domenica 25 gennaio 2009

50 anni fa nasceva Barbie, la femminista oltre le femministe (di Ivo Germano)

Articolo di Ivo Germano
Dal Web Magazine della Fondazione Farefuturo 25 gennaio 2009
Cinquant’anni “a tutto pop”. Parliamo ancora di lei, Barbie, al centro esatto della cultura materiale. A metà dei suoi primi cinquant’anni si riscopre, pensate un po’, una vera femminista. La bambolina più desiderata al mondo, con leggero tocco di classe, va oltre la pedagogia segnaletica di veline e strapponcine, per essere antropologia del kulturkampf contemporaneo.
Proprio Barbie, simbolicamente, stordisce un Andy Wahrol sfuggendo alla stigmatizzazione come “modello deteriore” e consumistico: vero e proprio attentato alla piena maturazione dell’identità femminile.
Alle vestali del postfemminismo ai vigilantes della buonacreanza sociale e culturale, vittime della più profonda incomprensione, Barbie comunica che non è una semplice bambola, piuttosto, è un’icona della cultura pop; anzi, un manufatto pop che va al di là del tempo e dello spazio. Non facendo altro che testimoniare il potere del gioco fra gli uomini, “terra di mezzo” fra natura e cultura che non può certo essere derubricata a passatempo e gestione del tempo libero. Le rigide manine di bambola, momentaneamente, gli occhi profondi e allegri non si rabbuiano mai e non è colpa di nessuno, se la bambolina appare come uno dei pochi oggetti che sono stati capaci nel tempo di creare attorno a sé un vero e proprio immaginario, coltivato, come giardino delle delizie. Una bella passeggiata per il web, per scoprire così come esistano forme di collezionismo puro, nonché di conservazione di tanti esemplari di Barbie. Alimentando una reale filologia nel e del fandom che si diletta a rendere Barbie più contemporanea, alla luce di un legame speciale che si rinnova con quella che è sempre stata e rimane la diva che manca, oggetto d’invidia e di emulazione da parte delle donne e di fascino per gli uomini.
Dalla Pop Art alla “Società dello Spettacolo”, dall’evo televisivo al Web, dal “baby boom” al sex appeal delle forme cibernetiche. Insomma, dal 1959 al domani: tutto quello che riguarda il sogno in rosa di un feticcio quotidiano, diviene metafora del racconto contemporaneo della bellezza del corpo, dello stile di vita, e del senso di possesso collettivo di un prodotto che si fa oggetto e parabola comunicazionale.
Barbie genera così un luogo geometrico dell’importanza e della serietà funzionale dell’apparenza. Un così grande interesse mediologico e non nei confronti di Barbie produce un pluriverso simbolico costituito da mostre, esposizioni, testi, saggi in continua tensione fra la bambola e la mitopoiesi oggettuale: dimostrandoci, nonostante Bratz e Winx, quanto sia difficile lasciarsi alle spalle un simbolo del tempo e una grande e piccola epifania della culura materiale, un feticcio ed un oggetto di consumo, nonché mito contemporaneo, diva mediatica, star, icona pop seducente e sistema di rappresentazione in rosa. Un terreno di caccia e di scoperta stimolante della spettacolarizzazione avvenuta della realtà esterna, della quale Barbie è forse la metafora assoluta sul versante non solo femminile. Non si tratta, tuttavia, della sclerotizzazione dell’identità, quanto piuttosto di un magico incrociarsi mediologico che ha cementato un determinato tipo di richiamo e di fascino dell’eterno femminino.
Barbie fa surf fra finzione e realtà, moda e pubblicità, visione e condivisione di stile nella perfezione di un mondo di favola che utilizza la bambola come struttura narrativa e spettacolare di un corpo che è uno dei canoni per eccellenza. Secondo gli stilisti, Barbie è la top model più alla portata di tutti, potendo comunicare che non c’è nulla di più serio dell’apparenza. La verità vera e che la “Barbiecultura” non si limita a chiudere il XX secolo come “il secolo in rosa”, ma offre interpretazioni a volontà anche nel XXI. Dunque, Barbara Millicent Roberts (in Mattel…) detta Barbie nata il 9 marzo 1959 ad Atlanta, la città di Rossella O’Hara, eroina di Via col vento. Barbie è lì a dire, prima di tutto, che “domani è un altro giorno e che sarà meglio di oggi” e che non è mai troppo la curiosità sui riti, sui miti, sulle icone della vita quotidiana, per comprendere la contemporaneità. Extraludicamente, l’icona di Barbie ha dato il là, ad un nuovo modo di rappresentare il sentire e l’apparire degli oggetti e delle cose.
Se, persino, Kubrick, il genio assoluto della cinematografia mondiale ha fermato il suo occhio visionario sulla forma molteplice di Barbie, oppure, se le femministe americane ci aprono i loro siti internet al grido di “uccidiamo il patriarcato a colpi di barbie”, qualcosa vorrà pur dire…
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