Farsi degli amici "Certo, farsi degli amici è diverso!" mi aveva detto Armando, il mio vicino di scrivania anche lui affetto dal nuovo morbo e con ben quattromila “faccine” amiche. Ma ci si può pure accontentare: e, di fatto, io ero contento. Essì, convincere Leonilde a intercedere per il prestito a Giulio è stata dura. All’inizio non voleva saperne neanche di vederlo - in tal caso avrebbe visto le mie foto con Giuditta e, sebbene fossi venuto meglio di quelle che ho pub-blicato su Facebook - lo sfolgorio di un uomo finalmente tra le braccia della donna della sua vita - non penso le sarebbero piaciute.
di Gaetano Cappelli
Racconto
Appena in ufficio accesi il computer. Mi sdraiai sulla poltroncina ergonomica in dotazione e mi disposi a godermi quella dolce sensazione che ti dà aprire la posta e trovarla piena zeppa di messaggi - non di lavoro s’intende!
Accadeva ormai da tre mesi. Da quando cioè anch’io m’ero lasciato prendere da questa nuova mania, avevo pubblicato le mie foto su Facebook e la mia casella aveva iniziato a riempirsi, giorno dopo giorno, di mail di gente - per lo più bella gente, o almeno simpatica - che avevo voluto conoscere e viceversa. Al momento, grazie a questa specie di gioiosa inebriante catena di Sant’Antonio, avevo ormai inanellato tremiseicentoventitre amici, e forse proprio il fatto che, come immagino accada alle star con i loro fans, ne conoscessi davvero appena un paio di dozzine, mi innalzava al ruolo di una semi-celebrità.
Così iniziai con la solita allegra solerzia a spulciare le decine di richieste di amicizia che anche per quel giorno mi erano arrivate, ad analizzare le foto e le vite di ognuno, a scandagliarne i diversi destini partendo da particolari minimi - chessò il taglio di una giacca, una particolare postura, l’arredo di un ambiente - appassionandomi come l’uomo invisibile che entra nella vita di chiunque, salvo ad arrestarmi di colpo davanti a questo messaggio: “Giulio Loudenzi ti ha aggiunto ai suoi amici su Facebook. Per convalidare la richiesta devi confermare di conoscere Giulio”.
Giulio Loudenzi: questo non era certo chiunque. Sì, lo conoscevo. Eccome se lo conoscevo… purtroppo. Lo avevo odiato per anni. E per anni avevo faticato a dimenticarlo. Era praticamente l’unico dei miei compagni d’università che non avevo provato a rintracciare su Facebook. Lei no. Il suo era stato il primo nome che avevo digitato: Giuditta-LaBella di nome... e bellissima di fatto. Tutti impazzivano per lei a Economia. Lei, invece, era impazzita per me; almeno finquando, all’orizzonte, non era apparso Giulio - che dio la stramaledica!
Era un ragazzo splendido, Giulio. Ricco e meravigliosamente scapestrato; aveva cioè tutto quello che l’uomo che ti strappa la donna della tua vita deve avere. Così nonostante fossero passati più di ventanni, io mi fossi sposato e con dei figli - tre per l’esattezza e ormai grandi - il primo impulso davanti a quel nome fu di cliccare “ignora” sotto la richiesta e scaraventare Loudenzi nel limbo in cui lo avevo faticosamente relegato e da cui adesso cercava di riemergere. Ma poi il miraggio di rivedere, tra le sue foto, magari quella di Giuditta - avrei finalmente saputo com’era adesso, se era rimasta bellissima come una volta - fu una tentazione troppo forte. Così cliccai su “conferma” e io e Giulio, sebbene lo odiassi, tornammo per questo gran miracolo dell’era elettronica, a esser amici come lo eravamo stati prima; prima che lui si prendesse il mio grande, unico amore.
Devo dire che ne valse la pena: narcisista e com’era non me lo sarei mai aspettato, ma aveva riempito l’album di Facebook di decine e decine di foto della moglie, per lo più rubate, non in posa, e Giuditta vi appariva adesso in tutto il suo sfolgorante maturo splendore, se possibile, più bella che allora. Ci avrei perduto di nuovo la testa e ce la persi guardandola scosciata su un divano sontuoso, o mentre in pelliccia si fissava in uno specchio, o su una spiaggia esotica si allacciava il pareo al seno.
Passai la mattinata a guardamela e riguardarmela. La notte non dormii. Leggendo il profilo di Giulio seppi che, dopo la parentesi americana, era tornato a lavorare nell’azienda del padre. Quindi vivevano a Napoli! E saperlo, il fatto di saperla di nuovo vicina, mi provocò un’ulteriore accensione. Ero pieno di sogni e desideri. Ero preso di lei come mai lo ero stato. La mattina dopo arrivai in ufficio assai prima del solito. Riavviai il computer. Riaprii Facebook. C’era un messaggio di Giulio.
“Ehi carissimo! Io ardo dalla voglia di rivederti. E così pure Giuditta. In questi anni abbiamo pensato a te come a un amico insostituibile. Perché non ci vediamo. Per una cena da noi, a casa. Domani sera? Leggo su Facebook - che gran miracolo che è questo Facebook! - che sei sposato: ovviamente porta anche tua moglie.”
Mia moglie Leonilde, è un pezzo grosso, in banca, ed è sempre in giro per il mondo. Avrei anche potuto rinviare l’appuntamento al suo rientro ma preferii andarci da solo.
Anche Giulio, quando arrivai, non c’era.
Giuditta mi aprì la porta. Aveva un abito di seta smeraldo con una scollatura profonda come il silenzio che c’era intorno. Mi sorrise inclinando il viso. Mi baciò sulla bocca. Proprio come non fosse mai scappata con Giulio. Come fossimo gli innamorati di un tempo.
Rimasi silenzioso mentre mi faceva sedere sul divano sontuoso della foto. Accavallò le gambe sul perno del tacco a stiletto. Mi baciò ancora. Di nuovo. Ancora. Era come una specie di sogno. Un sogno erano i suoi seni pieni, i suoi fianchi ampi. La sua voce che mi sussurrava ti voglio ti voglio, non ho mai smesso di volerti. Poi ci fu un rumore. Una porta si aprì e vidi Giulio, il volto seminascosto dietro una macchina fotografica. Si sentì un sibilo a ripetizione. Giuditta che continuava a stringermi ansimando. Io che cercavo di liberarmi del suo abbraccio. Lei che non mi mollava finché Giulio non scoppiò a ridere. "Basta così, amore!... o non è che ci hai preso gusto?"
Poi, a cena dai Loudenzi ci siamo andati insieme e m’è sembrato proprio che, nel frattempo, su Giulio mia moglie avesse cambiato idea. Anche Giuditta, con me, è stata molto ma molto disponibile - perfino prima del prestito. Ora che la situazione s’è ulteriormente evoluta, Facebook un po’ mi annoia e dovrò dirglielo, prima o poi, ad Armando, il mio vicino di scrivania affetto pure lui da questa nuova mania, che a volte Facebook può servire anche a “farteli”, degli amici.
Da Il Mattino del 24.12.08
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