Dal Secolo d'Italia di mercoledì 16 aprile 2008
Se qualcuno, a sinistra, volesse capire sul serio le ragioni della sconfitta elettorale non dovrebbe far altro che leggersi l’Amaca scritta a caldo da Michele Serra per la Repubblica di ieri. Sono le parole di un uomo amareggiato che scopre la sua alterità rispetto all’Italia reale e che, però, non riesce comunque ad accantonare il suo senso di presunta superiorità etica: «I cittadini di sinistra – spiega Serra – sono, da sempre, una minoranza di massa: viviamo in una provincia europea più di destra che di sinistra, più clericale che laica, più padronale che socialista, più provinciale che cosmopolita, più chiusa che aperta...».
Serra ha così descritto alla perfezione la vocazione minoritaria di una certa sinistra italiana: «Dovremmo averci fatto il callo, a questa lunga vita di minoranza... invece ci rimaniamo male ogni volta, come se ci apparisse inaudito il fatto che no, questo Paese non ci somiglia». Pochi ma buoni: e anche sfacciatamente presuntuosi. Una sorta di “sindrome da quartieri alti”, quella confessata da Serra. Da qui l’incapacità di confrontarsi con gli italiani per quello che sono e non per quello che si vorrebbe che fossero. Una sinistra, quella che vota Pd, professorina e acculturata, patinata e vippaiola, sempre con la puzza sotto il naso, che forse “di sinistra” ha sempre meno, mentre sempre più coltiva le caratteristiche culturali e antropologiche di un partito elitario, fatto di gente che parla un linguaggio cifrato che tutti gli altri non riescono a capire.
La verità è che ormai in Italia essere di sinistra è diventato sinonimo di snobismo politico e antropologico: gli sguardi di sufficienza, l’incedere altezzoso, le occhiate di complicità, i sorrisi di compatimento hanno portato questo mondo politico a una sconfitta elettorale senza precedenti.
D’altra parte, come pretendere di conquistare la fiducia quando si porta stampata in faccia l’espressione finta bonaria di un Alberto Sordi-Marchese del Grillo: «Io so’ io, voi non siete un cazzo...». Alla fine, è la storia, il popolo si ribella.
Conan non sono io, né so di quale collega sia lo pseudonimo. Sta di fatto che i suoi corsivi sono sempre interessanti e intelligentemente "provocatori". Li pubblico (e raccolgo) qui con l'intento di sottrarli alla breve vita dei quotidiani e confidando di alimentare - se vi va - un confronto sui contenuti.
Conan non sono io, né so di quale collega sia lo pseudonimo. Sta di fatto che i suoi corsivi sono sempre interessanti e intelligentemente "provocatori". Li pubblico (e raccolgo) qui con l'intento di sottrarli alla breve vita dei quotidiani e confidando di alimentare - se vi va - un confronto sui contenuti.
Nessun commento:
Posta un commento