra Flick about, ha contribuito con un amarcord tutto personale: "Vivevo in un paesino di appena novecento anime a una ventina di chilometri o poco più da Torino, dove naturalmente circolavano le figurine, ma dove il Subbuteo non ce l’aveva nessuno: lo si vedeva al massimo nella pubblicità del Topolino. Alla vigilia di un 25 dicembre –prosegue Culicchia - feci la mia richiesta ufficiale. Non volevo più nessun Forte Apache con tanto di Settimo Cavalleria e Generale Custer, e nemmeno l’ennesima scatola di soldatini Atlantic in scala HO, e neppure l’ultimo modello di caccia della Seconda Guerra Mondiale della Airfix. Volevo solo ed esclusivamente una cosa: il Subbuteo".
Intanto gran parte dei materiali sono visitabili e godibili sul web. Attraverso il link www.flickabout.com, si può accedere alla visione degli scatti della fotografa Charlotta Smeds, artista svedese e romana d’adozione, che vive in Italia dal 1991 dove lavora per la stampa internazionale. "Il Subbuteo – dichiara la Smeds - l’ho conosciuto in Italia. In Svezia non è mai stato popolare come in Inghilterra, in Italia o in altri paesi europei. E’ un gioco meraviglioso: in Italia ho assistito a partite interminabili di Subbuteo. E in realtà mi ha proprio colpito la semplicità con la quale si creano rapporti d’amicizia proprio praticando questo gioco. L’idea che potesse trasmettere sani valori, penso all’idea di Fair play ad esempio, mi sembrava una sfida interessante". Una sfida che, evidentemente, i cultori del Subbuteo sentono tale nei confronti di un calcio che spesso appare malato, come quello moderno. La stessa Smeds ci conferma questa tesi: "Il Subbuteo è aggregazione, amicizia, lealtà. Il Subbuteo è da ultras. Non l’isolamento da Playstation e televisione. Per questo la mostra è una sfida".
Di questo stesso avviso è Fabrizio Ghilardi, principale ideatore della mostra: "Parlando con le Istituzioni che ci hanno sostenuto e che ringrazio, abbiamo puntato l’attenzione su quanto il Subbuteo sia stato educativo per diverse generazioni, dal 1947 ad oggi. Simbolo immutabile di Fair Play tutto britannico come la sua nascita e la sua discendenza. Ma abbiamo omesso quanti litigi e quante risse di bambini e giovinetti ha causato. Le ricordiamo adesso. Sono state litigate sincere, cavalleresche come il calcio che amiamo, spesso inconciliabili per il lasso di tempo necessario a riuscire a riderci sopra".
Colpisce molto la bellezza delle fotografie: i giocatori di Subbuteo vengono immortalati in diverse fasi, anche in movimento. Si percepisce, in alcune foto, un qualche richiamo a tecniche futuristiche. Del resto, quando nel 1931 Marinetti e Tato firmarono il Manifesto della fotografia futurista, sostennero che bisognava realizzare nuove possibilità fotografiche, tra cui “la spettralizzazione di alcune parti del corpo umano o animale, isolate o ricongiunte alogicamente”. Da qui i diversi giochi d’ombra che la fotografa svedese ha realizzato su giocatori–icona del Subbuteo, come quelli di squadre inglesi leggendarie, dal Southampton al Queens Park Rangers.
Un amore, quello per il Subbuteo, che spesso ha legato indelebilmente giovani (ed ex ragazzi) degli anni ’70 e ’80 alla passione per il calcio. Tra questi lo scrittore Giuseppe Culicchia che, da bambino, è rimasto folgorato da quel tappeto verde che simulava il campo e dagli omini che diventavano, nell’immaginario dei ragazzi, successivamente adulti, i propri beniamini. Culicchia, che ha realizzato l’introduzione al catalogo della mostra Flick about, ha contribuito con un amarcord tutto personale: "Vivevo in un paesino di appena novecento anime a una ventina di chilometri o poco più da Torino, dove naturalmente circolavano le figurine, ma dove il Subbuteo non ce l’aveva nessuno: lo si vedeva al massimo nella pubblicità del Topolino. Alla vigilia di un 25 dicembre –prosegue Culicchia - feci la mia richiesta ufficiale. Non volevo più nessun Forte Apache con tanto di Settimo Cavalleria e Generale Custer, e nemmeno l’ennesima scatola di soldatini Atlantic in scala HO, e neppure l’ultimo modello di caccia della Seconda Guerra Mondiale della Airfix. Volevo solo ed esclusivamente una cosa: il Subbuteo".
Il romanziere racconta così, del suo rapporto col Subbuteo e di come quel gioco gli sia in realtà sfuggito nella sua versione originale a causa di un errore dei genitori che scelsero una versione “di concorrenza”, il Giocagol. Lo scrittore torinese (e torinista) non si è arreso: "Poco tempo fa, quando al mio 40° compleanno ho capito di essere finalmente giunto alla maturità più piena della mia esistenza, in un negozio di giocattoli di Torino mi sono comprato le mie prime due squadre: il Toro, che volendo può anche passare per il West Ham, e la Germania Ovest, che al limite può sempre diventare il Cesena (anche se francamente dubito che succederà mai). Per il campo verde e le porte bianche invece aspetto il prossimo Natale".
Giovanni Tarantino è nato a Palermo il 23 giugno 1983. Collaboratore del Secolo d’Italia, si è laureato in Scienze storiche con una tesi dal titolo Movimentisti. Da Giovane Europa alla Nuova destra .
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