Dal Secolo d'Italia di giovedì 29 maggio 2008
Il fumetto, per la sua capacità di sintesi fra parola e immagine e per la sua vocazione intergenerazionale e interclassista, è sempre più veicolo di idealità che trascendono i generi toccati (storia, mistery, fantastico) e si pongono nei confronti del pubblico in funzione educativa ed esemplare. In questa prospettiva, il caso normalmente citato è quello di Dylan Dog, più volte utilizzato in campagne promozionali su temi scottanti come la droga o il randagismo. Il personaggio inventato da Tiziano Sclavi è addirittura sovraesposto rispetto alla sua effettiva levatura morale, fondata su principi etici positivi ma alquanto morbidi e su “messaggi” spesso troppo trasparenti per poter essere presi sul serio e introiettati. L’“investigato re dell’incubo” è un personaggio troppo legato all’attualità per poter immortalare tavole di valori durevoli e indifferenti al rivolgersi delle mode. Non c’è da aspettarsi altro che un piacevole intrattenimento pure dalla versione cinematografica che si sta girando in questi giorni dalle parti di Hollywood. Allora, accanto a Dylan Dog e ad altri beniamini del pubblico di tutte le età, non sarà il caso di pensare a un’alternativa, ad un personaggio che riesca a trasmettere ideali forti senza gridarlo a ogni didascalia, con azioni, omissioni, silenzi che dicono più di mille parole, che si stampano nella mente e nel cuore del lettore senza darlo a vedere?
Questo personaggio c’è. Zitto zitto, senza troppi clamori mediatici, si è ritagliato un pubblico di fedelissimi, che da un quarto di secolo non si perde una puntata della sua saga infinita. Si chiama Dago, è stato creato da Robin Wood ai testi e da Alberto Salinas ai disegni e la sua prima apparizione originale è del 1981, mentre in Italia è portato nel 1983 dall’Eura, che ne edita le nuove avventure su Dago e Lanciostory e le ristampe su Skorpio, I giganti dell’avventura e, a colori, su Euracomix. Il nostro ha avuto anche l’onore di essere inserito nell’ideale “hall of fame” del fumetto lanciata da la Repubblica con i suoi inserti cartonati. I disegnatori principali sono il ricordato Alberto Salinas, maestro nelle ombre e nell’incastro delle tavole; e Carlos Gomez, più luminoso e attento al dettaglio di ambiente. Nei volumetti monografici, a Salinas e Gomez si sono affiancati disegnatori come Pedrazzini, Gomez, Caliva, Canelo, Roman, Mulko, Mendez.
Le avventure di Dago sono state pubblicate anche in Spagna e in tutti gli stati latino-americani; in Paraguay, paese d’origine di Robin Wood, è stato addirittura emesso un francobollo; In Italia è stata organizzata una mostra a Padova, con allestimenti fatti di giochi di tele e luci volti a ricreare un’ambientazione evocativa. Ma chi è Dago e perché ne parliamo? Buona domanda, perché quello di Dago, in realtà, è solo uno dei molti nomi ed epiteti con cui il personaggio viene definito nel corso delle sue avventure: egli nasce come Cesare Renzi, nobiluomo nella Venezia del sedicesimo secolo; ha tutto dalla vita e medita di impalmare la sua fidanzata; ma il marchese Bertini e il suo perfido alleato Barazutti, con la complicità dei turchi, vogliono mettere mano sul potere detenuto dalla famiglia Renzi e, per farlo, non esitano a sterminare l’intera famiglia. Barazutti si occupa personalmente di Cesare, suo rivale in amore, e lo lascia morto in acqua con un daga nella schiena; ma Cesare si salva miracolosamente e, in ricordo di quanto è accaduto, prenderà il nome di “Dago” e mediterà vendetta. Da questo momento, inizia la seconda esistenza di Cesare, anzi, la prima di numerose reincarnazioni in vita: schiavo, riesce a sopravvivere al remo e alla palude; entra nelle grazie dei potenti di religione islamica (Barbarossa, il re-corsaro di Algeri, e di Ibrahim, Gran Visir di Solimano il Magnifico), diventando il loro fedele braccio destro con l’appellativo di “rinnegato”; entra nel corpo d’elitè dei giannizzeri, e da allora viene chiamato “il giannizzero nero”; dopo una serie di peripezie in Africa, torna in Europa, dove è protagonista nei più importanti snodi storici, fra cui il sacco di Roma; tenta, infine, la strada del Nuovo Mondo, dove assiste alle dubbie gesta dei “conquistadores”. Nel corso della sua vita avventurosa ha modo di incontrare molti personaggi realmente esistiti, come papi, re ed imperatori (Francesco I, Carlo V), artisti (Cellini, Michelangelo), avventurieri (Pizarro, Cortez), personaggi leggendari (Vlad Tepes conosciuto anche come “Dracul”).
