domenica 23 gennaio 2011

Fuori tempo e fuori luogo: dopo 25 anni, in Canada censurano i Dire Straits (di Federico Zamboni)

Articolo di Federico Zamboni
Dal Secolo d'Italia del 23 gennaio 2011
Fosse arrivata il primo di aprile, o giù di là, la notizia avrebbe potuto sembrare la classica bufala mediatica messa in giro per farsi beffe dei creduloni: il CBSC, Canadian Broadcast Standards Council, che decide di vietare la messa in onda di uno dei più grandi successi dei Dire Straits, Money for Nothing, a causa dell’utilizzo nel testo di un termine dispregiativo per indicare gli omosessuali.  
La parola in questione è “faggot”, e la si può tradurre a piacere con “finocchio” o “frocio”, o magari con qualche altra variante dialettale altrettanto esplicita. Certamente volgare e in qualche modo aggressiva, ma tuttavia di uso corrente prima che a partire dalla fine degli anni Sessanta si cominciasse a diffondere l’assai più accattivante, e persino orgoglioso, “gay”.
In realtà, comunque, Money for Nothing non è affatto un pezzo sugli omosessuali, o appunto sui gay. L’argomento è l’ostilità di un giovanotto che di mestiere fa il fattorino e che ce l’ha con le star. Un giovanotto che non è solo un ragazzo povero costretto momentaneamente a fare un lavoro del cavolo, in attesa di dispiegare qualche talento misconosciuto e approdare a qualcosa di meglio, ma uno degli innumerevoli individui che sanno benissimo che il loro presente e il loro futuro sono destinati, e condannati, a coincidere. Poveri oggi e poveri domani. Poveri per sempre, finché morte non sopravvenga o miracolo non sopraggiunga. La vita come una lotteria in cui le probabilità sono tutte a tuo sfavore. Lo sono state all’inizio e continueranno a esserlo fino alla fine. La lotteria come l’unica chance, per lo più solo illusoria, di rovesciare la situazione e diventare ricco, o ricchissimo, senza alcun merito: un po’ di numeri a caso su una schedina, e che Dio me la mandi buona. Peccato che Dio abbia altro da fare, per lo più, e che vinca sempre qualcun altro. Magari uno che è già ricco, pensa te.
Chiaro che sei incazzato, se ti ci metti a riflettere. E se ci hai fatto l’abitudine. Il fattorino di Money for Nothing è ancora troppo giovane. È ancora troppo reattivo. Ancora non lo sa, che quello che non ha, e che non avrà mai, deve imparare a desiderarlo da lontano. Ad ammirarlo senza speranza. Come una reggia in cui non gli è dato di entrare né adesso né in avvenire, per il semplice e inoppugnabile motivo che quel privilegio non gli compete. Credi, giovanotto. Non sei niente di speciale. E infatti, guarda caso, non hai niente di speciale. Una logica adamantina. Una sorta di ordine naturale. Eppure, giovanotto, abbiamo pensato anche a te, in questa grande (grandiosa) sceneggiatura collettiva. L’importante è che capisci bene come stanno le cose. L’importante è che ne prendi atto. Non sei il protagonista: sei la comparsa. Non sei la star: ma puoi essere il fan, se ti va. A volte li inquadrano, i fan. A volte finiscono nelle foto, o nei film, immortalati per sempre.
Il fattorino di Money for Nothing la vede diversamente. La pensa diversamente. La sente diversamente. Fanculo la sceneggiatura e chi l’ha scritta, e chi si ostina a ripeterla all’infinito. Fanculo le star. «See the little faggot with the earring and the makeup / Yeah buddy that’s his own hair / That little faggot got his own jet airplane / That little faggot he’s a millionaire (Guarda il frocetto con l’orecchino e il trucco / Sì, amico, questi sono i suoi capelli / questo frocetto ha il suo jet personale / questo frocetto è un milionario)».
Come capirebbe anche un bambino – prima che gli riempiano la testa di stupidaggini sul politically correct, e il cuore di finto rispetto per le minoranze – l’insulto è del tutto secondario. Anzi, accidentale. Il termine scelto avrebbe potuto essere qualsiasi altro, perché a farne un insulto non è tanto la parola in se stessa quanto il modo in cui viene utilizzata. L’aggressività con cui la si scaglia. La volontà (la speranza) di riuscire a scalfire, anche solo ai propri occhi, quell’immagine incombente di potere compiaciuto e corrotto, e irraggiungibile. Altro che insulto: è una dimostrazione di impotenza. Il ragazzo non ha sotto mano nient’altro e lancia la prima cosa che gli capita a tiro. Come una manata di fango sullo smoking. Come un barattolo contro la carrozzeria della limousine, o della spider di lusso. Le star ostentano la loro bellezza, vera o simulata, e lui prova a rovesciarne il significato dal positivo al negativo. L’estetica ridotta a esteriorità. La cura del look ridotta a effeminatezza. Non sei un gran fico. Sei solo un frocetto. Un “little faggot”.
Ovviamente non è che lui, il ragazzo, si faccia tutti questi ragionamenti, dentro di sé. Agisce solo d’istinto. E sbraita di conseguenza. Ma se avesse una maggiore consapevolezza lo capirebbe. Saprebbe che il suo intento è talmente elementare, e inconcludente, da diventare stupido. Non solo puerile. Proprio stupido. Non è dando dei frocetto ai suoi campioni, che lo star-system sparisce.
Inoltre, come ha spiegato a suo tempo lo stesso Mark Knopfler, leader indiscusso della band, la canzone non ha niente a che spartire col suo parere personale, e nemmeno col linguaggio che userebbe lui in circostanze simili. Il testo – cosa che nell’ambito delle canzoni si tende a dimenticare, nel falso presupposto che il dato biografico prevalga su quello dell’invenzione letteraria – non è altro che il tentativo di replicare il punto di vista del personaggio di cui si canta. La sua frustrazione, che diventa teppismo verbale. La sua ignoranza, che utilizza gli stereotipi di cui è intessuta. E intrisa. A meno che l’ascoltatore non sia della stessa pasta del giovanotto (inventato!) va da sé che lo percepirà con tutti i suoi limiti. Poveraccio. Essendo il tipo che è, usa il frasario che usa. Mica sta svolgendo una dotta conferenza sul fenomeno del divismo, o sulla percezione dell’omosessualità nel mondo contemporaneo. Sta solo smadonnando tra sé e sé per quello che non ha, e per il fatto che altri guadagnano un mucchio di soldi senza nessuno sforzo. Money for Nothing, appunto.
Invece di irrogare la sua assurda censura, per di più con 25 anni di ritardo, l’eccellentissimo CBSC avrebbe fatto bene a lasciar perdere. Altro che cancellare il presunto insulto alla sensibilità dei gay. Il vero insulto è trattare la gente come se fosse (ancora) più scema di quello che è.
Federico Zamboni

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