giovedì 23 settembre 2010

U2: a spasso con Dio! (di Graziella Balestrieri, seconda parte)

U2:A SPASSO CON DIO!
Seconda parte (qui la prima)
di Graziella Balestrieri
per L'eminente dignità del provvisorio
 
…Quando arrivammo a Torino un’amica di una di noi ci ospitò volentieri, capimmo che l’albergo prenotato non era dei più raffinati, in poche parole era una bettola con sotto annesso di prostitute. Ma vabbè . La sera passeggiando un pò per la città ripetevamo in continuazione ”oh domani gli U2”. Così il grande giorno era arrivato. Il concerto sarebbe iniziato alle 21. Noi eravamo lì dalle 11.30. Passammo un’intera giornata alla Stadio delle Alpi, sotto al sole e facendo lunghe passeggiate. Ma quando aspetti la passione non stai lì a controllare l’orologio. Non era il trascorrere del tempo la parte più preziosa che riconoscemmo a quel frammento di vita. Quando arrivarono gli U2 noi eravamo lì, pronte ad urlare e finalmente le luci si spensero. Fu uno spettacolo esaltante, ottantamila e più persone che cantavano all’unisono e gli U2…. semplicemente supremi dal vivo. Bono favoloso, esaltatissimo da un pubblico che lo inneggiava a “Dio” (lo so, la religione è una cosa seria) e anticipava ogni canzone. Dal vivo la sua voce era così mutevole, graffiante dolce calda e gli altri componenti seguivano alla perfezione le “cavalcate” sonore del proprio leader.
Quella sera la scaletta divenne quello che avevamo sperato: un tuffo nel passato migliore, quello rabbioso, quello di quando non vedi l’ora di diventare grande: Out of control (che rimaneva la mia canzone preferita) “era un mattino noioso, diciotto anni che mi sveglio, svegliai il mondo sgolandomi, io ero così triste, ma l’uomo disse è l’infanzia (out of contol) fu suonata due volte. In quel momento vedere un adulto gridare con la stessa energia di un adolescente credo sia stato il regalo migliore di quel concerto. Il non arrendersi mai anche quando si è grandi… non dimenticarsi di chi si è stati. Come nel video di Pride (in the name of love) che inizia con il viso di un bambino che cammina nei pressi del porto di Dublino e termina con un The Edge adulto che si guarda alle spalle ed il bambino ricompare. Guarda avanti certo, non tornare indietro, migliora, lotta, perdi fallisci e ritenta alzati. Sanguina, ma non scordarti mai di non perdere l’innocenza ed i sogni di quando bambino lo eri.
La cosa più bella degli U2 che si vede e si sente anche dal vivo è che sono, nonostante la leadership incontrastata di Bono, nun gruppo. Suonano perfettamente sincronizzati, si guardano e tutto ricomincia alla perfezione. Erano un gruppo di amici al liceo tra i banchi, erano un gruppo di amici lì sul palco. Gli U2 dal vivo è stata l’esperienza a livello musicale più bella della vita. Ripartimmo il giorno dopo, la notte era stata travagliata (un po’ d’alcool in eccesso) ma tutto era andato alla perfezione. Ovviamente aspettammo lunghe ora alla stazione prima di ripartire. Così una volta tornate in Calabria l’estate passò a ricordare il concerto e l’autunno arrivò subito. L’11 settembre di quel 2001 arrivò e l’unica cosa che mi ricordo era solo la polvere, la mia amica che venne a bussarmi in camera gridando “la fine del mondo a New York”. Io non ebbi reazioni, nessuna riflessione, solo mi aveva impressionato quel grattacielo enorme crollare così , puff velocemente e realizzai che sarebbe stata un’altra cosa che non avrei mai più visto.
La paura del dopo 11 settembre si respirava ovunque ed io inconsciamente il 18 dicembre decido di partire, destinazione Dublino, all’oscuro dei miei genitori con la complicità dei miei amici. Come dire non avere avuto una reazione eclatante all’11 settembre però iniziare ad avere paura di non poter vedere le cose che amavo. Da precisare la mia passione per Joyce sconfinata ed un piccolo amore adolescenziale nei confronti del bassista degli U2. Quando arrivai a Dublino visitai ogni tappa della loro vita, gli studios di registrazione Wild Mill Lane nella parte vecchia del porto, zona sconsigliabile per chi va da sola, ma a me che avevo un’incoscienza brutale i ringo boys nello zaino ed un giacchino di pelle in pieno inverno pareva che niente potesse toccarmi. Entrai ma non trovai nessuno. Così gironzolavo li dentro a guardare foto e strumenti . Uscì fuori e feci lo stesso percorso di The Edge in Pride. Si stavo bene in quel momento, Dublino era mia e il giorno dopo avrei visitato tutto su Joyce.
