Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia di martedì 5 ottobre 2010
Siamo tutti nipoti di Felice Caccamo, insuperabile maestro di educazione alla leggerezza e al sorriso: il mondo del calcio italiano può essere legittimamente considerato debitore nei confronti della Gialappa's Band e della sua brigata di artisti. Il trio formato da Marco Santin, Carlo Taranto e Giorgio Gherarducci vent'anni fa rivoluzionò il modo di vivere il rapporto con il mondo del pallone attraverso l'originale trasmissione tv “Mai dire gol”: la prima puntata andò in onda il 18 novembre 1990.
La logica degli affari e la dittatura delle pay tv stava già contaminando dirigenti e calciatori, la tensione dopo ogni domenica rendeva velenosi gli straschi post partita per giorni e giorni. Il successo segnato da questo format era tutto racchiuso in una sequenza di rubriche e sketch - realizzati da comici affermati o emergenti - in grado di ribaltare lo stereotipo drammatico del calcio italiano, esaltando figure marginali, bidoni, o ras di provincia, divenute con poche apparizioni simbolo strapaesano di una passione in grado di accendere cuori in ogni angolo del Paese.
Attraverso una satira pungente, ma mai volgare, la Gialappa's Band ha realizzato uno straordinario documento sulla televisione italiana e sul costume nazionale legato allo sport. Da pochi giorni, è possibile acquistare in edicola il primo numero di “Mai Dire Story” (edito da RTI Mediaset e curato da Fivestore, euro 10.90 per dieci uscite), una raccolta-selezione delle migliori performance del trio milanese, che mosse i primi passi sulle frequenze di Radio Popolare nel lontano 1985.
Agli albori la trasmissione durava mezz'ora e prevedeva filmati commentati in maniera pungente dai tre Gialappi (prendono il nome da un'erba purgativa messicana). Dalla seconda edizione si registrò l'innesto vincente di Teo Teocoli, con la voce di Peo Pericoli. Questa novità segnò la sempre maggiore contaminazione tra spazio con immagini sportive e la ricerca artistica di un approdo nel varietà. Il risultato delle partite diveniva così solo lo spunto su cui imbastire l'esibizione satirica, piena di “non sense” e battute travolgenti. Alcune invenzioni sono rimaste insuperati esempi di surreltà: basterebbe ricordare le gag silenziose del tandem di ultrasettantenni Gennaro e Luis, alias Gennaro Curcio e Luigi Rota. Appellati e presentati da Teocoli sempre in maniera diversa - Divani & Divani, Dolce & Gabbana, Tango & Cash, Thelma & Louise - erano diventati in breve tempo un vero cult: memorabile la sequenza nella quale Luciana Litizzetto voleva portare il duo a Sanremo, per gareggiare nella categoria “Nuove Proposte”. L'elenco dei comici passati dalla trasmissione della Gialappa's è sterminato, a riprova di come sia stata nel corso degli anni una vera palestra della nuova comicità, in grado di lanciare sempre nuove stelle, da Gene Gnocchi ad Antonio Albanese, da Bebo Storti a Francesco Paolantoni, da Claudio Bisio a Maurizio Crozza, senza dimenticare Paola Cortellesi, Fabio de Luigi e Aldo, Giovanni e Giacomo.
La trasmissione generava dei veri tormentoni grazie ai titoli delle rubriche settimanali, ormai patrimonio lessicale di giovani e meno giovani. Uno dei pezzi forti era "Vai col liscio", costruita con le immagini di clamorosi errori commessi da calciatori mixati con la musica romagnola resa famosa da Raul Casadei. Lo spazio dedicato al “Gollonzo” (neologismo ormai nei dizionari) prevedeva invece la riproposizione delle reti più inattese, realizzate grazie a delle incredibili papere degli interpreti in campo. “Un uomo, un perché”, invece, diede inattesa notorietà a dirigenti sportivi dall'innata verve comica come Pasquale Bellomo, presidente di un club minore pugliese, il Monopoli, eccellente interprete di discorsi strampalati e dichiarazioni incomprensibili (celebre quella legata alla “pozzanga”). Ai calciatori acquistati come fenomeni e poi rivelatesi bidoni, la Gialappa's dedicò lo spazio “Fenomeni Parastatali”, mentre le pagelle della trasmissione erano legate alla classifica “Pippero”, dalla canzone di Elio e le Storie Tese.
Geniale risultò il personaggio di Felice Caccamo (interpretato magistralmente da Teo Teocoli), una parodia che demolì il giornalismo sportivo serioso dei tanti processi in tv con battute ad effetto e una comicità contagiosa. Nato a Calzone Vesuviano, ridente località nei pressi di Napoli negli anni '40, Caccamo aveva una moglie che maltrattava, Innominata, e tre figli, Tancredi, Boranga e Ielpo. Evocava in ogni apparizione i suoi miti della storia del Napoli: Pesaola, Bruscolotti e Ferlaino (suo vicino di casa). La sua carriera professionale? Direttore e fondatore del giornale "O' Vicolo". Potrebbe vivere, invece, una nuova giovinezza televisiva “Frengo e stop”, il telecronista foggiano con riporto selvaggio inventato da Antonio Albanese. Carnalmente legato alle gesta dei satanelli allenati da Zdenek Zeman, con il ritorno sulla panchina dauna del profeta boemo, ritornerebbero di attualità i suoi dialoghi immaginari con gli avversari dei rossoneri, alternati a karaoke, ruote della fortuna e gite con pranzo al sacco negli intervalli tra primo e secondo tempo. Dal 2001 “Mai Dire Gol” non è più nel palinsesto di Italia 1: al di là delle scelte della rete, è il segnale del progressivo imbarbarimento che attanaglia il calcio. Contro questa degenerazione legata al business che nega cittadinanza al lato ludico dello sport, la visione, anche su Youtube, delle pillole delle trasmissioni della Gialappa's resta un antidoto garantito.
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