Anche per questo un'altra destra è possibile
Pubblichiamo di seguito le conclusioni del saggio di Luciano Lanna "Il fascista libertario" (Sperling & Kupfer, pp. 255, € 17), da pochi giorni in libreria.
Dal Secolo d'Italia di venerdì 11 febbraio 2011
Non c'è alcun dubbio: che i fenomeni della politica vadano interpretati soprattutto attraverso l'immaginario è il dato irreversibile e di lungo periodo affermatosi negli ultimi anni e la prova più evidente della fine dei riferimenti otto-novecenteschi. Ne scaturisce un processo di grande liberalizzazione del pensiero e della sensibilità civile che si ravvisa scorrendo il racconto stesso della politica italiana contemporanea.
Facciamo un esempio specifico. Non pochi cronisti hanno osservato l'identica citazione di Antoine de Saint-Exupéry fatta propria sia da Gianfranco Fini alla prima convention di Futuro e libertà del 2010 sia da Walter Veltroni al discorso del Lingotto con cui si candidava alla guida del Pd nel 2007. Il riferimento specifico era quello al popolo che «solo perché avverte la nostalgia del mare si mette spontaneamente a costruire la nave». Una sensibilità evocata anche da un'altra frase dell'autore del romanzo Il Piccolo Principe a sua volta riproposta nella manifestazione finiana: «...nella vita non ci sono soluzioni. Ci sono delle forze in cammino: bisogna crearle, le soluzioni vengono dopo».
Il poeta e scrittore Giuseppe Conte ha osservato che tutta l'opera di Saint-Exupéry appartiene a un genere di letteratura - che comprende anche testi come Siddharta di Hermann Hesse, Il Signore degli Anelli di Tolkien o Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach - che con la semplicità delle fiabe riesce a evocare percorsi simbolici «destinati a essere amati e talvolta saccheggiati da lettori anche impensabili». Come accade, appunto, quando Il Piccolo Principe viene «citato da politici di diversi schieramenti». La fiaba-apologo di Saint-Exupéry va infatti «riconsegnata alla sua energia di invenzione fantastica e di demistificazione degli stereotipi». Sugli asteroidi che visita, il protagonista del romanzo incontra vari personaggi che incarnano le figure del potere, della ricchezza, del sapere, ma li trova, con la implacabile logica dell'infanzia, tutti inadeguati e privi di autorevolezza. Gli stereotipi finiscono per sgretolarsi, è come se uno sguardo nuovo ridefinisse tutto e si possa finalmente ripartire. Riconnettersi a questo approccio può significare dal punto di vista dell'immaginario la rottura con lo schema conformista e la finzione classificatoria che per troppo tempo hanno ingabbiato il «caso italiano». Lo ha spiegato molto bene Pierluigi Battista, contestando «il simulacro di guerra civile inscenato ogni giorno da chi crede che il bipolarismo politico si traduca immediatamente in bipolarismo culturale e si sublimi addirittura in un bipolarismo antropologico. Come se davvero esistessero due blocchi culturali omogenei, uno di destra e uno di sinistra. E come se davvero esistessero due distinti tipi umani, il tipo di destra e il tipo di sinistra». Non solo non esistono, ma questi stereotipi, per tornare a Saint-Exupéry, vanno definitivamente destrutturati. Con la loro parodia della militarizzazione della società e della cultura si finisce infatti per essere dominati da un lato dal conformismo illiberale, dall'altro dall'ossessione del tradimento e dal continuo sospetto del sabotaggio. «Con l'invenzione del mito delle due Italie irriducibilmente contrapposte», precisa Battista, «la sfumatura diventa tiepidezza inammissibile, il chiaroscuro intelligenza con il nemico.» Così, tanto per spiegarci, una ragionevole proposta di integrazione e cittadinanza per gli immigrati regolari e rispettosi delle leggi, che lavorano e conoscono la lingua italiana, diventa un sotterfugio per stravolgere la nostra identità nazionale. E la proposta di introdurre la pensione di reversibilità per il convivente di fatto si traduce nientemeno che in un attentato alla famiglia. Ecco, è soprattutto da questo punto di vista che vanno interpretati lo «strappo» di Gianfranco Fini in diretta televisiva con il dito alzato di fronte a Berlusconi del 22 aprile 2010, il successivo discorso di Mirabello di settembre e la prima convention di Futuro e libertà. Al di là della costruzione di una nuova soggettività politica, il dato centrale e di lungo periodo sta infatti nella rottura degli stereotipi che hanno retto e interpretato per troppo tempo il dibattito pubblico in Italia e la riacquistata libertà di dire cose nuove. Molti segnali lo confermano. Alla convention di Bastia Umbra hanno risuonato le note di Bruce Springsteen e la colonna sonora di C'era una volta in America. Sono stati citati, sempre in quella sede, versi di Walt Whitman e di Ezra Pound, i due poeti che erano i punti di riferimento dei protagonisti de I vagabondi del Dharma di Jack Kerouac. Esplicito, del resto, il riferimento alla cultura libertaria dei diritti civili nelle parole espresse da Chiara Moroni, Benedetto Della Vedova, Francesca Scopelliti e Tiziana Maiolo. E non è mancato anche chi, come Italo Bocchino, ha fatto riferimento a John F. Kennedy, o Carmelo Briguglio che ha ricordato la metafora del film L'attimo fuggente. E non è mancato l'esplicito invito a pensare ormai la politica oltre i vecchi steccati e le vecchie ricette.
«Non c'è politica», si leggeva nel «Manifesto di ottobre», presentato solo qualche giorno prima da un gruppo di intellettuali interessati al varco delineatosi con lo"strappo" di Gianfranco Fini, «senza un pensiero di rottura che esprima la passione del presente come intelligenza del futuro, che non è solo dopo, ma è anche altro: è sparigliare le carte e le compagnie del gioco per disegnare nuove coordinate dell'impresa comune. Mobilitazione di energie intellettuali e politiche per l'edificazione di un nuovo paesaggio nazionale». Lo spiega uno dei sottoscrittori, il filosofo Giacomo Marramao: «È probabile che domani il mio amico Franco Cardini si schiererà con Fini e un altro firmatario dell'appello come il sottoscritto con Sinistra e libertà. Ma sapere che uno come me, magari deluso da un partito di sinistra, potrebbe anche votare dall'altra parte senza che ciò costituisca un dramma mi pare un'acquisizione straordinaria. È la fine della guerra civile del '900, il tentativo di gettare le basi di una rigenerazione della politica nel nostro caro Paese». A di là della destra e della sinistra.
Luciano Lanna
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