mercoledì 4 agosto 2010

Quel Caminiti fra Mussolini e Boniperti (di Giovanni Tarantino)

Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia di mercoledì 4 agosto 2010
Due fratelli, un nome. Una storia di vita vissuta: quante volte è accaduto nella narrativa italiana di vedere ripercorse le orme di cadetti che crescono provando a emulare i fratelli maggiori, che ne copiano gli atteggiamenti, i tratti, provando a sentirsi grandi e avendo il fratello, maggiore appunto, come riferimento in tutto?
È questo il filo conduttore di Marchio di famiglia (Scuderi editrice, pp. 266, euro 12,00), romanzo autobiografico di Benvenuto Caminiti.
Quello dei Caminiti è un nome particolare: si tratta di una famiglia palermitana, ben conosciuta anche oltre i confini isolani. Vladimiro Caminiti, fratello maggiore di Benvenuto, è stato per anni tra le più prestigiose firme di Tuttosport, quotidiano sportivo torinese, oltre che del Guerin Sportivo e ha fatto parte di una generazione di maestri di penna che, parlando di calcio e di sport, era fondamentalmente capace di parlare di altro. Quanto a Benvenuto, invece, professionalmente non ha abbandonato la sua Sicilia. Avvocato a Palermo e giornalista, ha collaborato con diverse testate, seguendo le orme del fratello, da L'Ora a La Sicilia, il Mediterraneo, Hurrà Juventus, il già menzionato Guerin Sortivo, fino a il manifesto. Ha già pubblicato: Un aquilone rosanero e Col vento nei capelli (2001), Ragazzi di latta (2003), Racconti di Palermo (2004), E per tetto un cielo di stelle rosanero (2005) e La testa nel Pallone (2007).
Con questo suo ultimo romanzo, dal titolo eloquente, prova adesso a raccontare la sua famiglia e raccontarsi. Impresa non facile, eppure si coglie lo sforzo dell'autore di provare a fare rivivere le persone menzionate all'interno del libro per renderle familiari persino al lettore: vuole renderle conosciute, immaginabili. Tra questi il protagonista, Vittorio Catalano/Benvenuto Caminiti: è l'immaginifica famiglia Catalano a fungere da alter ego dei Caminiti. Dentro, una storia intensa: il sogno, da molti condiviso, di fare il giornalista sportivo. Strana la vita: molti partono con questo obiettivo, pochi eletti riescono a realizzarlo. Tra questi Marco Catalano/Vladimiro Caminiti, poeta emigrante, giocoliere (di parole), dotato di immaginario fine e senso di ironia british, presuntuoso e juventino. Al suo cospetto Vittorio è solo un ragazzino, un "picciriddu" come dicono in dialetto palermitano, sogna di emulare il fratello, di diventare come lui, di potere un giorno giocare con le parole e raccontare le gesta dei grandi campioni. Ma anche in questo caso la vita è strana: Vittorio/Benvenuto deve operare una scelta dolorosa. Fare l'avvocato per vivere, per costruire una famiglia, o fare il giornalista sportivo per passione? Questo il dilemma attraverso il quale si regge tutta la storia narrata. Avere l'esempio, il sogno lì, a pochi passi, a farti da fratello maggiore, e non poterlo seguire perché "costretto" dalla vita a seguire un percorso obbligato, nonostante sia un'altra la passione che ti brucia dentro, non quella dei libri di diritto. Vittorio/Benvenuto era solo un bambino: altri per lui avevano immaginato un avvenire differente, una carriera solida, non un destino da viandante come quello di Marco/Vladimiro. Doveva diventare un «principe del foro», doveva studiare. Nella vita di Vittorio/Benvenuto, entra a fare parte, invece Virginia, la moglie, organizzatrice della vita non solo professionale dell'avvocato Catalano/Caminiti.
Per il resto il libro focalizza lo sguardo di un bambino estasiato nei confronti del fratello maggiore, Vladimiro il ribelle, che decide di andarsene, di fare il giornalista sportivo, riuscendoci e diventando una delle eccellenze del settore in Italia, paragonabile forse al solo Gianni Brera. Nel diario-racconto di Benvenuto Caminiti non mancano le invettive, le critiche a una serie di personaggi che, a dire dell'autore, avrebbero, negli ultimi anni di vita, idolatrato eccessivamente Vladimiro, ricoprendolo di elogi smodati, di etichette come «maestro», «professore»: compiacimenti in cambio di attenzioni o promozioni. Una storia non documentabile, se non nella memoria dello stesso Benvenuto che polemizza con chi, una volta morto il fratello, avrebbe dimenticato ogni insegnamento e forse anche la memoria dello stesso. È curioso rilevare, ad esempio, una polemica diretta alla Juventus, della quale Caminiti senior è stato uno dei principali cantori, avendogli dedicato diversi libri, e stretto amicizie personali con gente come Giampiero Boniperti.
