domenica 31 ottobre 2010

Rino Gaetano, il comunista-futurista che si fece Don Chisciotte (di Graziella Balestrieri)

Articolo di Graziella Balestrieri
Per L'Eminente dignità del provvisorio
E’ un pezzo profondamente di parte, io sono nata a Crotone, per cui Rino è figlio di quella terra, della mia terra. Senza nessun timore non accetto la spocchia finta intellettuale di tanti che lo hanno sempre “criticato”, non accetto la spocchia di quelli del nord, solo perché Rino è di Crotone. Non lo accetto perché se nella vita non si lascia qualcosa e non si è mai andati verso un posto con la voglia di ritornare, Rino non si capisce, nei comodi salotti Rino non si comprende. Se a Capo Colonna non ci siete mai stati, tranquillamente potete prenotarvi per Shalm er Shaike, quei posti sono per voi, Capo Colonna è per altri. Come dire la comprensione non è di tutti ed alle volte è meglio così.
29-10-2010.
Auguri Rino, ma a questa ora, l'1.44, fa troppo freddo, ho le mani ghiacciate, la birra è finita e la gola non ce la fa più per un’altra sigaretta. Riprendo domattina. La mattina non ho ripreso, e lei che trascina. Le ore passate sono state solo un'inutile sofferenza. Due mattine fa sono stata al cimitero a trovarlo: non ci fossi mai andata, solo un accumulo di tristezza e rabbia. La tomba non è un granché, "attaccato" al muro con tanti altri (ok, davanti alla morte siamo tutti uguali) ma se proprio non c’era spazio potevano riportarcelo giù a Crotone, anche dal cimitero il mare si vede. Ho lasciato rose gialle, perché erano quelle più allegre, era buio lì e onestamente appena l’ho visto mi sono detta: “E che cazzo di fine ti hanno fatto fare”. Uscita dal cimitero ho chiamato mia madre, dicendole “mamma non puoi capire come sta, buttato là al muro, senza spazio , un cristiano abbandonato” e mamma per conto suo: “Poverino, già fece brutta la morte”. L’ho detto anche a mio padre, alle mie coinquiline e a chi mi veniva davanti. L’ho presa male perché ho capito che, qui a Roma, è uno dei tanti: a Crotone per il mare sarebbe stato un figlio unico.
Noterete con costanza la presenza della parola mare, ma non per essere ripetitiva, perché Rino Gaetano è mare, la mia terra è mare, la sua solitudine che lui cantava è mare, la malinconia delle sue ballate è mare, nella sua voglia di riscatto e di rabbia è l’onda del mare. Quando ero piccola mia nonna viveva ancora a Crotone e quindi due o tre volte le settimane andavamo lì, che da Strongoli era circa un 15 min. di macchina. E da piccola mi piaceva il mare e dove mi portava e all’entrata di Crotone mi ricordo mi attirava sempre un murales che per quanto semplice era bellissimo, scritto in rosso: RINO GAETANO IN CONCERTO. non ricordo la data che seguiva e nemmeno quel testone di mio fratello, ma so per certo che quella scritta non c’è più d anche da lì gli hanno tolto la vista del mare. Quando chiesi a mio fratello chi era “Rino Gaetano”, io che all’epoca compravo John Lennon nel negozio di dischi a Crotone di un anziano signore a cui confidavo i miei sogni di bambina, lui mi disse: "Ma come ti piace tanto scrivere pensando di prendere per il culo la gente e non conosci Rino? non sei calabrese". E da quel momento, per me la più grande offesa che mi si potesse fare è il “non sei calabrese, non sei nata a Crotone”. Mi turbò e così iniziai ad ascoltarlo. Ci vuole serietà nella vita, anche quando davanti hai un pagliaccio, devi esserci portato all’ironia, devi avere sempre quello che ti manca per non essere come gli altri. La musica di Rino aveva tolto quella superiorità che gli altri si sentivano. Iniziai a non pormi domande. Non lo trovavo allegro ma solo paradossale. Il Sud è meravigliosamente paradossale, la Calabria poi è la regina dei paradossi, per cui se in tanti hanno sempre definito Rino come un “nonsense” è perché nella vita