mercoledì 23 settembre 2009

Santanchè, incursione anti-islam (di Annalisa Terranova)

Articolo di Annalisa Terranova
Dal Secolo d'Italia di martedì 22 settembre 2009
ROMA. Com’era prevedibile, l’ultima performance di Daniela Santanchè ha diviso quella sottile porzione di opinione pubblica ancora disponibile a seguire le vicende dell’ex esponente An, ex esponente della destra di Storace, ex berlusconiana, attualmente sgomitante, nel Pdl, per ottenere un qualche incarico come leader del Movimento per l’Italia. I fatti sono noti: Daniela Santanchè, per protestare contro l’uso del burqa, si è presentata domenica a Milano all’ingresso di un teatro in cui si celebrava la fine del Ramadan. Tra il suo entourage e i partecipanti alla cerimonia è nato un parapiglia nel corso del quale l’ex parlamentare – colpita a suo dire da un uomo con un braccio ingessato – è rimasta contusa, prognosi: 20 giorni. Nonostante i numerosi comunicati che si sono avvicendati sull’accaduto (Santanchè ha avuto la solidarietà di Saltamartini, Bertolini, Gelmini, Sbai, Frattini, Buttiglione, Prestigiacomo, Borghezio) l’episodio resta molto al di sotto dell’epico scontro di civiltà che si vorebbe innescare sulla piazzata milanese. C’è stata una provocazione durante una festa religiosa cui alcuni hanno reagito in modo improprio, sconfinando nell’esagitazione. Le speculazioni, da una parte e dall’altra, sono da copione. Il punto è semmai chiedersi come mai la Santanchè abbia avuto questo “ritorno di fiamma" verso la causa delle donne islamiche dimenticato durante la parentesi in cui, candidata premier di Storace, si occupava del rapporto tra donne e fascismo per ottenere, con il suoi elogi dell’Opera maternità e infanzia, i voti degli estremisti di destra. Da ultimo il libro scritto con Vittorio Feltri su intercettazioni, sesso e potere ai tempi di Berlusconi non le ha fatto riconquistare l’alloro di reginetta dei salotti. Le sue dichiarazioni, tra l’altro, non vengono riprese da nessun giornale. Persino l’ex marito, il noto chirurgo plastico Paolo Santanchè, ha avuto più guazza mediatica nel commentare il generoso decollété della nuova Miss Italia. Dev’essere stato a quel punto che Daniela ha pensato di andare all’arrembaggio, studiando una nuova versione corsara anti-islam. L’uccisione di una diciottenne marocchina da parte di un padre arretrato culturalmente (e poco o nulla religioso) ha offerto il macabro predellino di lancio.
Che dietro la sua scelta di cavalcare la nuova ondata di pregiudizi anti-islamici seguita all’omicidio di Sanaa vi sia un’ostinata ricerca di visibilità politica (obiettivo irraggiungibile attraverso le sporadiche comparsate su Chi e Visto) è evidente anche per le modalità della manifestazione inscenata, appositamente messe in atto al fine di inasprire i rapporti con la comunità islamica in un momento in cui il dialogo sarebbe stato molto più opportuno e necessario. Ora la tensione è altissima: Abdel Hamid Shaari, presidente dell’Istituto culturale islamico di viale Jenner di Milano, accusa Santanchè e i suoi seguaci di avere aggredito alcune donne nel tentativo di strappare loro il burqa. Circostanze che l’interessata nega: «Non mi sarei mai permessa di togliere il burqa a qualcuno, io manifestavo per i diritti del le donne islamiche».
La questione diventa politica: per difendere i diritti delle musulmane manifestazioni come quella della Santanchè sono utili o dannose? E, se sono utili, non sarebbe il caso di calibrarle meglio (magari evitando ricorrenze religiose), evitando di dare a tutti l’impressione che si manifesti contro l’Islam piuttosto che per le donne dell’Islam? «Io condivido le battaglie della Santanchè contro il burqa – afferma per esempio Sofia Ventura, docente di Scienze politi delche e collaboratrice della fondazione Farefuturo – ma penso che sia stata un’inutile provocazione quella di andare fisicamente lì, nel momento delle celebrazioni religiose, per inscenare una manifestazione che finisce soltanto per provocare nuove inimicizie, per innescare l’odio verso i musulmani, cosa che io trovo profondamente sbagliata».
Sulla scia della rissa scatenata dall’iniziativa della Santanchè si apre ora per le donne del Pdl un’altra questione: le deputate del Pdl Barbara Saltamartini e Isabella Bertolini auspicano che inizi subito l’esame della proposta di legge sul divieto di indossare il burqa, che la collega di partito Souad Sbai ha presentato alla Camera. «Tutte le donne che vivono nel nostro paese - sottolineano le parlamentari del Pdl - devono poter godere degli stessi diritti e delle stesse opportunità delle donne italiane. Il problema del burqa non è una questione che riguarda la religione ma la libertà e la dignità femminile, in quanto simbolo e strumento di asservimento e sottomissione ».
Ma è una posizione che rispecchia il pensiero di tutte le donne del Pdl? Secondo Flavia Perina, deputato e direttore politico del Secolo, ci sarebbe da discutere in modo più approfondito sull’argomento. «Vietare il burqa – afferma – è giusto ma certo non risolverà il problema dell’integrazione delle donne islamiche. Quelle che portano il burqa sono donne invisibili, non escono mai, non sappiamo niente di loro. Se ora escono solo per la fine del Ramadan, il divieto di coprirsi rischia di renderle ancora più invisibili, ancora più segregate e soggette ai diktat dei loro uomini. Io penso che l’aiuto alle donne musulmane dev’essere basato su una paziente opera di censimento e mediazione, utilizzando ogni contesto – la scuola, la sanità pubblica, i servizi sociali – per entrare in contatto con loro e promuovere l’emancipazione». E un’altra deputata, Paola Frassinetti, spiega: «Non penso che sia opportuno entrare così pesantemente nelle tradizioni consolidate di altre popolazioni. Il burqa in Italia è rarissimo, il dialogo con le donne musulmane non può passare attraverso la propaganda».
Annalisa Terranova è nata a Roma nel 1962, giornalista e scrittrice. Caposervizio al "Secolo d’Italia", è redattrice al mensile "Area" e collabora con varie testate. E' stata tra le fondatrici del Centro Studi Futura ed attiva nella rivista "Eowyn". Ha pubblicato (per le edizioni Settimo Sigillo), Planando sopra boschi di braccia tese ('96), saggio sul movimento giovanile del MSI, e Aspetta e spera che già l’ora si avvicina (2002), dedicato agli eventi di Alleanza Nazionale in rapporto alla svolta di Fiuggi e nel 2007 ha pubblicato Camicette nere. Donne di lotta e di governo da Salò ad Alleanza Nazionale (Mursia).

Nessun commento: