Dal Secolo d'Italia di mercoledì 4 giugno 2008
La prefazione che Roberto Saviano ha scritto per la nuova edizione di Dispacci, storico libro di Michael Herr sulla guerra del Vietnam, costringe a uscire allo scoperto con un giudizio che non piacerà a molti, forse nemmeno allo stesso scrittore napoletano. Ma a questo punto va detto. Le parole di Saviano sul libro che seppe raccontare dal di dentro la guerra e che ispirò sia Full Metal Jacket e Apocalypse Now sono l’ennesima prova di quello che sospettiamo da tempo: Saviano è di gran lunga il più raffinato intellettuale che in questo momento, in Italia, la destra culturale può leggere, sentire come affine e apprezzare fino in fondo. La sua capacità estetica di arrivare al cuore dell’uomo senza preconcetti ideologici; la sua attrazione letteraria per le situazioni limite, le uniche che posso svelare l’anima profonda dell’essere umano; la capacità eroica di capire la realtà senza giustificare, continuando a saper scegliere da che parte stare… queste e altre caratteristiche non possono che portare Saviano tra gli scaffali nobili di una libreria che vede, uno affianco agli altri, Jünger e Céline, Larteguy e Houellebecq… La capacità di Saviano di descrivere con partecipazione e disincanto la tragedia individuale dell’uomo al fronte – qualsiasi fronte, qualsiasi guerra – non può in effetti che far ricordare lo Jünger di Tempeste d’acciaio. È, d’altra parte, la stessa capacità che Saviano accredita a quel Michael Herr che ai democratici americani che lo accusavano di piangere per i marine, rispondeva: «Quando mai voi democratici siete riusciti a piangere per qualcuno?». Ecco, Saviano si pone esplicitamente contro la convinzione tutta progressista «che ci si possa porre da un punto di vista morale equanime ed equidistante, discernendo tra torto e ragione, bene e male», perché – spiega – «esistono solo parti, guerre, idee, scelte politiche, insomma esistono le cose che devono essere raccontate affrontate e scelte di volta in volta, senza pretendere di stare dalla parte del giusto. O del torto».
Tintin non sono io, né so di quale collega sia lo pseudonimo. Ne pubblico (e raccolgo) i corsivi qui con l'intento di sottrarli alla breve vita dei quotidiani e confidando di alimentare - se vi va - un confronto sui contenuti.
3 commenti:
Caro Rob, non ho capito il riferimento a Junger...forse ci stava meglio un Celine, non per lo stile, ma per i temi, anche se resto decisamente perplesso sul metodo arraffa l'autore di moda...non vorrei vedere altre prese di distanza sul corriere ;) un saluto
:))
Un saluto a te, carissimo.
Anche a me il paragone sembra un po' forzato. Una roba alla D'Orrico, che su Saviano ha scritto di tutto pur di farlo sembrare un intellettuale e dargli una statura che va oltre i meriti di un buon scrittore.
Alla fine questo Saviano mi sembra un po' troppo corteggiato :-)
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