Dal Secolo d'Italia di sabato 11 ottobre 2008
Mai dedica è stata più opportuna. E appropriata. È quella che Giovanni Belardelli ha fatto ieri sul Corriere a tutti coloro che protestano «se un regista americano fa un film sui tedeschi e i partigiani che non ha visto ma non gli piace»; a tutti quelli che «paragonano l’Italia di oggi a quella di Mussolini». Insomma, Belardelli ha dedicato a chi continua a usare «la storia come un’arma per dividere un paese già diviso» una citazione del 1928 di Paul Valery che calza a pennello alle polemiche politico-storiografiche di questi ultimi anni.
«La storia – scrisse lo scrittore francese – è il prodotto più pericoloso che la chimica dell’intelletto umana abbia elaborato. Essa fa sognare, inebria i popoli, produce in loro falsi ricordi, esagera i loro riflessi, mantiene aperte le loro vecchie piaghe, li tormenta nel riposo, li conduce al delirio di grandezza o di persecuzione, rende le nazioni amare, superbe, insopportabili e vane...». Sì, è proprio vero, la politica italiana dovrebbe fare una cura di oblìo. Ed è per questo che ci permettiamo di ripescare un’altra citazione che calza a pennello. Ha scritto Nietzsche: «L’uomo resiste sotto il sempre più grande carico del passato: questo lo schiaccia a terra e lo piega da parte. Per ogni agire ci vuole oblìo: come per la vita di ogni essere organico ci vuole non solo luce, ma anche oscurità. La lieta azione, la fiducia nel futuro dipendono dal fatto che si sappia tanto bene dimenticare al tempo giusto, quanto ricordare al tempo giusto». Ecco, per la politica italiana è ormai arrivato il tempo di dimenticare. Perché – sempre utilizzando Nietzsche – se la vita è agire, vita è anche saper dimenticare. Sta invece agli storici occuparsi di altro. Di quell’altro che Jünger ha descritto alla perfezione: «Il compito dello storico è tragico: in ultima analisi ha a che fare con la morte el’eternità. Da ciò deriva il suo aggirarsi tra le tombe, il suo rovistare tra le macerie...». Ma con questo la politica non c’entra niente.
Filippo Rossi, giornalista e scrittore (autore, con Luciano Lanna, del saggio-dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2003), ha cominciato al quotidiano Il Tempo, è stato caporedattore del settimanale l'Italia, direttore delle news di Radio 101 e collaboratore di diverse testate politico-culturali. Attualmente è coordinatore editoriale della fondazione presieduta da Gianfranco Fini, "Farefuturo".
3 commenti:
Lo stesso oblio nel quale è caduto il Secolo d'Italia.Anche adesso che le sue idee scarse stanno per essere mandate definivamente al machero. Ciak, finalmente si chiude?
Anonimo...
Io sono pienamente d'accordo con chi vuole costruire e non distruggere! In questo non si può usare il "ricordo", la "storia", la "cronaca" in modo perenne. Un fatto, nello stesso momento che è accaduto, DEVE essere dimenticato, infatti l'uomo è in continuo divenire, nella buona come nella cattiva sorte. Il Garante ha pienamente ragione quando critica google e i motori di ricerca: è assolutamente una cosa ILLECITA "uccidere civilmente" ogni persona cui il nome appare su internet! Anzi qualche Procuratore della Repubblica dovrebbe aprire una indagine e fare oscurare, in Italia, tutti i siti che riportano dati, (articoli, giornali, stampe, archivi e quanto d'altro), superiori al massimo di 5 anni! Come la mettiamo poi con le testate dei quotidiani - vedi: Corriere della Sera" - che solo in questo ultimo anno si permettono di ripubblicare nuovamente (questa volta però su internet, in disprezzo di ogni Legge) i giornali di 20/30 anni fa?
E' opportuno, anzi indispensabile e necessario che la Giustizia ed il Parlamento Italiano intervengano!
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