sabato 5 aprile 2008

Noi tolkieniani, oggi come trent'anni fa (di Filippo Rossi)

Articolo di Filippo Rossi
Dal Secolo d'Italia di sabato 5 aprile 2008
Quello di questo fine settimana a Moreton-in-marsh, nella regione del Gloucestershire, nel sud Inghilterra è un appuntamento d'obbligo anche per chi coltiva l'immaginario che venne adottato dalla destra giovanile italiana nella seconda metà degli anni Settanta. Sono ammesse espressioni interrogative, ovviamente. Cosa c’entra, si chiederà infatti il lettore, quella cittadina del Regno unito con l'area culturale italiana che negli ultimi trent’anni è riuscita a passare senza traumi troppo laceranti dal neofascismo al post-fascismo, per approdare, infine, a una visione maggioritaria - ma nel suo realismo comunque immaginifica - della politica?
C’entra, c’entra eccome, perché domani e dopo domani a Moreton-in-marsh si sono dati appuntamento i più importanti illustratori di J.R.R. Tolkien, lo scrittore inglese autore della trilogia del Signore degli Anelli, per dare vita alla manifestazione "Castles in the Mist", una mostra-mercato a tema fantasy che comprende anche un’esposizione delle opere dell’autore dell’edizione illustrata del Silmarillion, Ted Nasmith. Secondo gli organizzatori, la mostra sarà la più ampia mai realizzata finora per quanto riguarda i disegni delle opere di Tolkien. Ospite d’eccezione della rassegna sarà l’illustratore Roger Garland, presente con alcuni suoi lavori originali. Moltissimi gli stand dedicati alla Terra di mezzo: dall’artigianato a tema alla riproduzione di armi, da miniature a giochi di ruolo, da costumi d’epoca a bandiere e stendardi, sono tanti gli espositori che daranno colore e forma al mondo fantastico creato da Tolkien. Un universo che continua a rifondarsi nel corso dei decenni, come ha dimostrato l’incredibile successo della trilogia cinematografica di Peter Jackson.
Cambiano le forme della comunicazione, ma quell’immaginario fatto di bene e male, di eroismo mite, di piccoli uomini che combattono per la libertà della loro terra e di antitotalitarismo senza retorica ha vinto la sua battaglia culturale. Aiutando tanti altri piccoli mondi, che volevano alzare la testa e aprirsi all’esterno, a vincere altre battaglie. Basti pensare che la prima copia della rarissima prima edizione del 1937 di The Hobbit è stata venduta a Londra, dalla casa Bonhams, per la cifra di 76.500 euro (60mila sterline), stabilendo un vero e proprio record.
Una cosa è certa e va al di là del rincorrersi delle cifre: il mondo nato dalla fantasia dello scrittore inglese è ormai diventato patrimonio di tutti, di milioni di appassionati di tutte le età. E forse proprio per questo, quello stesso mondo fantastico, negli anni Settanta, in Italia, fu adottato dai giovani della destra politica per cercare di scappare da un armadio pieno di muffa e di vecchi arnesi: busti mussoliniani, gagliardetti, camicie nere e saluti datati. E per uscire dal ghetto del nostalgismo, quei giovani si sono affidati alle gesta della Compagnia dell’Anello. Una scommessa azzeccata.
Fu proprio con la “scoperta” di Tolkien e dei suoi piccoli hobbit, infatti, che quei ragazzi riuscirono per la prima volta a parlare la lingua dei loro coetanei, ricacciando in soffitta i fantasmi della seconda guerra mondiale e ritrovandosi perfettamente a loro agio in un immaginario generazionale: Frodo & soci, in sostanza, hanno rappresentato per quell'universo giovanile il primo, vero, concreto tentativo di uscire dal tunnel del nostalgismo. Per questo non è esagerato dire che Tolkien ha aiutato la destra italiana a diventare normale. Quei giovani, magari senza accorgersene fino in fondo, cominciarono in quel modo a togliersi maschere e stereotipi spesso imposti dagli avversari. Innamorandosi di una favola per bambini, cominciarono ad aprirsi al mondo come nei prossimi giorni riaprirà al pubblico la torre Perrott’s Folly di Edgbaston. Rimasta chiusa per 20 anni, in maggio la torre alta 30 metri che ispirò JRR Tolkien quando scrisse Le due torri riaprirà: proprio in occasione del week end di celebrazioni tolkieniane.