hanno avuto solo la comodità della macchina, del tram, del ristornate sotto casa, della scuola estiva, dei giochini di papà e mammà e forse non si sono mai chiesti che cosa voleva dire stare in mezzo al mare, giocare a campana, osservare le nonne vestite di nero cucinare. Andarsene perché si soffre la fame, andarsene perché in quella terra se non te ne vai certe volte rischi di rimanerci dentro come nelle sabbie mobili. Così la famiglia di Rino quando Rino di anni ne ha quasi dieci viene a Roma. Se non avete mai fatto il viaggio Crotone-Roma forse non riuscirete a capire perché nel paradosso della sua musica la cosa più serena è la malinconia.
Nell’abbandono si ci ritrova sempre. Lasciarsi alle spalle un mare, che Rino amava, perché andarsene non è mai come ritornare. Così Riccardo Cocciante: "Rino cantava il suo Sud, cantava tutto quello che aveva sofferto quando era bambino". Immancabilmente Rino partiva per fare visita ai parenti di Crotone, come dice la sorella: "Rino amava Roma, ma si sarebbe acquistato una piccola abitazione anche a Crotone. Almeno una volta all’anno si sentiva il desiderio di tornare, non per infilarsi dentro casa, ma proprio per uscire".
Ma sapete quante volte si deve ritornare per pareggiare il conto con un’unica volta che te ne vai?
Qualunque calabrese che stia fuori alla fine ha sempre il desiderio di ritornare nella sua terra, specie la zona di Crotone che offre paesaggi bucolici, tendenti alla malinconia, ancora una zona selvaggia, ma la gioia che proviene da quel sole, da quel mare, da quelle nonne che ti hanno cresciuto... Rino era legatissimo ai nonni, per chi non lo capisce non ha senso. E’ tutto un paradosso. Il “non puoi capire” è facile sentirlo nella bocca di un calabrese.
Non capireste nemmeno perché qualcuno ha 45 foto del mare appese al muro. La foto del lungomare di Crotone, la foto di Capo Colonna. E Rino è stato il miglior fotografo della nostra terra, forse l’unico, perché come noi ha dovuto abbandonarla. Onestamente non mi interessa fare la descrizione canzone per canzone, so solo che io mi arrabbio quando sento lui che canta “a mano a mano ti accorgi che il tempo ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso”, provo rabbia se ascolto “mio fratello è figlio unico perché non ha mai trovato il coraggio di operarsi al fegato, non ha mai vinto un premio aziendale, non ha mai criticato un film senza prima prima vederlo, perché è convinto che esistano ancora gli sfruttati i malpagati e frustrati. Mio fratello è figlio unico represso calpestato odiato, picchiato derubato”. Il figlio unico, l’uomo solo, l’uomo deriso, l’uomo che rimane sulle sue convinzioni perché convinto che quella sia la strada giusta trova negli occhi della gente solo inganno e falsità. Chi non ha provato il dolore non prova solitudine, chi non ha il senso della solitudine non ha il senso del vivere con gli altri.
Io non mi diverto a sentire “Gianna, Gianna sosteneva le sue illusioni, Gianna Gianna difendeva il suo salario dal’inflazione”.
Non ho mai capito perché se la musica di Rino era allegra e vivace, poi le parole venivano considerate senza senso, perché il sangue di un calabrese è così, come Rino, l’importante è divertirsi con le persone che ami, ma se mi prendi sul serio anche quando sto ridendo capirai che rido per non piangere e che se ti prendo per il culo e perché qualcuno mi ha preso per il collo, cerco solo di farti capire cosa vuol dire soffrire senza lacrime, cosa vuol dire non aspettarsi nulla dalla vita perché se guardi il mare, il nostro, se guardi il sole, se torni giù e non rimani a casa, ma vai in giro, se arrivi a Capo Colonna quando fai “sciopero” con i tuoi amici ti siedi sulle quelle rovine e ti accendi una sigaretta, è il momento in cui non pensi a niente, perché di quel momento catturi il tutto della vita.
