Dal Secolo d'Italia di giovedì 3 aprile 2008
«Il mondo è di destra»: la verità è stata spiattellata così, senza ritegno, sin dal titolo, in un saggio apparso un paio di anni fa sulla rivista Il Mulino. Ed è proprio partendo da quella affermazione che, oggi, si riuscirebbe forse a capire meglio anche questa campagna elettorale atipica per l’Italia, che si sta giocando tutta su temi che con la tradizione culturale della sinistra hanno veramente poco a che fare. Vorrà pur dire qualcosa, infatti, se Walter Veltroni rilancia il tricolore e chiude i suoi comizi con l’inno di Mameli, se il comune di Firenze scimmiotta malamente le politiche di sicurezza proibendo i marciapiedi ai mendicanti, se Pier Luigi Bersani non fa che parlare di liberalizzazioni e modernizzazione, se sulla scuola Dario Franceschini imita Sarkozy e spiega che, sì, gli studenti devono cominciare a rispettare l’autorità dei professori...
Vorrà dire che questa sinistra italiana, sempre un po’ lenta nel percepire i cambiamenti della società, ha capito ciò che gli studiosi vanno dicendo da qualche anno, forse decennio: l’asse culturale della politica mondiale nei contenuti concreti si è decisamente spostato, se non a destra sicuramente non sta più a sinistra. È evidente che Veltroni & Co. – a questo punto – sono costretti a rincorrere lo zeitgeist, lo spirito del tempo. Una rincorsa affannosa spacciata per modernizzazione, quella della sinistra italiana, fotografata dallo studioso Raffaele Simone nel suo ultimo libro, Il mostro mite. Perché l’Occidente non va a sinistra (Garzanti, pp. 172, euro 12): «Anche a uno sguardo sommario – spiega Simone lamentandosene – oggi è arduo sostenere che qualche idea di sinistra abbia modellato il mondo in profondità o immaginare che riuscirà a farlo in futuro non troppo distante. La sinistra sembra aver esaurito il suo secolo e mezzo di storia senza piantare radici stabili nella realtà politica e nella mentalità generale. Da tempo la parte economicamente più avanzata del mondo tende a destra; insigni tradizioni democratiche (come il
laburismo inglese o il socialismo italiano e francese) si sono annacquate fino a diventare irriconoscibili o si sono adulterate fino a scomparire».
Il verdetto, così come Simone lo espone, sembra decisamente senza appello: la sinistra, per come l’abbiamo conosciuta finora, con il suo apparato ideologico, dogmatico, utopistico, è già estinta, ha già dovuto abdicare al mondo così com’è diventato, alla realtà, all’uomo. Dinosauro lento e pesante, la sinistra mondiale si muove in affanno di fronte a una modernità che non riesce più a capire, a interpretare, a modificare: «Credo che convenga chiedersi, alla soglia di quest’oscuro secolo XXI, se tra le tante cose che il futuro prossimo destinerà al tramonto ci sia anche la sinistra», dice Simone rimanendo oltretutto in buona compagnia, se anche il politologo statunitense Perry Anderson nel suo Spectrum (Baldini Castoldi Dalai, pp. 470, euro 21) può affermare: «Dalla fine della Guerra Fredda in poi le idee della destra hanno progressivamente guadagnato terreno; il centro si è adeguato sempre più; e la sinistra, generalmente parlando, batte in ritirata».
È anche attraverso questa lente interpretativa che si capisce la nascita di una dichiarata “sinistra reazionaria”, come quella proposta da Bruno Arpaia: un sistema di valori e di idee che non si raccapezza più all’interno di un paesaggio globale ormai irriconoscibile non può, infatti, che chiudersi a riccio, incupirsi e perdere ogni speranza in un futuro migliore. Non può, per assurdo, che diventare antropologicamente più “di destra” della stessa destra politica. Sostanzialmente impolitica. Da qui i mille tic culturali della sinistra occidentale degli ultimi anni: l’immobilismo, la paura, la fissazione per la “serietà”, la ricerca estenuante delle garanzie individuali e collettive, lo snobismo, l’antipatia, il senso di superiorità, la saccenza, il perbenismo, il moralismo, il giustizialismo... Ma anche i no Tav, i Grillo, i Di Pietro, si spiegano anche così, con una sinistra senza più anima, sconfitta dalla storia, che prende in prestito idee senza averle metabolizzate, vissute. E da questi stessi tic e riflessi condizionati non è che il Pd di Veltroni riesca a liberarsi del tutto. È una sorta di fatale sindrome della sinistra, di tutte le sinistre. Ammutolite di fronte a una verità di cui non riescono ancora a capacitarsi. Ebbene sì, forse “il mondo è di destra”, perché ormai impermeabile a qualsiasi pensiero ideologico. O, forse più correttamente, è la destra moderna che riesce a capire più facilmente un mondo che cambia velocemente e che richiede alla politica sia realismo che capacità di pensare in grande.
Filippo Rossi, giornalista e scrittore (autore, con Luciano Lanna, del saggio-dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2003), ha cominciato al quotidiano Il Tempo, è stato caporedattore del settimanale l'Italia, direttore delle news di Radio 101 e collaboratore di diverse testate politico-culturali. Attualmente è coordinatore editoriale della fondazione presieduta da Gianfranco Fini, "Farefuturo".
Vorrà dire che questa sinistra italiana, sempre un po’ lenta nel percepire i cambiamenti della società, ha capito ciò che gli studiosi vanno dicendo da qualche anno, forse decennio: l’asse culturale della politica mondiale nei contenuti concreti si è decisamente spostato, se non a destra sicuramente non sta più a sinistra. È evidente che Veltroni & Co. – a questo punto – sono costretti a rincorrere lo zeitgeist, lo spirito del tempo. Una rincorsa affannosa spacciata per modernizzazione, quella della sinistra italiana, fotografata dallo studioso Raffaele Simone nel suo ultimo libro, Il mostro mite. Perché l’Occidente non va a sinistra (Garzanti, pp. 172, euro 12): «Anche a uno sguardo sommario – spiega Simone lamentandosene – oggi è arduo sostenere che qualche idea di sinistra abbia modellato il mondo in profondità o immaginare che riuscirà a farlo in futuro non troppo distante. La sinistra sembra aver esaurito il suo secolo e mezzo di storia senza piantare radici stabili nella realtà politica e nella mentalità generale. Da tempo la parte economicamente più avanzata del mondo tende a destra; insigni tradizioni democratiche (come il
laburismo inglese o il socialismo italiano e francese) si sono annacquate fino a diventare irriconoscibili o si sono adulterate fino a scomparire».
Il verdetto, così come Simone lo espone, sembra decisamente senza appello: la sinistra, per come l’abbiamo conosciuta finora, con il suo apparato ideologico, dogmatico, utopistico, è già estinta, ha già dovuto abdicare al mondo così com’è diventato, alla realtà, all’uomo. Dinosauro lento e pesante, la sinistra mondiale si muove in affanno di fronte a una modernità che non riesce più a capire, a interpretare, a modificare: «Credo che convenga chiedersi, alla soglia di quest’oscuro secolo XXI, se tra le tante cose che il futuro prossimo destinerà al tramonto ci sia anche la sinistra», dice Simone rimanendo oltretutto in buona compagnia, se anche il politologo statunitense Perry Anderson nel suo Spectrum (Baldini Castoldi Dalai, pp. 470, euro 21) può affermare: «Dalla fine della Guerra Fredda in poi le idee della destra hanno progressivamente guadagnato terreno; il centro si è adeguato sempre più; e la sinistra, generalmente parlando, batte in ritirata».
È anche attraverso questa lente interpretativa che si capisce la nascita di una dichiarata “sinistra reazionaria”, come quella proposta da Bruno Arpaia: un sistema di valori e di idee che non si raccapezza più all’interno di un paesaggio globale ormai irriconoscibile non può, infatti, che chiudersi a riccio, incupirsi e perdere ogni speranza in un futuro migliore. Non può, per assurdo, che diventare antropologicamente più “di destra” della stessa destra politica. Sostanzialmente impolitica. Da qui i mille tic culturali della sinistra occidentale degli ultimi anni: l’immobilismo, la paura, la fissazione per la “serietà”, la ricerca estenuante delle garanzie individuali e collettive, lo snobismo, l’antipatia, il senso di superiorità, la saccenza, il perbenismo, il moralismo, il giustizialismo... Ma anche i no Tav, i Grillo, i Di Pietro, si spiegano anche così, con una sinistra senza più anima, sconfitta dalla storia, che prende in prestito idee senza averle metabolizzate, vissute. E da questi stessi tic e riflessi condizionati non è che il Pd di Veltroni riesca a liberarsi del tutto. È una sorta di fatale sindrome della sinistra, di tutte le sinistre. Ammutolite di fronte a una verità di cui non riescono ancora a capacitarsi. Ebbene sì, forse “il mondo è di destra”, perché ormai impermeabile a qualsiasi pensiero ideologico. O, forse più correttamente, è la destra moderna che riesce a capire più facilmente un mondo che cambia velocemente e che richiede alla politica sia realismo che capacità di pensare in grande.
Filippo Rossi, giornalista e scrittore (autore, con Luciano Lanna, del saggio-dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2003), ha cominciato al quotidiano Il Tempo, è stato caporedattore del settimanale l'Italia, direttore delle news di Radio 101 e collaboratore di diverse testate politico-culturali. Attualmente è coordinatore editoriale della fondazione presieduta da Gianfranco Fini, "Farefuturo".
2 commenti:
Mha... di sicuro la sinistra è tutto ciò che Rossi rileva, ma non è che la destra abbia molto da offrire...
Personalmente non è che mi rallegri essere governato da Berlusconi, né penso che Sarkozy abbia molto da offrire in Francia. Diciamo che in questo momento di declino, dovuto non alla sinistra o alla destra, e neppure dal rialzo del petrolio, ma semplicemente a un modello di sviluppo sbagliato, la destra riesce a calvacere bene le paure, a interpretare le proiezioni e quindi a vendersi bene.
La sinistra è più in crisi, perché cade in contraddizione.
Io spero che ben presto di queste due categorie non sapremo più che farcene, ed entrambe si dimostreranno per quelllo che sono: obsolescenti.
Ma prima ci aspettano dei tempi duri.
Ma in Italia abbiamo una destra e una sinistra? In Europa secondo voi si può parlare di destra o di sinistra? Io credo di no, con il tramonto delle ideologie i soggetti politici sono altri. Proprio ieri mentre andavo a lavoro c'era un manifesto elettorale che diceva che Rutelli avrebbe abolito l'ICI, se avete ascoltato Berlusconi noterete che anche lui ha detto la stessa cosa. Quindi alla fine di cosa stiamo parlando?
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