domenica 20 marzo 2011

Umberto Croppi: nucleare? Già nell'87 parlavamo di rinnovabili

Intervista a Umberto Croppi
Dal Secolo d'Italia del 20 marzo 2011
«Nuova Hiroshima» abbiamo definito così su queste pagine la tragedia che potrebbe abbattersi sul Giappone se nella centrale nucleare di Fukushima i cinquanta "eroi" che cercano di scongiurare le esplosioni non dovessero farcela. E lo shock di oggi ha riportato inevitabilmente al centro il dibattito sull'utilizzo del nucleare. Anche perché in Italia - come accadde nel 1987 con Chernobyl - di mezzo vi è ancora una volta un referendum: segno che, a distanza di tempo, ancora non si riesce ad avere un piano energetico per il Paese. Umberto Croppi, ai tempi del primo referendum dirigente del Msi e adesso membro di Fli, ricorda bene quella stagione. Anche perché fu in prima linea nella "minoranza" apertamente antinuclearista. E tale è rimasto. 

Che effetto fa sentirsi allo stesso punto del 1987?

C'è la coincidenza strana che tutte e due la volte che gli italiani sono stati chiamati ad esprimersi sul nucleare c'è stato un avvenimento che ha fatto cambiare l'atteggiamento. Mi trovo spesso a parlare con sostentori del nucleare che mi spiegano come quello di 25 anni fa aveva dei problemi mentre oggi dà tutt'altre garanzie: però se a quel tempo fosse passata la logica di quelli che ammettono adesso che era un tecnologia imperfetta ci troveremmo oggi venti bombe atomiche in giro per l'Italia.

Questo che cosa significa?

Che il problema vero non è quello della sicurezza. Il disastro in Giappone ha dimostrato una cosa: che la dipendenza del nucleare è peggiore da quella di qualsiasi altra fonte. Non solo l'economia è in ginocchio dopo che le centrali si sono fermate ma anche le aziende stanno delocalizzando. E poi c'è l'argomento degli argomenti: contrariamente a quello che dicono i sostenitori l'opzione nucleare questo costa di più ogno altra fonte nel complesso. Da noi, poi, genererebbe dipendenza perché qui non abbiamo né brevetti né tecnologia. Come se non bastasse, poi, la cosa decisiva sono le scorie: che sono ineliminabili. Consegneremo ai nostri figli tutte queste incertezze?

Ai tempi del referendum lei si schierò apertamente a favore, nonostante un Msi "tiepido" sull'argomento.

Sì, ricordo una campagna importante con banchetti e raccolta di firme. Era un impegno minoritario all'interno di un Msi in maggioranza filonucleare. Tanto che le nostre posizioni venivano liquidate come ammiccamento alla sinistra o come un atteggiamento reazionario. Insomma, oggi come ieri, registro una chiusura ideologica proprio da parte dei sostenitori del nucleare. Mi dicono amici miei: «Ma come non eravamo per Marinetti? Non eravamo per la modernità?». Ma qual è, dico io, il nesso tra modernità e nucleare? Invece immagino che se avessimo seriamente investito sulle energie rinnovabili a che livello potevamo essere oggi.

In ogni caso sembra che ben poco si sia mosso in tutti questi anni.

È l'atteggiamento italiano. Se non ci sono delle lobby che si muovono a sostegno di una cosa non si muove nulla. Lo si è visto adesso: proprio sulle energie rinnovabili alle quali vengono tolti tutti gli incentivi.

Che ne pensa del livello del dibattito italiano in questi giorni dopo il disastro in Giappone?

C'è un livello di attenzione positivo, importante, da parte di tutta una serie di analisti e di giornalisti - perfino di Giuliano Ferrara - che finalmente a partire dall'incidente stanno dicendo che è il momento di ridiscutere senza pregiudizi. Dall'altra parte invece ci sono della posizioni incredibili: quando Angelo Panebianco scrive che ciò che è successo in Giappone è la prova che il problema è stato solo di quella centrale è evidente la malafede: perché solo quella centrale è stata interessata dal sisma. Fortunatamente però stanno prevalendo i ragionamenti.

C'è chi dice che l'emotività in questi casi può giocare brutti scherzi...

È vero il contrario. Nel senso che gli argomenti emotivi sono solo quelli che vengono utilizzati dai sostenitori ideologici del nucleare che parlano sempre di "modernizzazione" senza spiegare quale. Mentre da parte di chi si oppone vi sono studi e proposte.

Che ne pensa di un governo che prende una "pausa" dal nucleare più per paura di perdere voti che di affrontare seriamente l'argomento?

La dice lunga sulla sua credibilità. E dimostra oltretutto come in realtà non c'è nessun piano energetico. Basti pensare che la cosiddetta commissione della sicurezza non ha nemmeno una sede fisica...

(intervista a cura di Giovanni Bandini)

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