Dal Secolo d'Italia di venerdì 21 marzo 2008
Riportato alle cronache dal Festival internazionale del fumetto “BilBolBul”, torna a far parlare di sé “Il Commissario Spada” di Gianni De Luca. Durante la manifestazione, svoltasi recentemente a Bologna, è stato infatti reso omaggio proprio a De Luca (ritratto a destra) : il disegnatore del “Commissario Spada”, realizzato su testi di Gianluigi Gonano, è un personaggio che ha raccontato gli anni Settanta italiani sulle pagine del settimanale per ragazzi Il Giornalino, per tanti anni sorta di contraltare cattolico al più laico e borghese Corriere dei Piccoli. Autore eclettico, oltre che pittore e incisore, De Luca ha saputo coniugare una ricerca stilistica estrema a un segno immediatamente leggibile, da vero precursore ideale per condurre idealmente i visitatori attraverso la contaminazione fra i linguaggi e il dialogo tra fumetto e le altre arti, in particolare con una sezione dedicata al tema «Fumetto e Jazz» che ha per protagonista l’artista belga Louis Joos, grande maestro del genere.
De Luca cominciò a disegnare – a soli 17 anni – le vicende del commissario Spada nel 1969, alla vigilia dell’autunno caldo e della strage di piazza Fontana. E il personaggio, che anticipava gli «anni di piombo», in realtà sembrava proprio che volesse annunciare ciò che poi sarebbe accaduto in quel decennio, fra l’altro individuando temi e figure che poi, in senso metaforico, sarebbero apparsi davvero nelle cronache di quegli anni.
Mentre cambiava il senso complessivo di una città come Milano mutava del resto anche tutto il contesto della società italiana. “Il caso della freccia”, il primo episodio della serie, che usciva nel ’70, mostrava soprattutto che il dopoguerra era finito, che gli anni del boom si erano dissolti, che un’altra società si stava definendo, più adatta a farsi esplorare da un commissario, meno adatta a farsi capire da un sociologo. Così “Geronimo”, nel secondo episodio, non ha più nulla in comune con la malavita della nostra tradizione, quella dei nostri cronisti o dei nostri giallisti.
I segni che lo definiscono alludono a un mondo ambiguo e misterioso, un mondo, soprattutto, in cui non ci sono più quelle stabili categorie di appartenenza che erano state più o meno riconoscibili dai tempi dei Misteri di Parigi di Sue o dei Misteri di Napoli di Mastriani. Geronimo non ha nulla dello Squartatore, della Civetta, del Maestro di scuola.
«Potrebbe essere un “situazionista” – ha detto di lui Antonio Faeti su La Stampa – e farsi conoscere in una galleria d’arte, potrebbe essere un autore di canzoni, potrebbe avere ridefinito un accuratissimo sem biante perché è un giovane maestro della Body Art». Ci sono, disseminati per tutte le tavole che compongono questo episodio, verosimili scorci di vita vissuta dall’Italia anni Settanta: la polizia sui tetti, i tetti di una città proletaria e operaia, una periferia fatta di sterpi, bidoni, capanne, e quindi estremamente reale. Sono frammenti di un’Italia ormai d’altri tempi. Geronimo, con molto anticipo, è come se prefigurasse gli indiani metropolitani del ’77 bolognese o di quello romano, fenomeno che il personaggio sembra in grado di ispirare perfino nel nome.
Il terzo episodio delle cronache del commissario Spada, quello intitolato “I figli del serpente”, richiede che si accenni anche allo scrittore che narrava le storie con le parole, Gianluigi Gonano, capace di offrire a De Luca tutto quanto gli era necessario per creare le sue tavole. «Anche con “I figli del serpente” – prosegue Antonio Faeti – Gonano guarda avanti, ai due decenni successivi, quando l’irrazionalismo di massa, la magia come micidiale condimento di ogni finzione, la torbida ignoranza di tante componenti antropologico-culturali creeranno nuovi assassini, nuovi delitti, nuove brutture, in nome di un accattonaggio sub culturale che ancora permea di sé poveri sogni e iniqui bovarismi».
E quando entrano in scena i terroristi – la storia “I terroristi” è del ’79 – De Luca non si vale più dell’anticipazione: ora le sue storie conoscono i fatti, hanno visto compiersi truci efferatezze come l’assassinio di Aldo Moro. Davvero belle le pagine in cui le divisioni di questo mondo sono rese attraverso la struttura delle case, delle strade e degli ambienti come se facessero corpo unico con gli assassini che uccidono come se nulla fosse. Queste avventure sono ora state ripubblicate in un bell’Oscar Mondadori intitolato proprio Il commissario Spada. Gli anni di piombo (pp. 404, euro 13). È curata in ogni minimo particolare la realizzazione, in questi fumetti, di case, automobili, trapani, pistole, divise, e cronaca attentissima anche della «moda» particolare a cui si attenevano gli assassini resi da De Luca. Qui sta proprio la grandezza dell’artista: nell’avere saputo realizzare, con il Commisario Spada uno spaccato in tempo reale dell’Italia degli “anni di piombo”.
De Luca cominciò a disegnare – a soli 17 anni – le vicende del commissario Spada nel 1969, alla vigilia dell’autunno caldo e della strage di piazza Fontana. E il personaggio, che anticipava gli «anni di piombo», in realtà sembrava proprio che volesse annunciare ciò che poi sarebbe accaduto in quel decennio, fra l’altro individuando temi e figure che poi, in senso metaforico, sarebbero apparsi davvero nelle cronache di quegli anni.
