Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia del 24 gennaio 2012
Non c'è l'armonia del bel calcio giocato, non ci sono sorrisi di circostanza, frasi di comodo, prassi convenzionali, auspici sul «ritorno delle famiglie allo stadio» - ammesso che le famiglie italiane per intero ci siano mai state allo stadio - o propositi di «tifo pulito»; né si parla di calcio-calcio, quindi di sport. È Il teppista. Trent'anni maledetti a Milano, un libro violento, diretto, non di compromesso, come del resto la vita di Nino Ciccarelli, che è per l'appunto il teppista in questione raccontato nel libro. Non ci saranno tutte le finzioni narrative cui si faceva menzione precedentemente, ma nella storia di Ciccarelli, raccontata nelle 151 pagine del libro scritto da Giorgio Specchia, e dato alle stampe grazie all'intraprendente casa editrice Indiscreto di Stefano Olivari (euro 12, in vendita sul web www.ilteppista.com e nelle librerie tradizionali), c'è tanta verità.
Digitando su google il nome "Nino Ciccarelli" ci si può fare ben presto un'idea sul «teppista». Eppure, per conoscerlo veramente, la lettura del libro è inevitabile. Soltanto in quelle pagine c'è la sua vita non esemplare, la sua storia travagliata, la sua verità. Una verità cui spesso l'informazione "ufficiale" ha fatto torto, perché non sempre i titoli dei giornali, le notizie sparate in pagina, i capi di accusa che risuonano come condanne a priori, sono verità in assoluto. Esistono vicende più o meno tragiche sulle quali si è fatta forse troppa dietrologia, o in certi casi troppa sociologia nel senso proprio del termine. I fatti e le loro conseguenze sono quasi sempre state raccontate da gente che la curva non l'ha mai frequentata.
Uno dei casi in questione è quello che riguarda la morte di Nazzareno Filippini, tifoso dell'Ascoli morto nel 1988 a seguito di scontri tra interisti e ascolani. Per una volta c'è la versione dei fatti del presunto colpevole, del teppista, dell'ultras. Nino Ciccarelli quel giorno era ad Ascoli, partecipa agli scontri, non è l'assassino, ma finisce in carcere. Non sarà la prima né l'ultima volta: dietro le sbarre trascorre complessivamente dodici anni, dodici come le foglie di edera che si tatua sul braccio sinistro, una per ogni anno di galera realmente scontato. Una foglia che se ne va, come un anno di vita. Eppure lui non è un omicida: ben presto diventa un caso sociologico, «lui, volontario della Croce Rossa che si trasforma in assassino della domenica».
Nino Ciccarelli non si risparmia nulla, non maschera le sue colpe. Si racconta tramite Giorgio Specchia, che dal 1996 lavora alla Gazzetta dello Sport, ma che a metà anni Ottanta è stato tra i fondatori dei Viking dell'Inter, il gruppo di Nino. Quelli dei Viking, quando scherzano, cantano la canzone di Vicky il Vichingo, un cartone animato arrivato in Italia nel 1981. Quando fanno sul serio si conquistano il loro spazio nell'ambito di una curva "nera", culla in precedenza dei sanbabilini, poi dei paninari, fino agli Skins. Una curva che ha origini nel 1969, anno tatuato sul petto di Nino Ciccarelli. Una curva, per certi versi, come le altre, con i suoi fumogeni, la passione, i colori, i suoi tipi strani, le mode giovanili, giubbotti e dr. Martens, skinheads, mods, trasferte in treno e tutto quello che necessitava nel bel mezzo degli anni Ottanta.
I Viking nascono nel 1984, nella Milano da bere dove c'è chi beve, chi si droga e chi spaccia, chi si scontra e chi si accoltella, chi fa scommesse clandestine: in mezzo a tutte queste sfaccettature della Milano stradaiola c'è sempre Nino. Che è lo stesso Nino capace di regalare dodici milioni di lire a un amico, con la motivazione «a me per ora i soldi non servono», che è capace di stare male pensando a una studentessa violentata dallo zio. Lo stesso Nino che, in uno spaccato esilarante del libro, si esalta alla visione di Chuck Jura, un tempo colonna portante del basket milanese. Riesce a portare Jura al Palalido, dove giocava la Xerox Milano, e a sorpresa fargli intonare da un manipolo di nostalgici il coro che lo caricava a ogni partita «Lotta Jura, senza paura».
Nino che comanda a Milano, Nino e la droga, Nino che gestisce i biglietti dei tifosi juventini di Milano, Nino che s'infila in giri importanti e che racconta di calciatori che vanno a trans, o di attaccanti dell'Inter trovati ubriachi nei locali della movida meneghina due ore dopo aver perso un derby. Nino racconta molto di più e in maniera diversa quello che spesso non sanno dire i giornali.
Matteo Marani, direttore del Guerin Sportivo, ha riflettuto sul senso di alcune rivelazioni: «Nino Ciccarelli confessa anche di giocatori interisti trovati nei privèe strafatti e strabevuti, con mignotte al loro fianco. Brasiliani che festeggiano fino all'alba, prima di una partita di campionato, con tanto di trans. Se lo avesse scritto un qualunque altro personaggio, per esempio un giornalista, si sarebbe beccato la reazione stizzita della società. Magari una querela. Invece tutti tacciono. Non possono certo accusare Ciccarelli di avercela con l'Inter». Non è una bella storia, ma è una storia vera. E spesso, si sa, la verità è sconveniente.
Giovanni Tarantino
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