Dal Secolo d'Italia di giovedì 17 giugno 2010
A volte ritornano. Non c’è citazione più appropriata del titolo della prima antologia di racconti di Stephen King per salutare la ristampa di Kriminal. Era il 1978 e, sulla scia del successo appena raccolto con Shining, l’allora trentenne scrittore statunitense, nella postfazione, così si rivolgeva ai suoi lettori: «Parliamo della paura. C’è qualcosa che ti voglio mostrare. È una stanza non lontano da qui, è vicina quanto la prossima pagina. Partiamo?». Parafrasando il maestro dell’horror, invitiamo tutti i nostri, di lettori, a recarsi domani nell’edicola sotto casa e ad assicurarsi il primo degli otto albi di Kriminal (editi da Mondadori) che, a cadenza settimanale, popoleranno di incubi le nostre notti estive...
Sì, perché il “Re del delitto” – come si definisce nell’introvabile numero 1 del lontano 1964 – si appresta a tornare con una selezione dei migliori sedici episodi appositamente effettuata dal suo “papà”, Luciano Secchi alias Max Bunker. Due per ogni volume. Il tutto arricchito da articoli e approfondimenti per un totale di 256 pp. a sole € 7,90...
Sì, perché il “Re del delitto” – come si definisce nell’introvabile numero 1 del lontano 1964 – si appresta a tornare con una selezione dei migliori sedici episodi appositamente effettuata dal suo “papà”, Luciano Secchi alias Max Bunker. Due per ogni volume. Il tutto arricchito da articoli e approfondimenti per un totale di 256 pp. a sole € 7,90...

In principio fu Diabolik, il primo a scrollarsi di dosso – nel novembre 1962 – il polveroso stereotipo, mutuato d’oltreoceano, dell’eroe buono votato al salvataggio dell’umanità e a evadere dal rassicurante quanto circoscritto confine delle strisce riservate all’intrattenimento dei bambini. Ponendosi nietzschianamente al di là del bene e del male, il “Re del Terrore” creato da Angela Giussani non si lascia condizionare dall’etica comune e non ruba ai ricchi per dare ai poveri come un Robin Hood qualsiasi. Individualista in epoca di collettivismi, coltiva il proprio avventuroso stile di vita, adesso finalmente raccontato in prima persona singolare.

«Se Diabolik iniziò il discorso dell’eroe negativo giostrando con il fioretto – ha raccontato Secchi– Kriminal e Satanik esplosero con la scimitarra. Il fumetto prima di allora presentava eroi bravi, buoni, senza difetti, che non mangiavano mai né facevano l’amore. La sintesi può essere rappresentata dal sottotitolo del settimanale cattolico Il Vittorioso: “sano, forte, leale, generoso”. L’ipocrisia giocava un ruolo determinante. Si avvertiva la necessità di cambiare, di rompere gli schemi e tabù come quello del sesso. I miei personaggi erano di rottura, di trapasso tra un modo di esprimersi a un altro molto più libero e disincantato». L’appuntamento con la rivoluzione dei costumi non poteva essere rimandato e il fumetto nero diventa, prima ancora della letteratura, il medium della liberazione sessuale. Scatenando una vera e propria rappresaglia giudiziaria nei confronti di opere accusate (sic) di istigare a delinquere. Già dopo pochi mesi di vita Diabolik non dovrà preoccuparsi solo del tenace ispettore “di carta” Ginko ma dell’altrettanto ostinato procuratore della Repubblica di Lodi Francesco Novello che, a partire dal 1958, si farà garante della moralità e quindi fiero oppositore delle testate colpevoli, a suo dire, di essere lesive del comune senso del pudore. «Una marea travolgente di denunce e sequestri – ha ricordato Bunker – e poi la persecuzione della stampa, che era di un retrivo impressionante. Ho subito una ventina di processi contro la morale pubblica, sempre assolto in appello. Dovrebbero costruirmi un monumento, subito, senza aspettare il mio trapasso, visto che grazie a me e al mio sacrificio si è aperta una enorme libertà espressiva».

Se nella versione cartacea Kriminal è un personaggio spietato e senza scrupoli, sul grande schermo, però, viene presentato come un ladro gentiluomo, quasi fosse un nipote del già popolarissimo James Bond. Alla prima pellicola – Kriminal, 1966, diretta da Umberto Lenzi – l’anno successivo seguirà il sequel Il marchio di Kriminal, affidato a Fernando Cerchio, ma anche stavolta l’opera risulterà deludente.

Per vedere qualcosa che si avvicini all’intensità del fumetto nero, tuttavia, bisognerà aspettare la metà degli anni Settanta, quando Lucio Fulci, dopo aver lasciato il segno in ogni sorta di genere, dallo spaghetti western alla commedia, e aver lavorato con i più grandi attori dell’epoca – da Totò a Franco e Ciccio, da Raimondo Vianello al giovane Celentano – si misurerà con l’horror introducendo per la prima volta scene splatter ed estreme per provocare e scioccare lo spettatore. «Alcuni mi ritengono completamente pazzo perché tento sempre di uscire dal genere – ebbe a dire il regista romano – ma io tento soprattutto di essere un terrorista del genere. Sto dentro, ma ogni tanto metto la bomba che tenta di far deflagrare il genere».

Un sottile filo rosso (sangue) che attraversa la cultura popolare italiana e unisce il nero italiano, il poliziottesco, il cinema orrorifico di Fulci – ma anche di Dario Argento e Lamberto Bava – sino al più “giovane” bonellide, made in England proprio come Kriminal, a differenza del quale è certamente un personaggio positivo ma abituato a muoversi in una cornice degna del più nero tra i neri.
2 commenti:
A me da bambino, soprattutto mia madre, proibiva la lettura di quei fumetti neri - più tardi da adolescente leggerò di nascosto i fotoromanzi del suo Grand Hotel con donne bellissime fantasie di sogni proibiti - e allora il mio nutrimento fumettistico era più rivolto al versante buono, da famiglia cattolica standard, non troppo credente, ma abbastanza osservante del bigottismo dell'epoca.
Quindi il mio eroe con la K fu un altro, Paperinik.
Come dimenticarlo?
Fu, se vogliamo in quegli anni lontani, una sorta di Second Life antelitteram con il nostro povero Paperino a fare da protagonista.
Lui, lo sfortunato, il negletto, il vessato dall'avarissimo zio Paperone, assumeva una diversa identità "eroica" e compiva imprese mirabolanti.
Era una sorta di rivincita del'uomo comune, che diventa un altro e compiendo imprese impossibili per il suo io comune, sotto sotto pensa magari al figurone che farebbe con la sua amata (Paperina).
Da bambini e da adolescenti quanti di noi non hanno desiderato emularlo?
Occhialuti, magrolini e con pochi muscoli, non avremmo voluto far colpo sulla più bella dela classe, che regolarmente ci ignorava? Paperinik, eroe buono fratello minore degli altri eroi noir, ha rappresentato anche questo, non mi vergogno a confessarlo.
E anche oggi, diventato ormai adulto, ogni tanto mi diverto a sognare imprese strabilianti, che possano lasciare senza fiato la donna che amo.
Paperinik!
Giovanni, ti ringrazio per aver condiviso i tuoi ricordi.
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