giovedì 24 febbraio 2011

All'armi siam fumetti (la recensione di Roberto Recchioni)

Dal blog di Roberto Recchioni
All'armi siam fumetti è un saggio scritto da Roberto Alfatti Appetiti e raccoglie articoli e interviste che il giornalista ha realizzato per la sezione culturale del quotidiano Secolo d'Italia. Tra i vari "ospiti" del libro, Sergio Bonelli, Gianfranco Manfredi, Roberto Diso e pure il sottoscritto.
Prima di andare oltre, chiariamo un punto: questo di Alfatti Appetiti è un libro schiettamente fazioso. E non c'è niente di male in questo. Personalmente, trovo molto più discutibile l'approccio di alcuni presunti studiosi del nostro settore che, dietro una parvenza di distacco, continuano ad operare nel segno di quella critica vetero-comunista che, in special modo negli anni '70, tanti disastri ha fatto in ambito culturale (tra cui, mettere all'indice autori maestosi come Sam Peckimpah, John Milius, Clint Eastwood e via dicendo).
Comunque sia, il libro di Appetiti è una raccolta di ritratti di personaggi e autori del nostro settore, visti da destra. Una volta dato per assodato questo, si può esaminare il testo con la giusta serenità e apprezzarne il punto di vista inedito e curioso e la passione con cui è stato scritto. Del resto, non si può nemmeno non notare che talune "appropriazioni" sono davvero indebite e tirate per i capelli e che certe buone intuizioni critiche vadano un poco perse a causa di questo atteggiamento.
Detto questo, chiarisco la mia posizione riguardo al volume di cui, peraltro, ho realizzato l'introduzione che tanto ha suscitato le ire di Alessandro Di Nocera (trovate tutto QUI).
Alfatti Appetiti è un giornalista che, a più riprese, si è interessato al mio lavoro. Certe volte ho apprezzato quello che ne è uscito fuori (come nel caso del pezzo dedicato a Mater Morbi), certe volte meno (come nel caso della mia prima intervista con lui che però, va detto, è principalmente figlia della mia inesperienza con la stampa generalista). In occasione dell'uscita di questo libro, Alfatti Appetiti mi ha chiesto tre cose:
- se poteva usare un'immagine di John Doe per la copertina.
Richiesta a cui ho detto sì senza alcune remora, anche perché, mi faceva piacere vedere qualcuno che dava risalto al mio personaggio (e non ho vergogna nel dirlo).
Mi fa sorridere l'immagine scelta che, isolata in quella maniera e, sotto quel titolo, acquista una valenza completamente diversa rispetto all'idea originale per cui era concepita? Assolutamente sì. Mi indigno? Non molto.
Perché... io conosco John Doe. So che in alcune sue storie ci sono degli elementi in cui la destra potrebbe riconoscersi (come in tanti film e romanzi che amo profondamente) e so che, nel complesso, JD non è un fumetto che esprime valori di destra. Semmai, è un anti-eroe, stronzetto e libertarista e paga salato questa sua natura. E poi perché mi fa sorridere l'idea l'idea che qualcuno si avvicini a John pensando di trovare un personaggio "a braccio destro teso" e che finisca per scoprire che le cose sono parecchio diverse.
Però chiariamo una cosa: mi posso permettere "il lusso" di un atteggiamento del genere perché sono l'autore del personaggio in questione. Se fossi "solamente" un lettore, è probabile che mi incazzerei come un ape (del resto, l'ho fatto qui e qui, ed è inutile essere ipocriti davanti a questa cosa).
- se volevo rivedere i pezzi che mi riguardavano e che sarebbero apparsi nel libro.
All'inizio ho accettato. Poi ho deciso che non volevo farlo. Per il semplice fatto che quelli sono i pezzi che sono usciti in origine e, come detto, se ci sono cose che non mi piacciono, dipendono più che altro da me. Sono errori miei, come il tatuaggio di Superman che mi porto sul braccio sinistro. Non ho mai pensato di coprire quel tatuaggio perché mi piace portarmi dietro i miei sbagli, non li rinnego mai e, soprattutto, mi vergognerei molto di più nel cercare di nasconderli.
- se avessi voglia di scrivere un pezzo sulla situazione attuale, in termini commerciali e culturali, del fumetto in Italia.
Ecco, qui c'è un piccolo distinguo da fare. Io ho scritto un pezzo a riguardo della situazione del fumetto in Italia. Non avevo capito che sarebbe stato usato come introduzione al volume. E non lo dico perché, avendone coscienza, non l'avrei scritto, ma per il semplice fatto che sapendolo, avrei scritto un pezzo diverso, probabilmente concentrandomi sull'approccio di Alfatti Appetiti, magari anche con un punto di vista critico (del resto, non sarebbe stata la prima volta). In sostanza, il mio rammarico non è quello di aver scritto un'introduzione a questo libro, il mio rammarico è di non averlo fatto.
E credo che sia tutto.
Saluti.
Roberto Recchioni
FONTE

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