mercoledì 17 aprile 2013

C215, l’arte che non vuole cambiare il mondo ma renderlo più bello

Pubblicato sul Secolo d'Italia.it il 17 aprile 2013
Centurioni romani, gatti, vespe, ma anche riproduzioni delle opere di Caravaggio. Passeggiando per Roma, in particolare per il centro storico e nei quartieri di San Lorenzo, Trastevere e Monti, può capitare di imbattersi in muri “disegnati”. No, non imbrattati. Quelli, ahinoi, sono meno rari e tutt’altro che gradevoli. Parliamo di opere d’arte che non soltanto riqualificano spesso ambiente degradati, ma regalano sorrisi ed emozioni ai romani curiosi come anche ai tanti turisti che improvvisamente si trovano difronte a un muro (o a un secchio dell’immondizia o a una vecchia cassetta postale) ravvivata dalle opere di C215. Una sigla astratta quanto ignota per chi non “mastica” d’arte.
A svelarci il “mistero” è Sabina de Gregori che, dopo aver già pubblicato “Bansky. Il terrorista dell’arte” (2010) e “Shepard Fairey, in arte Obey” (2011), ha appena messo a segno il terzo volume di una immaginifica trilogia made in Castelvecchi sull’arte di strada con “C215. Un maestro dello stencil” (pp. 215, € 29), biografia ufficiale e catalogo completo dei lavori di C215. Il cui vero nome è Christian Guémy, artista nato a Bondy, una delle banlieu a nord-est di Parigi, il 18 ottobre 1983. Una formazione, la sua, quanto meno inconsueta per un artista di strada: un master in teoria dell’architettura, uno in storia della teoria dell’arte, un altro ancora in economia e mercati internazionali e una importante esperienza lavorativa nel settore della decorazione e dell’esportazione di arredamenti di lusso. Il suo primo stencil (lavoro che consiste nel ritagliare le mascherine di cartoncino su cui è disegnata l’immagine) arriva “solo” nel 2006, a trentatré anni, e ritrae Ava, la madre di sua figlia Nina. Da allora, C215 non si è fermato più. Ha dipinto e lasciato tracce di sé sui muri di Parigi, Londra, Tel Aviv, San Paolo, Gerusalemme, Los Angeles, New York, Napoli e in tantissimi altri luoghi in cui le sue opere sono riconosciute come patrimonio comune, riprodotte e vendute dalle case d’asta più importanti. Un percorso artistico – puntualmente ricostruito da Sabina de Gregori passo dopo passo, viaggio dopo viaggio, opera dopo opera – caratterizzato da un’inesauribile volontà di perfezionamento nell’utilizzo della tecnica dello stencil applicato alla ritrattistica, attraverso workshop, “festival delle bombolette”, mostre personali e collettive in ogni angolo del mondo. Ovunque è andato, C215, autentico indagatore dell’identità umana, ha “catturato” e restituito le espressioni delle culture più diverse in immagini sempre più dettagliate e ricche di sfumature. “I ritratti di Christian – spiega l’autrice – sono carte d’identità: persone sofferenti, felici, tristi o stupite assumono attraverso i suoi stencil un valore universale, rappresentano non più solo loro stesse ma tutti noi”. Nei suoi soggetti ci sono perdite, dolore e malinconia ma anche contemplazione, gioia e innocenza. La città dove vive, Vitry-sur-Seine, a pochi chilometri da Parigi, è diventata un vero e proprio museo a cielo aperto che, come tale, richiama migliaia di visitatori ogni anno. Un atteggiamento, quello delle amministrazioni locali – come Parigi, per citare un altro esempio – cambiato radicalmente nel corso degli ultimi anni, insieme con l’evoluzione dell’arte di strada. Nessuno si sognerebbe di gridare al vandalismo. I muri non vengono “ripuliti” perché non abbruttiscono quel che c’è ma, al contrario, conferiscono valore, impreziosiscono, cambiano “faccia” ai quartieri. Guémy stesso, del resto, nell’intervista rilasciata a Sabina spiega: “Non disegnerei mai su qualcosa più bello dei miei disegni. Vedo la storia e i secoli che passano, non ho alcun desiderio di deteriorarli”. Da qui gli omaggi a Caravaggio – “rendeva santi i profani, elevava gli uomini, anche i più vili, rifiutandone l’idealizzazione” – e ai filosofi greci con stencil di allegorie e persino statue classiche. “Non è l’arte che cambierà il mondo – si schernisce c215 – ma è il mondo che cambia l’arte e ha cambiato anche me”.
Roberto Alfatti Appetiti

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