Mentre cambiava il senso complessivo di una città come Milano mutava del resto anche tutto il contesto della società italiana. “Il caso della freccia”, il primo episodio della serie, che usciva nel ’70, mostrava soprattutto che il dopoguerra era finito, che gli anni del boom si erano dissolti, che un’altra società si stava definendo, più adatta a farsi esplorare da un commissario, meno adatta a farsi capire da un sociologo. Così “Geronimo”, nel secondo episodio, non ha più nulla in comune con la malavita della nostra tradizione, quella dei nostri cronisti o dei nostri giallisti.
I segni che lo definiscono alludono a un mondo ambiguo e misterioso, un mondo, soprattutto, in cui non ci sono più quelle stabili categorie di appartenenza che erano state più o meno riconoscibili dai tempi dei Misteri di Parigi di Sue o dei Misteri di Napoli di Mastriani. Geronimo non ha nulla dello Squartatore, della Civetta, del Maestro di scuola.
«Potrebbe essere un “situazionista” – ha detto di lui Antonio Faeti su La Stampa – e farsi conoscere in una galleria d’arte, potrebbe essere un autore di canzoni, potrebbe avere ridefinito un accuratissimo sem biante perché è un giovane maestro della Body Art». Ci sono, disseminati per tutte le tavole che compongono questo episodio, verosimili scorci di vita vissuta dall’Italia anni Settanta: la polizia sui tetti, i tetti di una città proletaria e operaia, una periferia fatta di sterpi, bidoni, capanne, e quindi estremamente reale. Sono frammenti di un’Italia ormai d’altri tempi. Geronimo, con molto anticipo, è come se prefigurasse gli indiani metropolitani del ’77 bolognese o di quello romano, fenomeno che il personaggio sembra in grado di ispirare perfino nel nome.
Il terzo episodio delle cronache del commissario Spada, quello intitolato “I figli del serpente”, richiede che si accenni anche allo scrittore che narrava le storie con le parole, Gianluigi Gonano, capace di offrire a De Luca tutto quanto gli era necessario per creare le sue tavole. «Anche con “I figli del serpente” – prosegue Antonio Faeti – Gonano guarda avanti, ai due decenni successivi, quando l’irrazionalismo di massa, la magia come micidiale condimento di ogni finzione, la torbida ignoranza di tante componenti antropologico-culturali creeranno nuovi assassini, nuovi delitti, nuove brutture, in nome di un accattonaggio sub culturale che ancora permea di sé poveri sogni e iniqui bovarismi».
E quando entrano in scena i terroristi – la storia “I terroristi” è del ’79 – De Luca non si vale più dell’anticipazione: ora le sue storie conoscono i fatti, hanno visto compiersi truci efferatezze come l’assassinio di Aldo Moro. Davvero belle le pagine in cui le divisioni di questo mondo sono rese attraverso la struttura delle case, delle strade e degli ambienti come se facessero corpo unico con gli assassini che uccidono come se nulla fosse. Queste avventure sono ora state ripubblicate in un bell’Oscar Mondadori intitolato proprio Il commissario Spada. Gli anni di piombo (pp. 404, euro 13). È curata in ogni minimo particolare la realizzazione, in questi fumetti, di case, automobili, trapani, pistole, divise, e cronaca attentissima anche della «moda» particolare a cui si attenevano gli assassini resi da De Luca. Qui sta proprio la grandezza dell’artista: nell’avere saputo realizzare, con il Commisario Spada uno spaccato in tempo reale dell’Italia degli “anni di piombo”.
Giovanni Tarantino è nato a Palermo il 23 giugno 1983. Collaboratore del Secolo d’Italia, si è laureato in Scienze storiche con una tesi dal titolo Movimentisti. Da Giovane Europa alla Nuova destra.
3 commenti:
Quando mi interessavo di fumetti (avevo 16/17 anni e volevo fare il fumettista) lessi una lunga intervista a De Luca su "Fumo di China" che ne sottilineava l'enorme contributo dato al fumetto d'autore grazie a soluzioni grafiche innovative.
De Luca riusciva a ricreare la nebbia della pianura padana con suggestioni inedite (attraverso un magistrale uso del puntinato), o la pioggia sferzante con dinamismo. Notevole anche la sua versione dell'Amleto: tavole a piena pagina con i personaggi che in esse si muovono in sequenza, qualcosa tra il teatro e il cinema, con inquadrature per l'epoca mozzafiato.
Insomma, un genio. Purtroppo mai dovutamente apprezzato nella pochezza editoriale del fumetto italiano. Un altro suo pari, il grande Magnus, qualche volta riuscì a fare dell'arte pur stando nei confini del fumetto popolare (basti pensare a "Lo Sconosciuto" o al Texone...), invece De Luca rimase relegato a pubblicazioni per ragazzi. Giusto, quindi, dargli spazio sui cartonati (per quanto postumo).
Confesso, invece, la mia ignoranza su De Luca e sul commissario Spada. Per me i fumetti corrispondevano all'universo Bonelli. Però approfitterò senz'altro del cartonato per farmi una "cultura". Un abbraccio a Claudio e complimenti a Giovanni per il pezzo!
Rob
Il mio approccio con i fumetti fu con gli italiani Tex Willer, Mister No, Nick Raider, Super Eroica, The Punisher e Diabolik. Ricordo molto vagamente una delle storie del commissario Spada perchè di tanto in tanto in parrocchia era possibile trovare qualche copia de "Il Giornalino".
Giovanni
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