venerdì 28 marzo 2008

Milano sotterranea e misteriosa, tra il biscione e i rifugi del '44 (di Michele De Feudis)

Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia di venerdì 21 marzo 2008
A metà tra un racconto storico e un saggio di speleologia, Milano sotterranea e misteriosa, bel libro edito da Mursia (pp. 164, euro 16) e scritto a quattro mani di Ippolito Edmondo Ferrario (foto a destra) e Gianluca Padovan (foto a sinistra), riabilita la memoria del sottosuolo come riflessione «sull’abitare la terra dell’uomo». Entrambi sono ricercatori e studiosi di simbologia, uniscono la pratica dell’esplorazione speleologica con la riflessione sui miti fondanti di una comunità. E così una passeggiata in piazza Duomo può richiamare una immaginaria avventura nei cunicoli sotterranei, e sempre di avventura si tratta quando si descrivono le cripte, i passaggi più o meno segreti, i canali poi ricoperti, i rifugi antiaerei, le fonti, le cisterne, tutte reminiscenze di un rapporto arcaico con la terra sotto i nostri piedi. «La vita architettonica di una città si articola – spiega Ferrario, scrittore di noir e collaboratore del nostro Secolo – in edificazioni, ampliamenti, distruzioni e ricostruzioni, nel suo continuo divenire. Questi processi “fisiologici” vanno spesso a coinvolgere opere sotterranee quali possono essere pozzi, cisterne, acquedotti ipogei e tutta una serie di “sottoservizi” destinati alla vita dell’insediamento... La ricerca delle opere ipogee riveste un carattere di forte interesse, soprattutto se viene condotta con l’obiettivo di comprendere l’evoluzione di un impianto urbano».
Il Cinghiale, il Castello e il Duomo: ecco la triade simbolica che rappresenta il punto di partenza del viaggio storico nel sottosuolo compiuto dai due autori, fin dalla fondazione del primordiale insediamento padano. Il primo rappresenta l’elemento antico e spirituale (riproposto in una delle arcate della Loggia dei Mercanti, al Palazzo della Ragione), il secondo la sovranità militare, il terzo il potere religioso. Temporalmente le prime aggregazioni urbane risalgono al V secolo avanti Cristo (centro proto urbano golasecchiano), successivamente divenuto oppidum celtico fino al consolidamento in città romana nel II-I secolo avanti Cristo; ma accanto a celti e romani, la città subì contaminazioni anche dei Liguri e degli Etruschi; poi capitale dell’Impero Romano dal 286 al 402 dopo Cristo.
In origine fu chiamata “Alba”, dal ligure album, che significa città capoluogo, ed era con tutta probabilità abitata da popolazioni d’origine indoeuropee. L’etimologia di Milano – tracce e documenti sono anche consultabili, grazie ai nostri due autori, sul sito internet http://www.milanosotterranea.com/. – costringe a risalire a Medhelan o Mediolanum che significa «città in mezzo alla pianura». La scelta dei popoli antichi di edificare nuove città non è mai sacrale: per i Celti Milano era città sacra, di culto, perché ricca di acqua e geopoliticamente essenziale. E la presenza dell’acqua, sotto forma di sorgenti o di fiumi rappresentava quello spirito primordiale femminile chiamato wouvivre.
«Queste forze naturali e benefiche – analizza Ferrario – presenti nella cosmogonia celtica strisciavano come serpenti sia in superficie che nel sottosuolo e come correnti telluriche favorivano la fertilità della terra e la vita degli uomini e animali. I Celti, di conseguenza, una volta individuato il medhelan, cercavano di incanalare questa energia anche attraverso l’uso di pietre sacre, i menhir, che nella loro verticalità avevano la funzione di antenne catalizzatrici. Queste grandi masi oblunghi in vari casi servivano anche a riequilibrare energie. In particolare queste costruzioni venivano fatte sotto la guida di sacerdoti, i druidi, che evidentemente si erano ispirati agli stessi alberi che con le loro profonde radici attingono dal terreno la linfa vitale per fiorire in superficie alla luce del sole».
