mercoledì 21 luglio 2010

I fucilati di Firenze (da "La pelle" di Curzio Malaparte)

I ragazzi seduti sui gradini di S. Maria Novella, la piccola folla di curiosi raccolta intorno all’obelisco, l’ufficiale partigiano a cavalcioni dello sgabello ai piedi della scalinata della chiesa, coi gomiti appoggiati sul tavolino di ferro preso a qualche caffè della piazza,la squadra di giovani partigiani della divisione comunista “ Potente “, armati di mitra e allineati sul sagrato davanti ai cadaveri distesi alla rinfusa l’uno sull’altro, parevano dipinti da Masaccio nell’intonaco dell’aria grigia. Illuminati a picco dalla luce di gesso sporco che cadeva dal cielo nuvoloso, tutti tacevano, immoti, il viso rivolto tutti dalla stessa parte. Un filo di sangue colava giù per gli scalini di marmo.
I fascisti seduti sulla gradinata della chiesa erano ragazzi di quindici o sedici anni, dai capelli liberi sulla fronte alta, gli occhi neri e vivi nel lungo volto pallido. Il più giovane, vestito di una maglia nera e di un paio di calzoni corti, che gli lasciavano nude le gambe dagli stinchi magri, era quasi un bambino.

C’era anche una ragazza fra loro: giovanissima, nera d’occhi, e dai capelli, sciolti sulle spalle, di quel biondo scuro che s’incontra spesso in Toscana fra le donne del popolo, sedeva col viso riverso, mirando le nuvole d’estate sui tetti di Firenze lustri di pioggia, quel cielo pesante e gessoso, e qua e là screpolato, simile ai cieli del Masaccio negli affreschi del Carmine.


Quando avemmo udito gli spari, eravamo a metà via della Scala, presso gli Orti Oricellari. Sboccati sulla piazza, eravamo andati a fermarci ai piedi della gradinata di Santa Maria Novella, alle spalle dell’ufficiale partigiano seduto davanti al tavolino di ferro.


Al cigolio dei freni delle due jeep, l’ufficiale non si mosse, non si voltò. Ma dopo un istante tese il dito verso uno di quei ragazzi, e disse:


- Tocca a te. Come ti chiami?


- Oggi tocca a me - disse il ragazzo alzandosi - ma un giorno o l'altro toccherà a lei.


- Come ti chiami ?


- Mi chiamo come mi pare...


- O che gli rispondi a fare a quel muso di bischero, gli disse un suo compagno seduto accanto a lui.


- Gli rispondo per insegnargli l'educazione, a quel coso - rispose il ragazzo, asciugandosi col dorso della mano la fronte madida di sudore. Era pallido, e gli tremavano le labbra. Ma rideva, con aria spavalda guardando fisso l'ufficiale partigiano.


A un tratto i ragazzi presero a parlar fra loro ridendo.


Parlavano con l'accento popolano di San Frediano, di Santa Croce, di Palazzolo.


L’ufficiale partigiano alzò la testa e disse:


- Fa' presto. Non mi far perdere tempo. Tocca a te.


- Se gli è per non farle perdere tempo - disse il ragazzo con voce di scherno - mi sbrigo subito.

E scavalcati i compagni andò a mettersi davanti ai partigiani armati di mitra, accanto al mucchio di cadaveri, proprio in mezzo alla pozza di sangue che si allargava sul pavimento di marmo del sagrato.


- Bada di non sporcarti le scarpe! - gli gridò uno dei suoi compagni, e tutti si misero a ridere.


- Jack e io saltammo giù dalla jeep.


- Stop! - urlò Jack.


Ma in quell’istante il ragazzo gridò: - Viva Mussolini! - e cadde crivellato di colpi .
 

3 commenti:

giovanni fonghini ha detto...

Mi vengono le lacrime agli occhi, leggendo questa pagina stupenda in cui umanità e ferocia si intrecciano senza soluzione di continuità. Ritorno bambino al settembre del 1970: con mia madre dovevo partecipare ad una gita parrocchiale a Firenze (la mia famiglia autenticamente popolare e missina non aveva i mezzi per altre gite). Mio padre, che morirà due mesi dopo a 49 anni, mi ricordò prima di partire che nei pressi della chiesa di Santa Maria Novellla erano stati uccisi molti suoi giovani camerati della RSI. Divenne per me una sorta di pellegrinaggio. Peraltro anche sulla pagina dell'associazione dedicata a Beppe Niccolai, una delle menti migliori e più fervide del MSI, viene riportato lo stesso brano del grande Curzio Suckert http://www.beppeniccolai.org/Il_processo.htm . Più di 65 anni sono trascorsi dalla fine della 2a guerra mondiale, ma aldilà delle chiacchiere sulla memoria condivisa i morti non godono ancora tutti dello stesso rispetto, dovuto loro sia cristianamente - per chi crede - sia per quell'antico nobile sentimento della Pietas romana.

Roberto Alfatti Appetiti ha detto...

Hai ragione, Giovanni, i morti non godono ancora tutti dello stesso rispetto. Noi, però, i "nostri" morti li terremo sempre nel cuore e con loro i ragazzini di Santa Maria Novella.
Un abbraccio forte.

Anonimo ha detto...

Non so più quante volte l'ho letto questo pezzo....E ogni volta mi commuove e mi riempie d'orgoglio. E pensare che per tutta la vita ho sentito parlare di questa ragazzi come di lazzaroni. E ce ne furono molti: pensate a quelli del "IX settembre", sterminati dai banditi di Vittorio Veneto: da quella gentaglia che usciva, quelli sì, dalle galere: ladri, imboscati,assassini che uccisero gente arresasi e che aveva deposto le armi. Uccisi da pregiudicati segnalati nei rapporti dei carabinieri come ladri comuni .Ma qualcosa sta cambiando e il loro ssacrificio sarà finalmente rispettato. Antonio