Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia di martedì 4 marzo 2007
A cento anni dalla nascita e quaranta dalla morte esce una nuova biografia che celebra un grande italiano, Giovannino Guareschi. Arriva infatti in libreria in questi giorni un saggio intitolato proprio Giovannino Guareschi: è firmato da Guido Conti, è stato edito da Rizzoli (pp. 587, euro 16,50), e offre più di uno spunto di riflessione sull’assenza dalle storie letterarie, dalle antologie e dalle rievocazioni del ruolo svolto dal grande autore emiliano. Conti ricorda infatti l’imbarazzo con il quale le cronache culturali riportavano, anno dopo anno, la notizia che Giovannino era l’autore italiano più letto nel mondo e lo fa con lo spirito del vero biografo militante. Il sottotitolo è, appropriatamente, «biografia di uno scrittore», senza alcun aggettivo.
L’autore, preparatissimo sulla vita e sulle idee del grande anticonformista, ha letto persino i componimenti delle elementari e tutti gli inediti, presenta una robusta documentazione onesta fino allo scrupolo senza tralasciare particolari “politicamente scorretti”. Strutturato su otto lunghi capitoli che corrispondono ad altrettante fasi della vita di Guareschi, il libro ripercorre «l’esistenza tribolata e faticosa» dello scrittore. Le origini proletarie sono percettibili sin dalla nascita a Fontanelle, nella Bassa parmense, il 1° maggio del 1908, nella sede della Cooperativa Socialista, dove alloggiavano i suoi genitori. Successivamente, nel 1922, Giovannino si trasferisce al convitto Maria Luigia a Parma dove conosce Cesare Zavattini, suo vero maestro, che ne coglie subito le doti e l’estro dell’umorista e del disegnatore, al punto tale da procurargli i primi lavori, prima come collaboratore alla Gazzetta di Parma e poi, dal ’36, all’età di ventotto anni, a Milano come caporedattore del neonato Bertoldo, presso l’editore Rizzoli.
Si percepisce sin dai primi scritti la matrice anti-intellettualistica del pensiero di Guareschi: «Io non racconto mai cose originali: io sono il modesto e pignolissimo cronista della vita piccola del Mondo piccolo e prendo nota di tutte le minutaglie più banali che succedono in famiglia », scriveva nelle Osservazioni di uno qualunque. Dopo l’approdo all’esperienza milanese del Bertoldo Giovannino affronterà altri anni di intenso impegno: dal 1936 al 1943 collabora anche a La Stampa dal 9 agosto 1938 al 14 ottobre 1942, con quasi 440 strip di tre vignette ciascuna, riscuotendo un grandissimo successo.
Ma proprio durante la notte del 14 ottobre del ’42 la sua vita subisce una svolta: appresa la notizia della scomparsa del fratello Pino in Russia si ubriaca di grappa e tornando a casa nella notte urla e inveisce contro il regime, contro Mussolini e contro la guerra: e viene arrestato. Grazie all’interessamento di alcuni amici della redazione Guareschi riuscirà a evitare la galera ma non il secondo richiamo alle armi. Ha recentemente ricordato Bruno Gambarotta su La Stampa: «Il 9 settembre del ’43 i tedeschi lo arrestano nella caserma di Alessandria e lo deportano in Germania. I due anni di lager da internato militare lo trasformano; quello che ritorna, dimagrito di 35 chili, è un uomo offeso dallo spettacolo dei soliti italiani lesti a confondere le carte, a inalberare bandiere, ad approfittare della confusione»».
Nell’estate del ’43 termina anche l’esperienza del Bertoldo, ma dalle rovine del dopoguerra la creatività di Guareschi riuscirà ad emergere ancora una volta e il 15 dicembre ’45 esce il primo numero del settimanale Candido, dove dopo un anno, il 28 dicembre 1946, nell’ambito della rubrica “Mondo piccolo”, farà la sua comparsa il primo episodio del celebre don Camillo. Una
vera e propria epopea nazional-popolare quella del prete irascibile e del suo antagonista Peppone, militante e sindaco comunista, che durerà ben vent’anni, in cui Giovannino ha realizzato ben 346 racconti.
Un irregolare, un non-conformista nel vero senso del termine, Guareschi. Del resto, lo stesso Conti, ultimo biografo del genio della Bassa Padana, rileva che Candido è stato un giornale apartitico, ma «chiaramente di destra».
Nella sua guerra personale, Guareschi era solito prendersela con De Gasperi: è celebre l’episodio della pubblicazione della lettera con cui lo statista, quando era in Vaticano, avrebbe chiesto agli alleati di bombardare Roma. Da qui il processo per diffamazione, allestito in fretta e furia, la condanna a un anno che si somma ai nove mesi con la condizionale per una precedente sentenza. Giovannino rifiuta di fare appello e il 26 maggio del ’54 va a farsi 14 mesi di detenzione nel carcere di Parma, più sei mesi di libertà vigilata. Inizia così il suo declino: il 10 novembre del ’57 lascia la direzione di Candido che Rizzoli chiuderà nel '61. Morirà a causa di un infarto il 22 luglio del ’68. Vorrà la sua bara avvolta dal tricolore sabaudo. E a quarant’anni dalla morte fa ancora discutere. Disse di sé: «Io non sono stato, come poteva sembrare, un indipendente bensì un anarchico ». Rappresentante di una tradizione minoritaria – ma vivace – di anarchici arcitaliani che inizia con Prezzolini, passa per Maccari e Longanesi e sfiora Indro Montanelli. E oggi?
