Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 31 gennaio 2012
Si può cambiare fede calcistica? Lo scrittore Roberto Cotroneo, sulle colonne della “Gazzetta dello Sport” – il quotidiano più letto dagli appassionati della dea Eupalla - ha confessato pubblicamente di aver abbandonato la passione per la Juventus per abbracciare il credo della Roma di Francesco Totti.
Cresciuto ad Alessandria, la città di Gianni Rivera, ricorda gli anni giovanili in una comunità sportiva di “gente ruvida, che amava i calciatori concreti”. Allora era “uno juventino non praticante: per vicinanza geografica, per simpatie torinesi”, sedotto dalla classe di Michel Platini, “Le Roi” della Vecchia Signora. La conversione è avvenuta nella Capitale, la conversione: “Poi ho dimenticato il calcio. La Juventus rimase un ricordo dei miei anni piemontesi. A malapena sapevo come finivano i campionati. Finché non sono arrivato a Roma, 25 anni fa. Roma è tutto meno che grigia. Città esagerata, ironica, sfottente, magica. Maglie giallorosse e due figli romani, appassionati di calcio: entrambi nati con Totti che già indossava la maglia numero 10. Ho ricominciato a guardare le partite con loro e ho scoperto un mondo”.
Per spiegare questo cambio di casacca, e scongiurare di esser rinchiuso in un cerchio dantesco insieme ai traditori, Cotroneo ricorre all’antropologia: “La fede calcistica spesso ha qualcosa di arcaico. È un’appartenenza tribale prima di essere una scelta sentimentale. Ogni volta che racconto che sono diventato romanista, da juventino latente, vengo guardato dal mondo dei tifosi con un misto di sospetto e una certa accondiscendenza”.
Lo scrittore sudamericano Eduardo Galeano non avrebbe dubbi nel biasimare la scelta di Cotroneo, che non è poi nella sostanza dissimile da quella del giornalista Emilio Fede, diventato milanista una volta sbarcato alla Fininvest dopo aver sostenuto per una vita la Juve: “Nella propria vita si può cambiare tutto: la fede politica, l fede religiosa, a cittadinanza, gli amori. Ma non si può cambiare – scrive il romanziere uruguaiano - la squadra per cui si è scelto di tifare da piccoli”. L’outing di Cotroneo è tuttavia coraggioso, dichiarato “urbi et orbi” sulle pagine della bibbia rosea del calcio, ma sferzante nei confronti dei suoi detrattori: “Cos’è uno che cambia squadra? Uno che di calcio non capisce niente. E invece rivendico l’appartenenza non tribale, ma quella sentimentale”. Tifare per una squadra di calcio è qualcosa che ha molto in comune con la fede, e chi tiene ai colori della propria squadra per tutta la vita non è un troglodita. Il discrimen è tra credenti e non credenti. Cotroneo è un calcisticamente un laico. E non sa cosa si perde.
Michele De Feudis
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