mercoledì 20 aprile 2011

Undici anni fa moriva Tony Augello, un piccolo ricordo personale

Roma. Una giornata qualsiasi a metà anni Ottanta, forse il 1985 o il 1986. Sezione Balduina o Aurelio? Non ricordo bene, in quei tempi vivevo con mio cugino Furio in una soffitta (senza bagno) in via Cogoleto, a due passi dalla Pineta Sacchetti. All'occorrenza, tuttavia, nel piano sotto a noi, abitava suo padre, zio Nino, ex capitano della Folgore in Africa settentrionale.

Quando gli dicemmo che avremmo militato nel Msi, non sembrò molto entusiasta, forse perchè mio cugino era ancora liceale o perchè non molto tempo prima Paolo Di Nella era stato assassinato. Poi, forse per non deluderci, aggiunse un sibillino: comunque meglio voi, degli altri.
Ricordo solo che si trattava di un garage e che la/lo frequentammo raramente, io mi ero da poco iscritto all'università e preferivo spingermi fino a Sommacampagna (il mio "capo" era Camillo Scoyni) e appena potevo scappavo in Abruzzo dove, insieme a pochi amici, avevamo rifondato il Fronte della Gioventù in una birreria (la storia non insegna niente, alla fine).
Il primo ricordo che ho di Tony Augello è in quel garage: lo vidi arrivare, pieno di contagiosa energia e con uno scatolone pieno di libri tra le mani. Ne distibuì una copia a ognuno di noi: si trattava di Orientamenti di Julius Evola, un libro snello ma importante, che ho gelosamente custodito. Non ci si chiedeva di affiggere manifesti - quanti ne ho attaccati- né di fare volantinaggio... ma di investire sulla nostra consapevolezza.
Di uomini così: veri, disponibili, appassionati, colti, "irriducibili" nella loro generosità, nella mia lunga esperienza "militante" ne ho conosciuti tanti. E mi hanno dato tutto quello che avevano e di cui io avevo bisogno: l'esempio, il sorriso, il sostegno. Non c'erano prospettive verosimili di carriera, né eravamo lì per quello. C'era - semmai - la certezza dei rischi, per non dire dei pericoli, delle difficoltà oggettive che avremmo dovuto affrontare, delle diffidenze, degli ostacoli cui sarebbero/saremmo andati incontro (e che non sono mancate). Il che rendeva tutto più interessante e le amicizie più intense. Erano tempi in cui la parola cameratismo ancora significava qualcosa. 
Per questo, quando sento parlar male del Msi, dei suoi uomini e delle sue donne, liquidarne la storia con sufficienza, mi viene voglia di mettere la mano sulla... tastiera. Tanto più adesso, che quel vecchio mondo non c'è più, sempre più lacerato, disperso, diviso in mille rivoli e smodate ambizioni personali.
E mi viene da pensare che uomini come Tony Augello, in queste giornate confuse, sarebbero stati preziosi.
Per i consigli, certo. Per gli orientamenti che ci avrebbero fornito.
Ma soprattutto per l'esempio, l'unica cosa che, alla prova dei fatti, conti davvero.
R.
«Del Msi mi piaceva lo stare spalla a spalla con gli altri, la condivisione di qualcosa di importante ma di indefinito. Il Msi era il grande diverso in un paese in cui tutti correvano ad abbracciare il vincitore. Non mi pento di niente, rifarei tutto».
Tony Augello

Ps. Sul Secolo di oggi c'è un articolo di Annamaria Gravino che ne ricorda la figura.
Segnalo anche l'articolo che gli dedicò lo scorso anno (nel decennale della scomparsa) Annalisa Terranova, qui.

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