La visita occupò parte della giornata. Ma nel pomeriggio sarei dovuta andare a casa del bassista degli U2. Sapevo dove abitava, 4 km lontano dal centro, Rathfarnham una distesa di collinette da dove poi avrei scoperto si ammirava tutta la città. La verità è che questa casa era talmente dispersa che nemmeno il taxi riuscì a trovare la via. Non mi fece pagare e mi lasciò lì accanto ad un pub che rimaneva l’unico punto di riferimento in quella campagna sperduta. Vi erano solo villette di una certa importanza ed ancora più in alto si ergeva un College, imponente quasi pauroso dominante la vista. Lo sapevo, ce l’avevo fatta. Io sapevo quale College era: il bassista degli U2 non era mai stato uno stinco di santo e fu buttato fuori da quel college che stava davanti a me.
Mi ricordai che per dimostrare a quelli che lo avevano buttato fuori Adam Clayton si era costruito un casa due volte più imponente che dominava sia il paesaggio e che per dimensioni sminuiva e “sotterrava”il college. Così non riuscendo però a capire quale fosse la sua di casa iniziai a suonare ad ogni campanello. La gente mi apriva e io chiedevo “I’m looking for Adam Clayton” alcuni non lo sapevano, ma ci fu un signore che ancora ricordo perfettamente che con entusiasmo mi condusse a casa di Adam. Era un’ora che ci passavo davanti ma non avevo compreso che tutta quella campagna che io stavo calpestando era già la proprietà del bassista. Quel signore se ne andò ed io non vedevo un campanello dove suonare. C’era questo cancello immenso e dentro la casa era ancora talmente lontana che c’era una stradina che ti conduceva fino all’entrata. Non sapevo cosa fare iniziava anche a venir giù una pioggerellina gradevole. Poi decisi, vidi le telecamere nascoste tra i cespugli e l’idea migliore fu prendere delle pietre ed iniziare a scagliarle addosso a questa. Avevo pensato”qualcuno scenderà”. Fu così che ad un certo punto iniziò ad aprirsi il cancello io non entrai perché ero terrorizzata o contenta non lo so, la sensazione è la stessa. In quel momento scese una donna in macchina , un po’ anziana e mi disse in maniera dura cosa volevo e perché tiravo pietre ed io chiesi del bassista. Mi regalò un sorriso e mi disse che Adam era in tourneè in America. Chiuso lo sportello della macchina, però, mi lasciò in entrare nel giardino. A quel punto tra un verde meraviglioso, i ruscelli , Dublino ai miei “piedi” gli U2 alle mie “spalle”, 19:30 di sera mi gettai li e fu la sensazione migliore della mia vita. Il cielo, la terra, gli U2, Dublino. Non avevo bisogno di niente e per la prima volta nella vita era come sentirsi attraversare l’anima. Andai a Dublino per ringraziare gli U2 in maniera virtuale, era un grazie per avermi fatto crescere, per aver dato speranza e lotta, per avermi incuriosito per avermi fatto conoscere Joyce, per aver oggi una tessera dello Sinn Fein, per avermi fatto capire che le braccia migliori sono quelle della tua terra che ti culla e ti stringe come un bambino, ma che quando meno te lo aspetti nel tentare di stritolarti ti sta offrendo la possibilità di fuggire consapevole che poi ritornerai. Oggi che di anni ne ho qualcuno in più che Bono ha regalato un paio di occhiali da sole al Papa che riesce a parlare con tutti i potenti del mondo, oggi che tante cose sono cambiate e che invece altre rimarranno immobili per sempre, non ascolto più gli U2 ogni giorno come una volta. Non si è mai più come si era una volta, ma se dovessero chiedermi che suono ha il mio cuore, la mia risposta inevitabilmente sarebbe: il suono degli U2.
“Voglio correre e nascondermi, voglio abbattere le mura che mi tengono rinchiuso voglio uscire fuori e toccare la fiamma, voglio sentirmi il sole in faccia , voglio trovare un rifugio e quando andrò là voglio andarci con te (è tutto quello che posso fare) e ti mostrerò un luogo su altopiano deserto dove le strade non hanno nome”. (Where the streets have no name)
Ndr :mio padre ancora non sa che sono stata a Dublino

Graziella Balestrieri

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