Dal Secolo d'Italia di mercoledì 9 aprile 2008
Intendiamoci subito: la scelta energetica (come i sistemi elettorali) in politica non può essere un dogma. Ma chi scrive ci tiene a sottolineare che, comunque, resta obbligo degli operatori politici non lasciarsi prendere da mode passeggere e da campagne propagandistiche spesso strumentali. Da qualche anno va di moda una sorta di ritorno al nucleare sul quale qualche sospetto sarebbe comunque legittimo. Chi scrive individuava, sul finire degli anni ’70, i suoi pochi punti fermi in politica nell’europeismo, nella valorizzazione degli aspetti immateriali della cultura e, appunto, nell’ecologismo. Ricordo ancora le pagine del quindicinale Linea. «Nucleare? Dieci volte no», si leggeva sul numero 2 del marzo ’79. Seguì poi, sulla stessa rivista, un’ampia intervista al premio Nobel Konrad Lorenz, lo scienziato austriaco padre dell’etologia, che tra le altre cose ribadiva la sua totale contrarietà alle centrali nucleari. Un’analoga posizione la espresse nei primi anni Ottanta anche Ernst Jünger, il grande scrittore di destra che partecipò personalmente ad alcune manifestazioni giovanili anti-nucleari. Personalmente, nel mio piccolo, dedicai all’argomento anche il tema della mia maturità scientifica, nel luglio ’79, e nell’85 partecipai attivamente alla raccolta delle firme per il referendum che votammo nell’87. Per non dire della partecipazione alle manifestazioni di Fare Verde e delle proteste davanti alle centrali di Latina e di Montalto di Castro. E alla luce di tutto questo, chi scrive continua a rivendicare quelle scelte anche perché la scienza ne conferma la giustezza.
È il premio Nobel Carlo Rubbia, massimo esperto mondiale di questioni attinenti all’energia, a dire: «Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni 100 anni un incidente nucleare è possibile». Secondo lo scienziato non possiamo infatti continuare a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. In ballo c’è anche l’uranio, il combustibile necessario all’energia nucleare: «Non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l’uranio è destinato a scarseggiare...». Detto questo, tutto il resto salta: «Quando è stato costruito – si chiede Rubbia – l’ultimo reattore nucleare in America? Nel 1979, trent’anni fa! E quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Il 20 per cento. Ricordiamoci che per costruire una centrale occorrono 8-10 anni di lavoro e che la tecnologia si basa su un combustibile, l’uranio, appunto. E poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie...». Insomma, se la scienza punta sul solare, perché puntare su battaglie di retroguardia? Il dilemma lo spiega lo stesso Rubbia: «Il sole non è soggetto ai monopoli. E non si paga la bolletta. E questa sarebbe una grande opportunità per l’Italia: se non lo faremo noi – conclude lo scienziato – molto presto lo faranno gli americani, com’è accaduto per il computer 20 anni fa!».
È il premio Nobel Carlo Rubbia, massimo esperto mondiale di questioni attinenti all’energia, a dire: «Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni 100 anni un incidente nucleare è possibile». Secondo lo scienziato non possiamo infatti continuare a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. In ballo c’è anche l’uranio, il combustibile necessario all’energia nucleare: «Non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l’uranio è destinato a scarseggiare...». Detto questo, tutto il resto salta: «Quando è stato costruito – si chiede Rubbia – l’ultimo reattore nucleare in America? Nel 1979, trent’anni fa! E quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Il 20 per cento. Ricordiamoci che per costruire una centrale occorrono 8-10 anni di lavoro e che la tecnologia si basa su un combustibile, l’uranio, appunto. E poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie...». Insomma, se la scienza punta sul solare, perché puntare su battaglie di retroguardia? Il dilemma lo spiega lo stesso Rubbia: «Il sole non è soggetto ai monopoli. E non si paga la bolletta. E questa sarebbe una grande opportunità per l’Italia: se non lo faremo noi – conclude lo scienziato – molto presto lo faranno gli americani, com’è accaduto per il computer 20 anni fa!».
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, del saggio dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale di cultura politica Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.
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