domenica 20 marzo 2011

Burlesque, l'ironico spogliarello che ci salverà dal velinismo (di Mario Bernardi Guardi)

Articolo di Mario Bernardi Guardi
Dal Secolo d'Italia del 20 marzo 2011
Dappertutto, carico di rinnovata vitalità, impazza il burlesque. Lo aveva rilanciato Patrick Dennis con l'autobiografia apocrifa della candida e spudorata Belle Schlumpfert, attrice dai non difficili costumi e dalle non eccelse qualità interpretative, ma che, ben dotata da Madre Natura, passa indenne attraverso mille avventure (Povera Piccina, Adelphi, pp. 343, euro 22). 
All'inizio della sua non fulgida carriera, Belle, dopo aver dato un rapido saluto a mammina, troppo impegnata presso la "casa" di Madame Louise per occuparsi della sua educazione, scopre il burlesque, si trova subito a perfetto agio nell'ambiente e annota convinta: «Chi ha deciso di chiamare il burlesque la commedia dell'arte americana non è andato molto lontano dal vero. Vorrei ricordare ai miei lettori che ai tempi d'oro il burlesque non era affatto una passerella di spogliarelliste e attricette che oltre una mossa e una sculettata non andavano, con diverse parti vietate ai minori e un corredo di battute un tanto al chilo. Nossignori, all'epoca il burlesque era uno spettacolo vero, e anche molto raffinato, la palestra alla quale si sono formati tutti i nostri interpreti più grandi, al novero dei quali sono fiera di appartenere».
Sulla fierezza di Belle come attrice di burlesque e come attrice in assoluto, chi legge il libro vedrà che non c'è da scommetterci più di tanto, ma sul fatto che il burlesque possa rivendicare i suoi quarti di nazionalpopolare nobiltà marcata prima british e poi yankee, ci giura, invece, Lorenza Fruci in un libro ricco di notizie, aneddoti e illustrati ammiccamenti sexy (Burlesque. Quando lo spettacolo diventa seduzione, introduzione di Dario Salvatori, Castelvecchi, pp. 252, euro 25).
La scrittrice romana si inserisce nella riscoperta di questa forma di spettacolo, che, propiziata dall'omonimo film con Christina Aguilera e Cher, da un reality show su Sky e addirittura da corsi di avviamento alla disciplina aperti in varie città, ha toccato con la sua onda lunga anche il Carnevale di Viareggio. Quest'anno la grande festa versiliese ha previsto, infatti, una tre giorni dedicata all'eros e al glamour burlesque, che si è svolta al Centro Congressi del Principe di Piemonte. In programma ci sono state performance di smaglianti star, frizzi, lazzi, coriandoli, cotillons e champagne, nonché, appunto, la presentazione del libro della Fruci.
Burlesque è un fiorire di curiosità per gli appassionati del genere e per i non addetti ai lavori. Ma la Fruci, laureata in Scienze della comunicazione e autrice di un bel libro su Totò, di cui ci siamo occupati su queste pagine (Malafemmena, Donzelli), prima di tutto vuol dirci qual è la sua idea del fenomeno. Il libro, che è stato scritto in nove mesi e raccoglie il lavoro di due anni e mezzo di studi e indagini, presenta il burlesque come qualcosa di più di una semplice moda passeggera e mette in evidenza la varietà e anche le molte contraddizioni di un genere in continua evoluzione, che cambia - spiega l'autrice - «a seconda delle epoche e dei paesi». Nel mondo e in particolare dell'Italia di oggi, per esempio, secondo la Fruci, donne e uomini avevano bisogno del burlesque per avvicinarsi «a un nuovo modo di vivere la sessualità. Libera, disinvolta, ironica, giocosa». «Perché - spiega l'autrice - la pornografia (anche televisiva) aveva stancato e le donne non ne potevano più, da una parte, di essere paragonate ai modelli del mondo dell'hard e, dall'altra, a quelli delle veline. L'hard nel letto, il velinismo nella vita. Così si sono riappropriate di loro stesse, cavalcando l'onda del new burlesque».
Ed è forse da legare a questa lettura in qualche modo sociologica il grande successo che stanno avendo in Italia i corsi di burlesque. Molte ragazze e molte donne italiane si sono lasciate affascinare da questa "arte" alla portata di tutte, che non è solo ballo, ma anche eleganza e bellezza tout court, vissute però con grande ironia. «Non esistono donne brutte, esistono solo donne pigre», è una dichiarazione della più nota star mondiale di burlesque, Dita Von Teese, che è assurta ormai ad aforisma e che contempla è molto di più di una sorta di semplice consiglio della nonna: contempla l'idea di una bellezza che non è mai fissa, stereotipata, imposta da modelli altri, ma scaturita prima di tutto da un modo di essere e di sentirsi libere.
Ora, è vero che per vivere l'eros con passione e curiosità, intelligenza e gusto del gioco, basterebbe essere appassionati, curiosi, intelligenti ecc., ma stante la penuria di questa materia prima, anche il burlesque un aiutino lo può fornire. Se lo consideriamo per ciò che è stato - la Fruci risale alle origini ottocentesche di questo variopinto varietà, concepito e attuato per il divertimento della classe lavoratrice - e per ciò che in qualche modo è tornato a essere (si pensi all'esibizione della Von Teese al Festival di Sanremo dello scorso anno), dopo alterne vicende, da una stella all'altra, dalle stelle alle stalle, tra balletti e battute, calzemaglie e chiffon trasparenti, tanga e puntini (leggi copricapezzoli), nudi talvolta anche crudi (ma se è porno, non è burlesque!, protestano gli intenditori del genere) e vagabondanti fantasie erotiche. Con tanto di icone scintillanti nel firmamento burlesque, magari senza che le titolari della profana aureola si fossero mai esibite in questo tipo di show. A bastare erano il loro carattere, la loro personalità, la loro ironia. Certe volte, bastava la parola. Nel senso di battuta. Come quella, celeberrima, della spregiudicatissima Mae West: «Hai in tasca una pistola o sei semplicemente felice di vedermi?».
Ma il divertito vagabondaggio della Fruci tocca le più varie stagioni e situazioni, sino ad approdare ai giorni nostri, dunque a quel new burlesque che reagisce alla dilagante volgarità dei tranci di carne in esposizione, proponendo «qualcosa di meno esplicito ma di più stuzzicante». Si tratta di assumere a propria insegna il ritorno all'immaginazione e alla fantasia, allo scopo di recuperare «uno status di forma artistica onorevole». La Dita Von Teese sanremese che fa il bagno in un bicchiere di champagne docet. A proposito: ma noi una tradizione burlesque la abbiamo? No, nelle nostra tradizione ci sono il varietà, le sciantose che fanno la mossa, l'avanspettacolo, con comici, artisti vari e procaci ballerine. E c'è, canzone-icona di un italico, meglio partenopeo, spogliarello deliziosamente ruspante, la mitica E llevate ‘a cammesella. Con un seguito di «'gnornò, ‘gnornò» che alla fine diventano «sì». Chissà, forse il vero divertimento erotico nazionalpopolare l'abbiamo inventato noi e magari a partire dal duecentesco Contrasto di Ciullo d'Alcamo tra il focoso giullare e la formosa contadina, l'uno e l'altra bravissimi nel gioco delle parti.
Mario Bernardi Guardi

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