L’autore, preparatissimo sulla vita e sulle idee del grande anticonformista, ha letto persino i componimenti delle elementari e tutti gli inediti, presenta una robusta documentazione onesta fino allo scrupolo senza tralasciare particolari “politicamente scorretti”. Strutturato su otto lunghi capitoli che corrispondono ad altrettante fasi della vita di Guareschi, il libro ripercorre «l’esistenza tribolata e faticosa» dello scrittore. Le origini proletarie sono percettibili sin dalla nascita a Fontanelle, nella Bassa parmense, il 1° maggio del 1908, nella sede della Cooperativa Socialista, dove alloggiavano i suoi genitori. Successivamente, nel 1922, Giovannino si trasferisce al convitto Maria Luigia a Parma dove conosce Cesare Zavattini, suo vero maestro, che ne coglie subito le doti e l’estro dell’umorista e del disegnatore, al punto tale da procurargli i primi lavori, prima come collaboratore alla Gazzetta di Parma e poi, dal ’36, all’età di ventotto anni, a Milano come caporedattore del neonato Bertoldo, presso l’editore Rizzoli.
Si percepisce sin dai primi scritti la matrice anti-intellettualistica del pensiero di Guareschi: «Io non racconto mai cose originali: io sono il modesto e pignolissimo cronista della vita piccola del Mondo piccolo e prendo nota di tutte le minutaglie più banali che succedono in famiglia », scriveva nelle Osservazioni di uno qualunque. Dopo l’approdo all’esperienza milanese del Bertoldo Giovannino affronterà altri anni di intenso impegno: dal 1936 al 1943 collabora anche a La Stampa dal 9 agosto 1938 al 14 ottobre 1942, con quasi 440 strip di tre vignette ciascuna, riscuotendo un grandissimo successo.
Ma proprio durante la notte del 14 ottobre del ’42 la sua vita subisce una svolta: appresa la notizia della scomparsa del fratello Pino in Russia si ubriaca di grappa e tornando a casa nella notte urla e inveisce contro il regime, contro Mussolini e contro la guerra: e viene arrestato. Grazie all’interessamento di alcuni amici della redazione Guareschi riuscirà a evitare la galera ma non il secondo richiamo alle armi. Ha recentemente ricordato Bruno Gambarotta su La Stampa: «Il 9 settembre del ’43 i tedeschi lo arrestano nella caserma di Alessandria e lo deportano in Germania. I due anni di lager da internato militare lo trasformano; quello che ritorna, dimagrito di 35 chili, è un uomo offeso dallo spettacolo dei soliti italiani lesti a confondere le carte, a inalberare bandiere, ad approfittare della confusione»».
Nell’estate del ’43 termina anche l’esperienza del Bertoldo, ma dalle rovine del dopoguerra la creatività di Guareschi riuscirà ad emergere ancora una volta e il 15 dicembre ’45 esce il primo numero del settimanale Candido, dove dopo un anno, il 28 dicembre 1946, nell’ambito della rubrica “Mondo piccolo”, farà la sua comparsa il primo episodio del celebre don Camillo. Una
vera e propria epopea nazional-popolare quella del prete irascibile e del suo antagonista Peppone, militante e sindaco comunista, che durerà ben vent’anni, in cui Giovannino ha realizzato ben 346 racconti.
Un irregolare, un non-conformista nel vero senso del termine, Guareschi. Del resto, lo stesso Conti, ultimo biografo del genio della Bassa Padana, rileva che Candido è stato un giornale apartitico, ma «chiaramente di destra».
Nella sua guerra personale, Guareschi era solito prendersela con De Gasperi: è celebre l’episodio della pubblicazione della lettera con cui lo statista, quando era in Vaticano, avrebbe chiesto agli alleati di bombardare Roma. Da qui il processo per diffamazione, allestito in fretta e furia, la condanna a un anno che si somma ai nove mesi con la condizionale per una precedente sentenza. Giovannino rifiuta di fare appello e il 26 maggio del ’54 va a farsi 14 mesi di detenzione nel carcere di Parma, più sei mesi di libertà vigilata. Inizia così il suo declino: il 10 novembre del ’57 lascia la direzione di Candido che Rizzoli chiuderà nel '61. Morirà a causa di un infarto il 22 luglio del ’68. Vorrà la sua bara avvolta dal tricolore sabaudo. E a quarant’anni dalla morte fa ancora discutere. Disse di sé: «Io non sono stato, come poteva sembrare, un indipendente bensì un anarchico ». Rappresentante di una tradizione minoritaria – ma vivace – di anarchici arcitaliani che inizia con Prezzolini, passa per Maccari e Longanesi e sfiora Indro Montanelli. E oggi?
Giovanni Tarantino è nato a Palermo il 23 giugno 1983. Collaboratore del Secolo d’Italia, si è laureato in Scienze storiche con una tesi dal titolo Movimentisti. Da Giovane Europa alla Nuova destra.
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