Rino per una ragazza che nasce a Crotone e che ogni volta che lascia lo sa per certo che dovrà ritornare mille volte per ripagare è questo: è il mare che mi lascio ogni volta che salgo su, che fino ad un certo punto mi accompagna e poi scompare, perché vuol essere di nuovo mio solo al ritorno. Dieci giorni fa quando sono scesa il tempo era bruttissimo,  ma il mare era di una bellezza brutale, tutte le cose belle ti fanno male. Ascoltavo “escluso il cane” e avevo solo un pensiero nella testa che ogni volta che lascio la mia terra ascolto Rino Gaetano, ogni volta che mi sento impazzire lo risento, ogni volta che mi soffoca la città e che mi manca l’aria la sua musica è ossigeno. Volevo diventare il Rino Gaetano dei giornalisti da piccola (che i giornalisti seri si alzino in piedi inorriditi) avevo anche iniziato a scrivere con le rima, ma al primo articolo mi sentì dire: "che racconti filastrocche, la politica è una cosa seria". Pensai un pò con la mente di Rino nella canzone “NUNTERAEGGAE PIU’. Ma se loro ci prendono per il culo perché noi non dovremmo fare lo stesso?
Perdonate ma da noi si dice “futti futti ca Gesu’ Cristu aiuta a tutti”. Le canzoni di Rino non muoiono perché per me il mare non può morire. Il mare ti può dare un sorriso, il mare ti può allontanare da casa, il mare ti dà un orizzonte, dal nostro mare nasce il sole, il mare se vuole si incazza e spazza via tutti. Il mare ti porta lontano, il mare, il nostro è limpido e chiaro, trasparente pulito, come Rino. Solo che in questo paese non tutti apprezzano la bellezza di chi è semplice e loro malgrado poiché non vogliono capirlo gli danno dell’incomprensibile. Avrei voluto scrivere altro, è come sempre la paura di deludere il sentimento o la mia terra ti fa scrivere quello che la gente potrebbe trovare più comprensibile, ma visto che Rino è un figlio di Crotone, io almeno una cosa allegra e mica tanto voglio dedicargliele: "Spero che tu ne sia contento che sono venuta a trovarti al cimitero senza un lamento. Fondamentalmente sei morto e abitavi vicino casa mia ed è stata la Nomentana a portarti via. Riesci a capire che l’Italia non è cambiata, ora abbiamo tutti i pagliacci della politica in differita. Chissà Berlusconi se t’avrebbe rotto i coglioni come Baglioni. Più o meno gli Agnelli son ancor un famiglione ma ora Marchionne manda tutti in pensione. Avresti visto un presidente nero… ma pensa tu, non ti hanno trovato nemmeno posto al cimitero. Eppure nella Ballata Di Renzo quasi te lo sei chiamato, l’ultima volta che un figlio unico sarebbe stato rifiutato. Ancora tanta gente che chiede inutilmente come stai e nel rispondere ovviamente bene è perché a così tutti conviene. Che c’hai presente che quando vai sul lungomare ti ritrovi ancora le donne rinchiuse nel dolore, ma non ti risparmiano un sorriso i calabresi tanto con il cappio al collo lo Stato li ha già presi”.
Grazie Rino per aver lasciato la nostra terra, noi anche da lontano, ci ritorniamo sempre. Figlio unico di chi vive dolore, di chi vive in Calabria…ma di chi ama l’amore. Noi combattiamo contro i mulini a vento perché il vento lo soffia il nostro Don Chisciotte.
Graziella Balestrieri

2 commenti:

giovanni fonghini ha detto...

Condivido con Graziella una grande passione per Rino Gaetano. Era un folle simpatico menestrello del XX secolo, che seppe colpire con l'ironia delle sue canzoni dissacranti il potere e i potenti dell'epoca di qualunque parte. E anche oggi, quando sono inc...to con questa malconcia Nazione Italia, che mi ostino ad amare ascolto MA IL CIELO E' SEMPRE PIU' BLU e ritrovo rabbia e passione per andare avanti.

agostino ha detto...

........continuiamo a sentirci in sintonia con i cantanti o cantautori ammirati. mancherebbe solo Lucio Battisti...........In questo caso infatti ci vorrebbe .........Una donna per amico!