Qual è il segreto del successo di Dago? Uno è sicuramente il collaudato meccanismo narrativo della “vendetta”, che ha fatto la fortuna di personaggi come il conte di Montecristo di Dumas o, ai giorni nostri, i “Principi demoni” fantascientifici di Jack Vance. Il lettore si eccita al conto alla rovescia che, sia pure dilatato nel tempo, porta alla progressiva eliminazione dei congiurati. Ciascuno di noi si immedesima nella feroce caccia all’uomo di Dago, la stessa che, in cuor nostro, senza ammettere questo fondo oscuro della nostra anima, scateneremmo sui nostri inconfessati nemici. Ci appassiona l’idea che un uomo solo, a dispetto di ogni avversità, riesca a ristabilire l’equilibrio del torto e della ragione, consegnando al loro destino i potenti che la giustizia umana non ha saputo punire. Ma, sia chiaro, non ci troviamo di fronte ad un giustiziere: alle origini di Dago, come per Batman, c’è un delitto traumatico, l’uccisione dell’intera famiglia, che ne fa, con le parole del suo creatore, un uomo «…tanto sinistro, tanto duro. Non parla mai, non guarda mai negli occhi. È come una belva in gabbia…è pieno di amarezza. Tutto ciò che ha amato è morto o distrutto. Vive schiacciato dai fantasmi e dalla rabbia. Non ha nome, né libertà, né razza, né sogni... Le galere, le sanguisughe, le tombe, la peste l’hanno trasformato in un mostro più che pericoloso». E la vita successiva, pur piena di traversie e lutti, attenuerà paradossalmente le asprezze di questo ritratto di uomo macerato nell’odio, imprigionato in un carcere di rancore; esaurita la vendetta, la sua lotta contro ogni sopruso individuale ed ogni stortura sociale non viene meno, anzi, si rafforza su teatri sempre più vasti e remoti. Solo a un certo punto della sua vicenda terrena, il nostro guerriero stanco di troppo sangue si da a costruire una casa, il simbolo di tutto ciò che fino a quel momento non ha avuto, la stabilità, la sicurezza, il riferimento d’un luogo dove, forse, fermarsi, farsi una famiglia, invecchiare e, infine, serenamente, morire.
Un altro aspetto accattivante di Dago è lo smisurato respiro storico e geografico della sue vicende, il loro midollo avventuroso, l’intreccio di duelli e battaglie campali, amori di una notte e grandi passioni, intrighi politici e tensioni religiose che di recente, a proposito della letteratura nostrana, ha fatto parlare di “nuova epica”. I suoi nemici sono lasciati marcire all’inferno. Le sue donne sono amate per il tempo di un fuggevole incontro e abbandonate dolcemente con il pegno di una lacrima, senza rimpianti. Dago è un eroe italiano e insieme globale, perché viaggia in tutto il mondo conosciuto, conosce più lingue, è tollerante nei confronti delle diverse culture in cui si imbatte.
Ma l’aspetto più interessante di Dago è, come anticipavamo, la sua dirittura morale. Dice di lui Roxana, la favorita del sultano Solimano. «Non è avido. Respinge onori e ricchezze. Non accetta corruzione né incarichi. Vive lontano dalla corte, quasi umilmente». Questa modestia, insieme al coraggio, alla fedeltà e al senso di giustizia, sono i valori etici di un eroe nell’involucro di un disincantato antieroe, alieno a qualsiasi slancio retorico, pratico e dimesso anche nell’atto più cavalleresco. Ci sembra che questo comportamento sia da prendere come modello a tutti i livelli della nostra società, dalla classe politica alle giovanissime leve, passando per quella generazione di mezzo che da tempo ha abdicato a qualsiasi forma di partecipazione civile.
Errico Passaro, Ufficiale dell'Aeronautica Militare, dottore in giurisprudenza, è giornalista pubblicista. Ha pubblicato su testate e collane professionali un saggio in volume, oltre 100 racconti e cinque romanzi: Il delirio, Solfanelli; Nel solstizio del tempo, Keltia; Gli anni dell'aquila, Settimo Sigillo; Le maschere del potere, Nord; Inferni, Secolo d'Italia. Dal 12 maggio è in uscita il romanzo fantasy (scritto con Gabriele Marconi) Il Regno Nascosto (Dario Flaccovio Editore).
1 commento:
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