Se fino ai primi anni '70 la destra italiana era ferma alla testimonianza, è come se attraversando la Terra di Mezzo, quei giovani cominciassero a rivolgere il proprio sguardo al futuro piuttosto che al passato, scoprendo, quasi per caso, che dalla loro vitalità potesse prendere forma qualcosa di nuovo e soprattutto di ottimista e positivo. E paradossalmente, attraverso la fantasia, quel mondo tornava a fare politica. Non bisogna dimenticare, infatti, che il Signore degli anelli, in America era diventato una vera e propria bibbia della contestazione universitaria, tanto che in tutte le università degli States circolavano i distintivi con la scritta Frodo lives, Frodo vive.
È con una strategia culturale per certi versi simile che in Italia prese corpo il progetto dei Campi Hobbit: la fantasia e la realtà, l’immaginazione e l’impegno politico si intrecciavano. Tolkien diventava il “patrono” di una rivoluzione estetica, all’insegna di “Gandalf è vivo e lotta con noi” come si poteva leggere in uno dei tanti striscioni di Campo Hobbit di Montesarchio, in provincia di Benevento. Hobbit e giovani di destra diventarono quasi sinonimi: e già questo, per gente che era considerata tout court pericolosa e golpista era già uno splendido successo. Vale la pena di leggere quello che J.R.R. Tolkien pensava della sua creatura fantastica, perché è anche da questa descrizione, attraverso i percorsi spiazzanti della cultura popolare, che la destra italiana è diventata quella di oggi: «Sono un hobbit (eccetto che nel fisico) – diceva Tolkien di se stesso – mi piacciono i giardini, gli alberi e le fattorie non meccanizzate; fumo la pipa e mi piace il buon cibo semplice (non surgelato) e detesto la cucina francese; mi piacciono, e ho, in questi grigi giorni, perfino il coraggio di indossarli, i gilè ornamentali. Mi piacciono i funghi (raccolti in un campagna); ho un senso dell’umorismo molto semplice (che perfino i miei critici amici trovano noioso); vado a letto tardi e mi alzo tardi (se posso). Non viaggio molto». Gente, tranquilla, insomma, questi hobbit che diventarono icona primaria della destra giovanile; gente pacata, senza troppi grilli per la testa, amante delle avventure raccontate, meno di quelle vissute: gente patriottica, certamente, ma di un patriottismo delicato, fatto di usi e costumi, di torte alla mela e di thé pomeridiani.
Chi vuole capire la destra di oggi, deve in fondo anche saper interpretare la svolta iconografica di allora: se le facce benevole e pacioccone di Bilbo Baggins e Sam Gangee si impossessarono della fantasia di quel mondo, qualche motivo doveva pur esserci. Tolkien come liberazione creativa e come fuoriuscita da mitologie incapacitanti, dunque. Si, possiamo dirlo: grazie Tolkien, grazie Frodo, per averci aiutato a diventare quel che siamo oggi.
Filippo Rossi, giornalista e scrittore (autore, con Luciano Lanna, del saggio-dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2003), ha cominciato al quotidiano Il Tempo, è stato caporedattore del settimanale l'Italia, direttore delle news di Radio 101 e collaboratore di diverse testate politico-culturali. Attualmente è coordinatore editoriale della fondazione presieduta da Gianfranco Fini, "Farefuturo".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Devo essere sincero ma non mi sono mai reputato o un tolkieniano, come Veneziani ritengo la scelta del libro il Signore degli Anelli una scelta sbagliata e una fuga della realtà da parte dei ragazzi di allora. Tuttavia non lo trovo un libro noioso ma un bellissimo libro di narrativa e basta.

Giovanni

Anonimo ha detto...

Ma perché i nazifascisti si riugiano in questi mondi finto-nordici e promisquamente "celtogrmanici(?)". E poi i Campi Hobbit erano cosa ben diversa che non campeggi per adolescenti pustolosi col vizio del saluto romano, dai, siamo seri...