Ma, come si diceva precedentemente, non di solo calcio si è occupato Vladimiro Caminiti, o probabilmente, parlando di calcio intendeva anche parlare d'altro. Risulta ancor'oggi illuminante quanto la firma di Tuttosport abbia scritto in Le parole sono ali (Daniela Piazza Editore), una raccolta di riflessioni, collocate rigorosamente in ordine alfabetico, con le parole che più hanno avuto significato nella vita dello scrittore che nel 1993 sarebbe morto a causa di un brutto male. È sorprendentemente attuale, venendo ad esempio alle cronache politiche di questi giorni, la riflessione "antropologica" che Vladimiro Caminiti fa alla lettera S, alla voce Socialista: «Il primo in cui mi sono imbattuto, tra letture e visioni, aveva gli occhi allucinati di Benito Mussolini. La sua storia, di socialista libertario, le imprese rionali, parrocchiali, del padre, tre volte più violento, bakuniano, mi accostarono a questo partito, tanti, tanti anni prima di leggere, la biografia di Giovanni Ansaldo degli italiani prodi e meschini. Che il socialismo rappresenti il progresso, ad esempio, operaio, l'avanzata della plebe, alla faccia delle imposizioni dei padroni e dei plutocrati, è forse da dimostrare; Nenni non ha mai convinto gli italiani, tutto considerato, come il duce. Che poi la così detta politica partigiana sia riuscita artificiosamente a dimostrare che il duce ed il fascismo furono solo cacca, è un altro discorso. Nel socialismo, vedi Craxi, rimane invece un po'di quel Benito Mussolini figlio di guerrafondaio, e per parte sua molto accaldato, geniale animoso, spirito profetico. Ogni italiano con studi abborracciati, e grande passione di sé, è socialista. Democristiano, l'italiano che in primis mette il problema del guadagno, col segno della croce pronto per ogni evenienza, e l'atto di dolore dopo ogni peccato. L'italiano, meno è credente, più è disponibile alla lotta per la vita e per il lavoro». Quanta saggezza e quante verità, non ultimo il parallelismo, tutto anni Ottanta, tra Craxi e Mussolini: sembra quasi il riecheggiare delle riflessioni del compianto Giano Accame nel suo Socialismo tricolore. Il pensiero non allineato al socialista libertario non è il solo rivolto a Benito Mussolini: poche pagine dopo si legge, tra le righe scritte da Vladimiro Caminiti che in Italia «siamo stati spietati solo con Mussolini. Eppure visti dall'autostrada certi nuovi quartieri nella periferia delle grandi metropoli, danno un senso d'angoscia. Palazzoni bruttissimi coi balconi murati che ti fanno immaginare un'umanità senza spazi, condannata a respirare cemento». E ancora, alla voce Quarantotto: «È tutto nel preciso momento in cui ti accorgi che è niente. Come le guerre, perse o vinte, nell'Italia tradizionale e retorica. O le rivoluzioni di piazza che a parte lo scotennamento di Mussolini, in Italia lasciano il tempo che trovano».
Tra gli aforismi a sfondo ambientalista quello contro il cemento non è l'unico. Esilarante e attuale, ad esempio, quanto detto alla lettera P, voce "Puzza": «Mi diverte pensare di essere pulito. Mi dà gioia pensare l'acqua. Mi fa rabbia il sindaco di Palermo o di Torino che tiene sporche le strade. Li metterei in galera. L'aria che respiriamo è amore». Il fatto che, a distanza di vent'anni, Palermo viva, ad esempio, la sua più grande crisi ambientale per mancata raccolta dei rifiuti la dice lunga su come vanno certe cose in Italia. Un'Italia che Vladimiro Caminiti, poeta fino in fondo, sapeva raccontare con ironia o con rabbia, ma sempre con stile. Ci manca un giornalista e uno scrittore capace di dire le cose per come stanno alla sua maniera. Forse, in fin dei conti, è anche questo il senso del diario-racconto del fratello, Benvenuto, che con Marchio di famiglia rende onore a un grande italiano, altrimenti dimenticato.

Nessun commento: