mercoledì 9 dicembre 2009

Ciro Ferrara, ovvero la lezione del cambiamento (di Federica Colonna)

La migliore strategia è andare avanti rischiando, senza paure
Articolo di Federica Colonna
Da Ffwebmagazine del 9 dicembre 2009
Gli anni d’oro del grande Real, cantava Max Pezzali, aggiungendoci pure quelli del “motorino sempre in due” che non è proprio una regola del codice della strada, ma suvvia, sono solo canzonette. Le età dell’oro, i migliori anni della nostra vita, per dirla alla Renatone, arrivano, passano, ritornano sotto altra forma. È la dinamica, baby. È il cambiamento.
Devono farci i conti e pensarlo ai piani alti della Juve, non da ieri sera, dopo una brutta partita, ma da un po’ di tempo. E come vecchie signore che conoscono il galateo, i dirigenti bianconeri sanno parlare a proposito, soprattutto se si tratta di difendere l’allenatore, un pezzo di storia bianconera che stavolta ha la faccia e gli occhialetti della vecchia pubblicità del Danone: Ciro Ferrara. Il napoletano più zebrato d’Italia.
Dopo una brutta figura con il Bayern Monaco, con una squadra senza equilibrio, lasciata all’azione personale, all’iniziativa individuale, incapace di fare gioco, insomma, dopo la difficoltà, iniziano le voci, si diffondono i rumors. Tutti contro lo stratega, subito, via, a casa. Gli anni d’oro della grande Juve, che gli 883 nemmeno li hanno cantati per paura che venisse fuori qualche foto con Moggi un po’ compromettente, sono finiti. E allora?
Quando finisce un’epoca ci sono varie strategie per andare avanti. La peggiore è lamentarsi, avere paura, rifugiarsi nel già conosciuto, nel già testato, una sorta di già provato da marchio appiccicato sopra come sui rimmel resistenti all’acqua. Nel caso della Juventus dopo l’epoca Nedved, dopo i grandi anni delle vittorie tutte facili e tutte di seguito l’operazione più semplice sarebbe quella di scegliere un allenatore puntando sui forti con esperienza. Quelli che mettono una parentesi, gloriosa magari, quelli che lasciano un segno personale senza incidere sul futuro collettivo, quelli bravi, già famosi ma che non traghettano il cambiamento. Insomma, i capaci già vecchi, buoni per una sorta di eterna transizione, da politica dell’italietta spaventata e vecchia.
La migliore strategia per andare avanti è, invece, costruire il futuro, rischiare, puntare su chi fa dell’appartenenza una chiave di lettura del domani, un capitale su cui investire e non un vessillo su cui piagnucolare. Nel caso della squadra di calcio, quindi, dopo la grande epoca inizia il cambiamento e la risalita verso un’età ancora migliore, se non altro perché non polverosa, non nostalgica, non orientata alla memoria. Dopo l’epoca Lippi e dopo una parentesi complicata è bene, quindi, puntare sui propri giovani, far fare loro esperienza e permettere anche di sbagliare, se serve, se è salutare per crescere e fare meglio, con più sapienza e competenza, dopo.
Traghettare il cambiamento significa anche cadere, ma significa pure accettare quella caduta, la perdita di equilibrio, per trovarne un altro, davvero nuovo, davvero adatto a cominciare una nuova storia.
È per questa ragione che Ciro Ferrara, l’allenatore nel pallone di una Champions finita male, è un esempio non solo per il calcio ma per la politica italiana. Perché scegliere uno come lui significa puntare su un giovane che ci mette il cuore e la passione. Significa non scegliere la strada già battuta, significa davvero voler cambiare conservando intatto il senso di identità e di appartenenza. Per cominciare un’epoca d’oro, ma futura.
E come nelle teorie di Philip Gould anche stavolta il calcio può funzionare da metafora della vita politica. Lasciamo, quindi, alla politica la possibilità di sbagliare, si, ma a un patto. Che cambino le facce. E che possibilmente abbiano meno rughe senza mai essere state soccorse da un’abbondante dose di botulino.
Il blog di Federica Colonna è POLITICAL SMARTIES
La sua rubrica su Ffwebmagazine è LOGOPOLIS

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