Articolo di Errico Passaro
Dan Simmons è considerato, quasi all’unanimità, il più grande scrittore del fantastico attualmente vivente (e, quando si dice “fantastico”, si intende rimarcare la facilità con cui sa spaziare, con esiti sempre stupefacenti, nella fantascienza classica come nell’“horror” e nella “fantasy” vera e propria). Ha vinto a ripetizione tutti i premi possibili e immaginabili nel suo settore: il più classico Premio Hugo, ma anche il Locus, lo Stoker, il Fantasy Award... Ogni sua uscita è di per sé una notizia, e anche una semplice ristampa attira le attenzioni giornalistiche. Nato nel 1948, a Peoria nell’Illinois, si è poi laureato nel 1971 dedicandosi per circa dieci anni all’insegnamento per poi passare, forte di una cultura multiforme, alla sua narrativa. Basti pensare che The Hollow Men rievoca suggestioni dantesche e la lezione di T.S.Eliot con una struttura che si basa su quella dell’Inferno; Hyperion deve la sua struttura a I racconti di Canterbury e insieme a The Fall of Hyperion fa un esame dei temi cari a John Keats ponendosi le stesse domande che il poeta si pone nei poemi omonimi; Carrion Comfort deriva il titolo da un’opera di Gerard Manley Hopkins e un suo racconto del ’93, The Great Lover, trae ispirazione dalla produzione dei poeti morti nelle trincee durante la Grande Guerra.
Nessuno stupore, quindi, se ci occupiamo oggi della nuova pubblicazione in versione integrale di quello che, personalmente, riteniamo il capolavoro di Simmons, Danza macabra (Gargoyle Books, pp. 949, euro 19,50, introduzione di Gianmaria Contro, traduzione di Annarita Guarnieri, revisione e note di Paolo di Cre scenzo, la cui prima edizione italiana era stata pubblicata dalla casa editrice Interno Giallo nel 1992). L’avremmo fatto comunque – anche se, per ipotesi, la sua scrittura e le sue idee ci avessero lasciato indifferenti – in ragione dell’oggettiva importanza che esso riveste nella letteratura di genere contemporanea e dei riconoscimenti che le sue opere hanno ottenuto nell’arco di un quarto di secolo. A maggior ragione, lo facciamo per l’amore appassionato che ci lega a questo autore e che – lo diciamo subito, a scanso di equivoci – ci potrà forse far perdere la consueta, flemmatica obiettività che cerchiamo di coltivare in ogni nostro giudizio critico. Eppure, crediamo di non andar molto lontano dal vero se arriviamo ad affermare che l’autore di Peoria, non solo è il più grande nel suo genere, ma, come è stato generosamente detto dal grandissimo Stephen King, è in assoluto uno dei più validi scrittori e narratori americani del nostro tempo. Le sue storie hanno una tale capacità di penetrazione del sociale che pochi altri narratori mainstream contemporanei possono vantare e, come testimonia questo romanzo uscito quattro lustri fa, resistono all’usura del tempo e degli anni, anzi, con il passare degli anni si ammantano di una patina preziosa che le fa rifulgere di luce propria fra tanta bigiotteria letteraria.
Va bene, direte voi lettori, ma perché ci stanno dicendo tutto questo? Perché stavolta vengono abbandonati gli abituali toni cauti e compassati da quotidiano per questi osanna estremamente elegiaci? Che cosa avrà mai fatto Dan Simmons per fari perdere il lume della ragione al recensore e critico e farlo lanciare in questi complimenti sbrodolati? In realtà, tutto questo è difficile a dirsi. Sapreste voi spiegare il motivo per il quale amate l’uomo o la donna della vostra vita? Non vi sembrerebbe di ridimensionare e banalizzare il vostro sentimento, cercando di spiegare le ragioni che hanno suscitato in voi un attaccamento viscerale verso quella certa persona? Qualsiasi cosa dicessimo per dare un senso e una giustificazione alla nostra altissima considerazione di Simmons, non varrebbe allo scopo, peggio, catturerebbe solo un aspetto della forza dell’autore e terrebbe in ombra tutte le sfaccettature e le cromie della sua arte.
Potremmo dire che Simmons ha la capacità più unica che rara (e da noi invidiata/agognata, quando da giornalisti e critici proviamo a trasformarci in narratori) di scrivere in una forma che è elegante senza essere ampollosa, densa senza perdere in leggibilità, sofisticata senza cadere nel citazionismo e nel triplo salto mortale stilistico. Potremmo dire che, solo fra tanti, riesce a dare ai suoi racconti della quotidianità un respiro epico che altri scrittori meno dotati riescono a raggiungere solo dilatando a dismisura la dimensione spazio-temporale delle loro vicende d’in venzione. Potremmo dire che la sua capacità di trattamento delle idee riesce a rinverdire anche tematiche usate ed abusate, come quella dei “vampiri psichici” di Danza macabra, che hanno illustri precedenti in Sir Arthur Conan Doyle, Guy de Maupassant, Arthur Schnitzler, Emile Zola e, più di recente, Isaac Asimov, Frank Herbert, Robert Heinlein. Potremmo dire questo e altro, ma riusciremmo a cogliere solo un frammento della complessa personalità letteraria di Dan Simmons. Fatevi da voi un’idea dello smisurato talento dell’autore di romanzi indimenticabili quali Hyperion e Ilium, L’inverno della paura e L’estate della paura, Il canto di Khali e I figli della paura. Immergetevi con tutti voi stessi nell’avvolgente gioco di Melanie, Willi e Nina, i burattinai della mente, i possessori del Talento (metafora di ogni potere assoluto, autoritario, liberticida e prevaricatore), ogni anno riuniti per discutere l’andamento della loro “caccia all’uomo”, fin quando non vi imbatterete nella tenace resistenza di Saul, Natalie e Bobbi e parteggerete per le loro sorti… Ci direte poi se abbiamo esagerato o meno, e se, in effetti, avevamo ragione ad esaltare la bravura narrativa di Dan Simmons o se, nel giudicarlo, ci ha fatto velo la serenità e la parzialità.
E ci direte anche se, leggendo il testo e soltanto il testo, troverete giustificate le polemiche veementi che si sono scatenate sul conto di Dan Simmons negli ultimi mesi, screditando la sua immagine agli occhi della comunità dei “fan” e dando il “la” ad un fuoco incrociato di interventi ideologici e dietrologici. Tutto d’innasce da una nota pubblicata da Jean Daniel Breque, traduttore francese dello stesso Simmons, intitolata «Quando “scrittore” fa rima con “squallore” e con “delatore”», pubblicata sulla rivista di orientamento sinistrorso Carmilla. Nel suo intervento, in particolare, Breque si dice – citiamo testualmente – «turbato, rivoltato e anche depresso dai commenti dei partecipanti al forum del sito (di Dan Simmons, ndr) che vomitavano fiumi di odio contro i democratici, gli arabi, gli omosessuali, gli ecologisti, eccetera...». In particolare, viene citato un “post” nel quale, ad un utente del suo sito che raccontava del desiderio di vendetta di un’amica palestinese per i fatti di Gaza, Dan Simmons risponde fornendo link e numeri telefonici per una denuncia del fatto alle autorità.
L’episodio avrebbe inoltre scatenato in rete una ridda di polemiche fra due partiti: quello dei “delusi”, che hanno stigmatizzato le posizioni di Dan Simmons e fatto, per così dire, obiezione di coscienza nei confronti della sua opera; e quello dei “possibilisti”, che, al di là di ogni vario pronunciamento sul merito delle posizioni assunte da Simmons, tiene a distinguere l’“uomo” Simmons dallo “scrittore”. Nell’occasione è stato correttamente rilevato che, scorrendo l’intera opera di Simmons, non si trovano tracce di oltranzismo di questa fatta, né di razzismo o xenofobia, tutt’altro... Anzi, sono più volte ribaditi i valori della libertà e della tolleranza (per esempio, nel ciclo fantascientifico di Hyperion e, appunto, in questo Danza macabra ma non solo...) e che Dan Simmons rischia la “purga” stalinista già toccata in sorte a grandi autori come Tolkien, Lovecraft e Ray Bradbury, rispettivamente bollati come “reazionario”, “evoliano” e “destrorso”. Insomma, non dobbiamo certo ricordare ai lettori di questo quotidiano l’amaro destino toccato a molti geni incompresi e irregolari del Novecento (da Louis-Ferdinand Céline ed Ezra Pound, sino a Gabriele d’Annunzio, Knut Hamsun, Ernst Jünger, Martin Heidegger e tanti altri...), o anche al nostro contemporaneo scrittore francese Michel Houellebecq, condannati all’oblio e al disprezzo a causa di scelte di vita che possono suscitare il disagio o l’imbarazzo di qualcuno, ma che mai, diciamo mai, avrebbero dovuto dovrebbero gettare in un cono d’ombra i particolari di ingegni multiforme e di rottura.
Il nostro Dan Simmons, l’avrete capito, è un autore per il quale ci si innamora e si finisce per stravedere. Provate per credere. Ma non crediamo che, nel caso in questione, questa nostra devozione, di cui noi siamo personalmente rei confessi, ci condizioni nel giudicare il suo adamantino talento al di sopra di qualsiasi polemica d’occasione. Attendiamo smentite...
Errico Passaro. Ufficiale dell'Aeronautica Militare, dottore in giurisprudenza, è giornalista pubblicista. Ha pubblicato su testate e collane professionali un saggio in volume, oltre 100 racconti e cinque romanzi: "Il delirio", Solfanelli; "Nel solstizio del tempo", Keltia; "Gli anni dell'aquila", Settimo Sigillo; "Le maschere del potere", Nord; "Inferni", Secolo d'Italia. Dal 12 maggio è in libreria il romanzo fantasy (scritto con Gabriele Marconi) "Il Regno Nascosto" (Dario Flaccovio Editore).
2 commenti:
sono assolutamente d'accordo con l'autore di questa recensione perche' l'avrei voluta farla io. personalmente ho letto 500/600 romanzi fantastici e d. simmons e' il piu' geniale. comprate qualsiasi suo romanzo e ne avrete le prove. originalita' , inventiva tecnologia, assenza di banalita',mondi affascinanti e terrificanti,questo e molto di piu'
e' dan simmons. provate a leggere la saga di ilium e vedrete nella vostra mente cose immaginifiche che ne al cinema e nei fumetti vedrete mai.
Dan Simmons è un grandissimo! Vorrei segnalare questo articolo molto interessante sul suo Drood e i rapporti con Dickens.
http://totanisognanti.blogspot.com/2010/10/drood-1-il-disastro-staplehurst-9.html
Sullo stesso sito c'è anche la traduzione del grande articolo di Clute sull'Erebus!
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