Tra le leggende raccontate nel libro grande spazio è riservato alla simbologia del Biscione, adottato come stemma araldico dei Visconti per celebrare l’orgoglio del casato nell’avere tra i propri avi il valoroso Umberto, che tradizione vuole abbia ucciso un temibile serpente che seminava terrore nelle campagne e nelle zone paludose intorno alla città. «Esso non è altro che un drago intento a divorare con le fauci spalancate un bambino in fasce», e le ascendenze storiche fanno risalire al popolo degli Insubri. La casata viscontea inserisce il simbolo del drago su uno scudo normanno, a mandorla, la cui forma è un triandolo con la punta inferiore allungata, lo stesso serpente-drago ha una forma circolare, con chiaro significato di «circolarità originaria». Gli autori classificano la ricerca speleologica secondo le seguenti categorie: opere di estrazione, idrauliche, a uso di culto, a uso funerario, di uso civile, di uso militare, e infine misteriose. Interessante la ricerca sulla contaminazione tra culti pagani e successivi culti cristiani, legati alla divinità persiana Mithinfira, adorata con riti che si officiavano in cavità naturali o grotte. Tra le località sotterranee ci sono anche i rifugi che hanno permesso ai milanesi di sfuggire alla furia dei bombardamenti degli angloamericani sulla città, e proprio alla memoria dei civili caduti sotto le bombe statunitensi è dedicato nell’esergo iniziale il volume. Il massacro di Gorla, il 20 ottobre del 1944, divenuto icona della ferocia degli invasori con un memorabile manifesto dell’artista Gino Boccasile, resta una pagina dolorosa della memoria nazionale italiana: i bombardieri B 24 del 49° Bomb Wing lanciarono ordigni esplosivi sulla scuola del quartiere popolare milanese, causando la morte di ben centottantaquattro bambini e diciannove adulti tra insegnanti e dipendenti dell’istituto. Ora nei pressi dell’edificio scolastico del tempo, c’è un monumento commemorativo della tragedia, in una piazza intitolata ai Piccoli Martiri.
Andrea Thum descrive così il bunker antiaereo di via Mecenate: «All’interno del centro sportivo Bonacossa c’è una curiosa struttura in cemento armato, che assomiglia a un babà affondato nel terreno, Si tratta di un rifugio antiaereo, presumibilmente costruito tra il 1936 e i primi anni del Secondo conflitto mondiale, collocato sotto l’attuale sede stradale… In malaugurato caso di utilizzo di gas asfissianti, durante un bombardamento, aveva aperture che potevano essere sigillate dall’interno con appositi meccanismi. La stessa porta blindata aveva una guarnizione che ne garantiva la tenuta ermetica. In una delle canne di ventilazione si è notata la presenza di un riscaldatore per l’aria immessa, a funzionamento elettrico».
Se la simbologia del biscione rimanda alle strisce e ai film di Conan il Barbaro, i cunicoli sotto il castello Sforzesco hanno avuto in Italia una trasposizione fumettistica nella saga di Martin Mystère, personaggio di punta delle edizioni Bonelli. Nel 1995 Alfredo Castelli, sceneggiatore del “detective dell’impossibile”, con la consulenza di un gruppo di speleologi, realizza l’Almanacco del Mistero intitolato «Scendendo!», con testi dello stesso Castelli e disegni di Palumbo. La storia? Un gruppo di cospiratori vorrebbe impadronirsi della città e vuole creare disordini nella comunità
distruggendo il Castello fin dalle sue fondamenta. C’è nella trama la creazione fantastica di un sistema di condotte sotterranee inventate da Leonardo da Vinci, ma i propositi barricadieri degli insorti sono disinnescati da Martin e dal fido collaboratore Giava.
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Michele De Feudis è giornalista e scrittore, collaboratore dell'Ansa e del Secolo d'Italia. Scrive di libri, cinema, politica e calcio per quotidiani nazionali. Ha curato il libro Tolkien, la Terra di Mezzo e i miti del III millennio, edito da L'arco e la corte (Bari).

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