martedì 27 maggio 2008

Ancora svolta, come nel '68 e negli anni '80 (di Tintin)

Corsivo di Tintin
Dal Secolo d’Italia di martedì 27 maggio 2008
Con un suo importante libro del 1977, Movimento e istituzione, ci spiegò il senso del ’68 e di tutto quello che ne scaturì. Nel 1979, anticipò la scoperta del privato e il riflusso degli anni ’80 col best seller Innamoramento e amore. E ieri, sempre Francesco Alberoni, col suo corsivo del lunedì sul Corsera ci ha spiegato meglio di altri il profondo mutamento, antropologico prima che politico, che ha cambiato l’Italia. «Per molti anni – spiega il sociologo – siamo vissuti in un mondo di affermazioni ideologiche non provate con cui destra e sinistra descrivevano il mondo a piacimento. Se per uno il terremoto era grave per l’altro era lieve, se per un l’economia andava a rotoli per l’altro prosperava. E così per la criminalità, la scuola...».
Ecco, secondo Alberoni, finalmente, tutto questo è finito: «L’Italia ha riacquistato il senso della realtà... oggi la gente torna a vedere la realtà perché ricomincia a parlare, a esporre le proprie opinioni senza il timore di venir insultata e coinvolta in una rissa». In una sorta di redenzione collettiva, stiamo scoprendo che, se ciascoltiamo senza pregiudizi ideologici e guardiamo i fatti, spesso arriviamo alle stesse conclusioni condivise. La rivoluzione della realtà e della concretezza: è sotto questa spinta sociale che la politica sta cominciando velocemente a parlare il linguaggio del “buon senso”, senza distorsioni dovute alla difesa di rendite di posizione: «Oggi tutti chiedono sicurezza, trovano giusto che il capo del governo si incontri col capo dell’opposizione, condannano i minorenni che stuprano o uccidono le adolescenti e accettano che un ministro proponga che i funzionari che non lavorano possano venir licenziati». Certo, allerta Alberoni, c’è anche qualcuno che non ha ancora capito che l’Italia è cambiata definitivamente. Ma sono solo gli ultimi giapponesi che continuano a combattere, invasi di nostalgia per una guerra ormai finita. C’è solo da sperare, aggiungiamo noi, che nessuno li utilizzi strumentalmente per tentare una restaurazione che non farebbe bene a nessuno.
Tintin non sono io, né so di quale collega sia lo pseudonimo. Ne pubblico (e raccolgo) i corsivi qui con l'intento di sottrarli alla breve vita dei quotidiani e confidando di alimentare - se vi va - un confronto sui contenuti.

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